16 set 2013

I “giochi politici” del Presidente Letta


Cosa significano le parole di Enrico Letta, Presidente del Consiglio…”Non possiamo permetterci giochi politici”?

Il Presidente si spinge persino a duri avvertimenti (supportati dall’evidente pragmatismo delle rigide regole di una economia odierna) affermando che una caduta del suo Governo… imporrebbe una possibile finanziaria guidata direttamente da Bruxelles.

Ma sono, forse, “giochi della politica” quelli che vorrebbero estromettere dal Parlamento la figura di un condannato per frode fiscale?...Lo sono, forse, le richieste di un imminente congresso del Pd che promette cambiamenti straordinari in termini di guida politica?..La politica in questi giorni ribolle poiché, questi fatti, assicurano futuri cambiamenti.. senza i quali il sistema rimarrebbe immutabile e non potrebbe riscontrare la desiderata innovazione.

Questi…che il Presidente appella come “giochi della politica” influiscono fortemente sul destino ed i percorsi del futuro…dovremmo, quindi, frenare queste azioni dinamiche verso il cambiamento.. per il fatto che una governabilità viene messa in crisi?
Se il dinamismo spinto dal cambiamento della politica appare un “gioco”… a detta di chi pretende una governabilità sicura…allora abbiamo definitivamente chiuso ogni consonanza con un sistema che si vuole democratico - Vince l’estremo pragmatismo di una governabilità condizionata dall’unico potere: Quello dell’economia!
Quale politica è mai questa?

Sarebbe un enorme errore fermare lo svolgimento di una dialettica politica che, di per se, rappresenta il propellente essenziale per affrontare i nuovi percorsi verso il futuro. Bisognerebbe, invece, trovare un modello innovativo che possa garantire libere scelte democratiche e contemporaneamente un’appagante stabilità governativa.

Ma qualunque sistema odierno che pretendesse di assumere in se il pluralismo di una politica di base e di dialogo ed una  governabilità stabile, non potrà che trovare enormi difficoltà per il contrastante aspetto derivante dalla diversa funzione di queste due “azioni”
Ed ecco …ancora una volta…l’esigenza di dividere meglio i ruoli che determinano le suddette “azioni”

Con tutto il rispetto che si deve al Presidente Letta, anche per gli immensi sforzi che si evidenziano, non potrò mai essere d’accordo con chi..attraverso  velati ammonimenti, pone la dialettica politica di questi giorni come uno “svago” costruito quasi appositamente per mettere in crisi il suo “assai particolare” Governo.

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                                       studio teorico di ricerca
vincenzo cacopardo


Una nota di merito all’editoriale di Lucrezia Reichlin sul Corriere del 16 settembre 2013




Con la testa sotto la sabbia 

Quasi sessant’anni fa Ennio Flaiano immaginò la storia, divertente e malinconica, di un marziano atterrato a Roma e poi ricevuto dalle maggiori autorità. Ma che cosa accadrebbe oggi, se un inviato proveniente da Marte, terminato un viaggio di ricognizione nel mondo, giungesse in Italia per incontrare ministri e banchieri, politici e industriali, deciso a farsi un’idea del nostro Paese? Proviamo a ipotizzarlo.
Dopo avere intercettato grande ottimismo per la ripresa incipiente, il nostro marziano torna in albergo e riguarda gli appunti preparati dai suoi esperti. L’Italia ha oltre il 130 per cento nel rapporto debito-Pil, in crescita: ben al di là delle previsioni di due anni fa quando i più sostenevano che fosse stato raggiunto il picco.
Le prospettive di rientro – sentenziano i tecnici di Marte – sono inesistenti. La crescita del reddito potenziale è infatti, nelle stime più ottimiste, appena sopra lo zero, l’inflazione presente e attesa è al di sotto dell’uno e mezzo (1,3 in agosto), ma i tassi d’interesse effettivi sono in rialzo. Dati poco incoraggianti per la sostenibilità del debito.
Dai giorni della crisi più profonda – precisano poi gli esperti – l’Italia non ha fatto niente per rilanciare la competitività. Né quella intesa in senso stretto, determinata, cioè, dal tasso di produttività e dal costo del lavoro; né quella più ampiamente considerata, determinata dall’efficienza nelle dinamiche amministrativo-burocratiche e del sistema giudiziario e dall’incidenza della corruzione. La conseguenza, nota il marziano spulciando numeri e percentuali, si fa sentire sugli investimenti e sulle esportazioni che, pur essendo cresciute più della domanda interna, non hanno avuto un andamento dinamico quanto quelle di Madrid, capitale che ha appena visitato. La disoccupazione è in crescita, l’occupazione in calo, mentre il settore bancario resta fra i più fragili d’Europa, con la necessità potenziale di capitali che sfiora i 30 miliardi, secondo le informazioni che gli esperti di Marte hanno raccolto a Francoforte e Bruxelles.
Se questo è il quadro, si chiede il marziano con gli occhi sbarrati dopo una notte a far di calcolo, perché le tante, eminenti personalità incontrate sono ottimiste? Perché non avvertono un senso di urgenza? Non temono di perdere il controllo delle finanze pubbliche, non li inquieta la prospettiva di dover chiedere aiuto all’Europa? Se, invece, gli italiani fossero forzati a comprare titoli di Stato per evitare questa prospettiva, non temono di scivolare lungo la via di un irreversibile declino economico? È davvero motivo di gioia una previsione di crescita del Pil che oscilla dal -1,3% al -1,7 nel 2013 e dal -0,5 al +0,7 nel 2014, visto che, secondo gli esperti, alle stime del governo con il suo +1,3% nel 2014 non crede nessuno?
Come mai, infine, tanti si compiacciono del surplus primario, ma non pensano che con questi dati macroeconomici, attuali e attesi (dal Pil all’inflazione ai tassi d’interesse), è difficile che l’Italia possa arrestare la dinamica perversa del debito?
Essendo la sua conoscenza degli esseri umani ancora molto superficiale, non fidandosi completamente dei suoi esperti, consapevole che gli economisti hanno spesso un approccio limitato ed eccessivamente tecnico, il nostro marziano decide di chiedere aiuto a un guru di Marte, amico suo. Il guru gli risponde così: «L’italiano è una specie particolare di essere umano. Ha età media elevata e, nella media, è ricco. Forse per questo la sua propensione al rischio è scarsa, un ricordo la voglia di emergere del dopoguerra. Si preoccupa soprattutto della tassa sulla casa, ovvero la tassa che incombe sulla sua ricchezza». Poi il guru aggiunge: «Non perdere troppo tempo a ragionare in Italia, ma goditela. È un Paese di grande bellezza». Il nostro marziano è molto occupato e deve terminare il suo viaggio tra gli umani: si ripropone di tornare e portarci suo marito in vacanza (va da sé, si tratta di una marziana). Nel finale del suo rapporto sull’Italia scrive: «Teniamo un occhio aperto. Quando tutte queste belle cose italiane dovranno essere vendute per fare fronte ai debiti, le compreremo a prezzo di saldo e ne faremo attrezzati luoghi di vacanza per i pensionati di Marte e del mondo emergente. La prima idea potrebbe essere quella di mini appartamenti al Colosseo. Bellissimo, nonostante i buchi».
Lucrezia Reichlin

Con discreta ironia ed intelligenza, l’autrice di questo articolo, riesce a trasmettere l'impassibile presa d’atto del paese rispetto alle prospettive di crescita  nel perdurare di un irreversibile declino economico. Ci parla di una strana dinamica del debito appellandola come “perversa” che non può indurre a vedere in positivo.
La giornalista proietta nei tempi odierni la divertente e malinconica storia di un marziano atterrato a Roma, prendendo spunto da una immaginaria storia di Ennio Flaiano ambientata circa sessant’anni orsono.
Con perfetto intuito, Lucrezia Reichlin, facendo anche riferimento al perfezionismo tecnico di certi economisti, ci informa della insensata contraddizione esistente in un paese come il nostro…dove si ostenta un particolare ottimismo.. dimentichi degli allarmanti dati delle previsioni di crescita del Pil. Previsioni che, invero, potrebbero rappresentare l’unico vero motivo di un’esultanza. 
...Come per gli struzzi..in molti preferiscono mettere la testa sotto la sabbia..
vincenzo cacopardo   


14 set 2013

Renzi ..tra ambizioni ed impegno..

In trasmissione da Vespa, Matteo Renzi sembra aver dimostrato tutte le intenzioni di prendere in mano le redini del Pd per guidarlo verso l’indispensabile dell’innovazione…E’ anche sembrato più convinto delle sue idee e meno sornione di quello che oggi tanti cittadini pensano.
Ho sempre creduto pochino…e resto tutt’ora incerto.. sulle mire del sindaco di Firenze…se fossero o no.. concentrate nell’attesa di un suo possibile diretto incarico a Premier.. restando agganciato al carro del vecchio Partito in posizione di contrasto ma, anche,  di proficua attesa…
Mi domando ancora oggi se queste siano strategie per dare sfogo ad una precisa ambizione o propositi spinti da una vera passione per la politica.
Tuttavia..la mia sensazione.. è sempre stata quella di una difficile azione di cambiamento all’interno di questi vecchi partiti, poichè occorrerebbe  una vera metamorfosi all’interno di quello che, oggi, si presenta come un percorso difficilissimo anche per un giovane rottamatore.
Nello studio di Porta a Porta…però, mi è sembrato di aver visto una figura diversa e più convinta del ruolo che vuole assumersi.. per uscire al più presto da questa difficile strada che blocca il suo stesso percorso verso un futuro. 
Ma continuo a pensare che, ad un vero innovatore, occorra esporsi e mettersi in primo piano attraverso procedure diverse che guardino alla formazione di una propria struttura..Ad un nuovo Partito.
vincenzo cacopardo

  

13 set 2013

L’illusione di una legge elettorale risolutrice..


Non credo sia possibile cambiare in positivo le logiche della politica attraverso una legge elettorale!
Il problema della funzionalità della politica odierna non risiede nella sola mancanza di un’utile legge elettorale…ma da una serie di fattori…primo dei quali un’adeguata regolamentazione dei Partiti e  relative modifiche istituzionali.
L’attuale legge elettorale soprannominata “porcellum” presenta  aspetti positivi e negativi:
Uno degli aspetti positivi ( mancando un voto di preferenza) è quello di una precisa responsabilizzazione da parte del Partito sull’indicazione del candidato…evitando in tal modo che, qualsiasi figura poco conosciuta ed imbarazzante, possa inserirsi nella schiera degli onorevoli eletti. Il Partito rimane così responsabile dell’ indicazione del candidato e in tal modo potrebbe sorvegliarne il buon operato. Questa può.. però.. presentarsi come una caratteristica negativa se, nel suddetto Partito, vi è un leader forte e compromesso che, con la forza del suo potere, assoggetta la individualità dei candidati..rendendoli figure totalmente dipendenti ad ogni sua volontà.
Il vero aspetto negativo del porcellum viene considerato, di sicuro, quello che impedisce al cittadino di esprimere una precisa preferenza, poiché egli, sarebbe più sicuro nell' affidarsi ad una figura che meglio conosce e considera capace. Ma anche qui vi è un riscontro negativo..perchè.. in tal modo…potrebbe essere impedito un controllo da parte del Partito sulla moralità, l’onestà ed i possibili legami dello stesso candidato con ambienti malavitosi del territorio in cui si muove politicamente.
Inoltre…se pensiamo di abbattere un finanziamento pubblico (per puro principio ed a scapito di una più giusta regolamentazione, controllo e limitazione) potrebbe riuscire davvero difficile a chiunque.. in veri termini democratici.. potersi esprimere ed affermarsi con le proprie capacità, per via del forte impegno di spesa per la comunicazione in una campagna elettorale…Si darebbe invece molto più spazio alle lobby e ad associazioni poco chiare che sfuggirebbero a qualsiasi controllo.
In un modo o in un altro …la politica resterebbe sempre imbrigliata in una logica di sotterfugi, scappatoie, espedienti e negative immagini che non le renderebbero mai ragione.
Da qui nasce l’inconsistente teoria di poter risolvere il tutto attraverso una nuova legge elettorale, senza capire che la ristrutturazione dell’intero impianto della politica deve esprimersi attraverso un’insieme di regole da ricercare con logica, metodo e prospettiva...
Un'altro buco da tappare in una barca che si va riempiendo sempre più d'acqua!... 
Quando Grillo ci parla di democrazia diretta in realtà ci parla di un’utopia…ma la vorrebbe per accostare di più la politica del "palazzo" a quella del "cittadino".
La nostra non può che essere  un’espressione  di democrazia indiretta (per una logica storica.. per la vastità del territorio e per la densità della popolazione)…gli unici strumenti di democrazia diretta che si possono usare sono il referendum ed, a volte, l'iniziativa popolare.
Tuttavia se si riuscisse a dare forza ad una vera opera di ristrutturazione dell’impianto per una maggiore funzionalità della politica, si potrebbero individuare percorsi più diretti con la stessa popolazione in termini di definizione dei programmi.. attraverso un contatto più deciso con i Partiti...Una nuova legge elettorale non potrà mai bastare se il riscontro con le altre necessità resta indietro!
vincenzo Cacopardo


L’equivoco sulla “condanna” del Cavaliere

Se qualcosa di veramente utile manca alla nostra politica…è un sano equilibrio capace di frenare le continue anomalie che si riscontrano un po’ ovunque e che aprono le strade ad ogni tipo di espedienti.
La  tanto discussa Legge Severino, disciplina l’incandidabilità e la decadenza dei politici eletti su cui pesa una sentenza anche non passata in giudicato.
Al di là della questione morale che il Pdl si sforza di non voler valutare… insistendo invece sul carattere non penale della legge, che avrebbe come diretta conseguenza l’esclusione della retroattività,..viene da chiedersi allora.. perché nessuno non lo ha fatto notare quando la decadenza è toccata a Sergio Nappi, consigliere Pdl della Campania oppure a Giampaolo Lavagetto, consigliere Pdl dell’Emilia Romagna, i quali non hanno nemmeno messo in discussione il principio di retroattività, in relazione delle condanne per peculato avvenute nel 2010.
Se leggiamo bene la legge all’art 1..
“Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore:
-coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti, consumati o tentati, previsti dall’articolo 51, comi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale; 
-coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti, consumati o tentati, previsti nel libro II, titolo II, capo I, del codice penale;
-coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione, per delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, determinata ai sensi dell’articolo 278 del codice di procedura penale.”

Sembra chiaro che questa legge precisa una “condanna” e non quando il fatto si è compiuto: quindi, anche quando il reato fosse avvenuto precedentemente… ma una condanna arrivasse dopo il 5 gennaio 2013, la questione retroattività dovrebbe decadere. 
Già …ma cosa avrebbe potuto impedire, trattandosi tra l’altro di una legge sull’incandidabilità da applicare ad un condanna, una più precisa norma in deroga ai principi della retroattività?

vincenzo Cacopardo

12 set 2013

Le continue contraddizioni della politica odierna....

Il Presidente del consiglio Letta parla al Senato…Prima di affrontare l’allarmante discorso sulla Siria, ne affronta un altro sul confronto sostenuto nel corso del recente G20 con le componenti degli altri Paesi internazionali. Nell’aula gremita di senatori, Letta sottolinea l’importanza per la nostra Nazione di tenere unito a tutti i costi un governo, senza il quale, nei confronti della politica estera, non potremmo più essere sicuri  e credibili.
Appresso, Il buon Letta, dà rilievo ad alcuni dei punti discussi nel corso dell’incontro mettendo in evidenza l’importanza della lotta contro l’evasione e la creazione dei paradisi fiscali, per i quali si è approfondito un serio discorso al fine di proteggere paesi come il nostro dalla fuga di capitali in paesi dove si possano creare società di comodo per evadere il fisco.
Da un lato l’inappuntabile Presidente si preoccupa di voler tenere unito un governo.. spingendoci a considerare con estrema attenzione il rilievo di una governabilità sicura…dall’altro..ci propone l’importanza di una lotta contro le frodi e la creazione dei paradisi fiscali che tolgono ossigeno e penalizzano l’economia dei paesi in sofferenza come il nostro.
Per uno strano destino…il suo discorso incappa in un equivoco non di poco conto…una incoerenza che vede oggi tutta la politica nazionale imbrigliata in una continua contraddizione.
Letta pare non considerare che proprio il suo primo alleato di governo è colui che è stato condannato da una Corte di Cassazione per frode fiscale e che, (come da recenti documentari televisi) sembra  anche aver creato alcuni “paradisi” in gran parte del mondo.
Come si può dunque continuare a credere a simili messaggi politici…se pur dettati con l’irreprensibile onestà di chi vorrebbe andare alla ricerca delle soluzioni?
Se la governabilità deve essere garantita poiché rappresenta il forte sostegno per la sicurezza del Paese, si dovrebbero forse  studiare e ricercare altre vie per renderla tale...diversificando in modo più innovativo i ruoli della politica.

Vincenzo Cacopardo

Il carente intuito… che frena l’innovazione


Con “particolare” fantasia, così come il suo presidente, anche il delfino del Cavaliere, Angelino Alfano, annuncia il ricomposizione del passato partito di  “Forza Italia”.
Con una certa enfasi, il neo Ministro degli interni, lo declama.. appellandolo come il “nuovo rinascimento azzurro” … continuando a manifestare, in tal modo, un particolare interesse per quel colore che, nel calcio, indica la nostra nazione.
Si presume un rivoluzionamento ma, ovviamente...ci si ispirerà al modello aziendale di cui Berlusconi è molto esperto. Si parla di una struttura snella, senza tessere e sedi locali, senza coordinatori regionali (sostituiti parrebbe da manager locali ben radicati sul territorio che avrebbero anche il compito di procacciare risorse per il Partito in vista del taglio dei finanziamenti pubblici), capace di autofinanziarsi, e priva di ogni gerarchia, quindi con Berlusconi come assoluto “deus ex machina” del partito.
Facendo eco al maestro, capace ed astuto venditore, Alfano ripete con ostinazione le stesse parole…non dimostrando un proprio intuito, una personalità ed il necessario carattere…senza i quali non si potrà mai portare verso un futuro ogni modello di politica.
Questo tornare indietro ripetendo un percorso ormai deteriorato e non più efficace per una risposta che invece oggi si vorrebbe più funzionale al contesto odierno, non potrà mai portare innovazione e dimostra quanta poca fantasia ed idee transitano in un partito che, mai come oggi, dovrebbe poterle esprimerle.

Il futuro è legato all’innovazione e se Alfano…(come qualche altra figura emergente di questa cordata creata dal Cavaliere), si sente sicuro e bravo come quando esprime con fervore le proprie capacità dialettiche,… per quale ragione non prende in mano il Partito.. conducendolo verso un futuro anziché dedicarsi continuamente a seguire gli ordini di chi continua ad imporre regole? 
vincenzo Cacopardo   

10 set 2013

Un commento di Alberto Cacopardo sull'intervento in Siria

Westminster boccia l’intervento in Siria e dà ascolto alla lezione della storia.

Alleluia! Finalmente una buona notizia. La bocciatura dell’intervento britannico in Siria da parte del parlamento di Westminster rappresenta con ogni verosimiglianza una svolta storica, destinata ad avere ripercussioni di lunga gittata.
Per la prima volta da decenni, assistiamo alla dissociazione del più fidato alleato dalla politica estera americana in merito ad una decisione cruciale come questa.
Per la prima volta da chissà quanto tempo, vediamo un governo europeo bocciato sulla proposta di un atto di guerra dal parlamento stesso che lo sostiene .
Per la prima volta dalla fine della guerra fredda vediamo un grande paese d’Europa, la sua opinione pubblica, il suo parlamento sovrano, dimostrarsi capace di imparare quella lezione che tutte le catastrofiche conseguenze dell'ossessivo ricorso alla violenza praticato e teorizzato dall’Occidente in questi anni avrebbero dovuto insegnare da tempo ai popoli e ai potenti.
Il voto del parlamento britannico è stato un fulmine a ciel sereno, per il suo risultato e per la sua nettezza. Cameron aveva tentato di annacquare la sua mozione accogliendo la proposta laburista di rinviare il voto sull’intervento vero e proprio a dopo il rapporto degli osservatori Onu, proponendo, nella certezza che fosse approvata, solo una generica dichiarazione di principio sulla necessità di una reazione internazionale che non escludesse l’uso della forza.
Ma anche questa debole formulazione è stata nettamente bocciata, con 285 voti a 272. Il parlamento non ha atteso il “rapporto d’intelligence” promesso per oggi dall’amministrazione americana e i suoi ormai prevedibili farfugliamenti, non ha atteso nemmeno quello degli osservatori Onu, e ha messo una pietra tombale su ogni ipotesi d’iniziativa armata. Cameron, molto correttamente, ne ha preso atto senza mezzi termini: “Mi appare chiaro che il Parlamento britannico, riflettendo la visione del popolo britannico, non vuole vedere un’azione militare britannica. Ne prendo atto, e il governo agirà di conseguenza”.
In barba a tutti i tentativi di minimizzazione già dispiegati sul fronte americano, la batosta per Obama è formidabile. Come lo è per Hollande, che incredibilmente si è dichiarato pronto a lanciare l’attacco ancor prima del voto in materia del parlamento francese: sarà molto difficile che lo faccia davvero. Così come diventa estremamente improbabile, a questo punto, un ripensamento del governo tedesco e di quello italiano sulla loro linea di dissociazione.
E quel che è ancora più confortante è il fatto che questo voto segna, fra le altre cose, il definitivo consolidamento del giudizio storico sul delirante intervento in Iraq del 2003. Il richiamo a quell’errore colossale è stato la nota dominante dell’ampio e civilissimo dibattito che ha preceduto il voto.  E’ illuminante a questo proposito la dichiarazione al New York Times di un anonimo parlamentare conservatore: “Il primo ministro sapeva che il pozzo era stato avvelenato dall’Iraq, ma non credo che avesse chiaro fino a che punto.”
Forse non è vero che “la storia non è maestra di nulla che ci riguardi”. Forse a volte le sue lezioni sono troppo tonanti per restare troppo a lungo inascoltate.

Sarebbe bene che tutti i devoti del demone della guerra che allora come sempre irrisero all’indignazione, all’angoscia e al dolore dei milioni che aspirano alla pace, meditassero una buona volta sui loro sbagli.

8 set 2013

Chi ama la politica....e chi la usa per ambizione





di vincenzo Cacopardo  

Chi ama davvero la politica dovrebbe essere principalmente predisposto allo studio di una ricerca delle sue soluzioni prima di farsi coinvolgere nel difficile compito di una governabilità.
Quello che voglio dire è che…sebbene la politica sia  anche fatta di azione amministrativa e di governo, questa non potrebbe mai essere imposta senza l’utile percorso di ricerca che ne dovrebbe determinare  il fine.
Chi ama la politica, non puo' che intuire la governabilita'come un logico fine conseguente e non dovrebbe mai aspirare a tale ruolo se non dopo averne costruito un sufficiente sostegno ed una solida protezione.

Chiunque decide di inserirsi nel difficile campo della politica…se veramente armato di passione, dovrebbe primariamente aspirare alla ricerca delle soluzioni, studiando ed analizzando a fondo ogni tipo di vantaggio per la comunità che egli rappresenta..prima di correre verso la determinazione di un qualsiasi percorso risolutivo.
Quello che invece oggi constatiamo è la pretesa di poter governare senza alcuna ricerca profonda di ciò che, poi, si pretende di voler risolvere. 
Se è vero che oggi governare è un bisogno primario poichè le soluzioni non possono aspettare il percorso più lungo e profondo di una ricerca…è anche vero che governando in simile modo…si toglie spazio e vantaggio ai veri bisogni non determinando mai un risultato utile.
Si finisce come sempre col tappar buchi o metter pezze senza un giusto indirizzo verso l'indispensabile meta.

Questo problema che incide fortemente sull’opera di costruzione e sull’evoluzione stessa del sistema istituzionale del Paese…viene oggi sottovalutato e non messo nella giusta evidenza per effetto di due ragioni:
-L’una: relativa ad una forma mentis connaturata nel nostro modo di vedere costantemente la figura politica unita nel doppio compito (partito- gestione pubblica).
-L’altra: attinente a precisi interessi che, nel confuso gioco dei ruoli, danno adito a compromessi di cui lo stesso politico non può più fare a meno.. poiché ne rafforzano il potere.
Ambedue le logiche sembrano arrestare oggi la strada ad un politica più costruttiva a beneficio di una funzionalità.
Guardando certe figure che (di recente.. o nel recente passato), hanno preteso o pretendono di far politica con lo scopo di risolvere i difficili problemi andando velocemente a presiedere un governo, ci accorgiamo di quanta poca professionalità potrebbe esservi in loro.
Senza alcuna umiltà o con l’ipocrita faccia tosta di chi sa, ma finge di non vedere, questi pseudo politici, si dichiarano disponibili a presiedere ogni sorta di esecutivo ignorando l’importanza di quella essenziale fase costruttiva che non potrà mai offrire forza ed appoggio alla stessa funzione governativa.
Ciò su cui bisognerebbe lavorare attraverso una ricerca è proprio il dialogo diretto tra i cittadini ed i partiti che, a loro volta, dovrebbero essere riformati con regole in proposito

Amministrare senza una base solida ..sarà sempre impossibile…Potrà mai essere un bravo architetto.. chi non si preoccupa di fornire preventivamente le basi di appoggio alla sua opera?.. O un chirurgo che, per opportunità od incuria, non si cura delle analisi del  suo paziente prima di operare? Potrà mai essere un buon politico chi non scorge il bisogno di guardare dal basso o peggio… chi riconosce l’importanza di ciò e ..tuttavia.. evita di vedere, per un ambizioso senso di arrivismo?   

Se Berlusconi è stato l’emblema di chi ha preteso di governare senza aver intuito l’importanza di una azione proveniente dal basso…Renzi, per il suo forte carattere ambizioso ed arrivista, potrebbe oggi rappresentare la futura figura politica tendente ad avvalorare di un identico concetto di governabilità stabilità dall’alto.. sostenuta dalla forza del suo "credere di sapere".


Un inaccettabile percorso di governabilità che non potrà mai portare frutti validi e duraturi finchè una nuova politica costruttiva non metterà radici spingendoci verso un più illuminato concetto di funzionalità.  
           

7 set 2013

Un commento di Domenico Cacopardo su Obama


IL FIATO CORTO DI OBAMA di domenico Cacopardo 
Il passare dei giorni mette sempre più a nudo il presidente degli Stati Uniti, lo trasforma in una tigre di carta, lo ridicolizza di fronte ai suoi cittadini e al mondo. A dimostrazione che non basta essere un buon comunicatore, un oratore efficace, un inventore di slogan per essere uomo di Stato e di governo.
Il secondo mandato di Obama, libero da esigenze elettorali, amplia i limiti già manifestati in politica interna e internazionale.
C’è un elemento di fondo che, peraltro, trascende la persona e il ruolo del presidente americano: gli Stati Uniti non sono né possono più essere i gendarmi del mondo, l’unica potenza globale. Debbono fare i conti con la Cina e con le innumerevoli potenze regionali che sono emerse con forza nell’ultimo decennio, dal disastro iracheno a oggi.
La capacità di convincimento del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, quella capacità che aveva dato copertura all’intervento nei Balcani e in Afghanistan è venuta meno del tutto.
Il Medio Oriente è la cartina di tornasole della situazione odierna. Dopo avere avviato le rivoluzioni egiziana, libica e tunisina, dopo avere registrato il fallimento dei nuovi assetti politici in quell’area, dopo avere esercitato il massimo della doppiezza in Siria (appoggiando in modo frustrante e limitato i ribelli anti-Assad, tra i quali un ruolo non secondario hanno i terroristi di Al Qaeda),
dopo avere incautamente disegnato una linea rossa, quella dell’uso delle armi chimiche, Barak Obama si trova solo con la Francia, un paese che tenta di sopire storiche delusioni con un attivismo internazionale condizionato da insufficienti risorse militari. Né il Regno Unito né altre nazioni della Nato, compresa la fedelissima Italia, lo seguono sulla strada dello strike annunciato
in Siria. Sul piano interno, al Congresso, a oggi, non c’è una maggioranza favorevole all’attacco. Ci vorrà un lungo e travagliato processo per evitare un vero e proprio voto di sfiducia nei confronti del presidente e della sua politica.
C’è una via d’uscita da questo pasticcio?
Il G20 del 5 settembre ha mostrato la solitudine degli Stati Uniti. Anche il papa, ritrovando iniziativa pastorale e geopolitica, s’è schierato contro. L’unica base possibile di consenso sarebbe la rinuncia all’attacco e la consegna del dossier alle Nazioni Unite.
Rimane una domanda: perché? Il sovrano americano non ha giustificazioni economiche o finanziarie. A guardar bene, la guerra, limitata e circoscritta, che Obama vuole scatenare in Siria è una guerra per conto terzi: per conto dei sunniti e dell’Arabia Saudita che li sostiene. E per Israele per diffidare dal commettere passi falsi il principale sostenitore di Assad, l’Iran.  Insomma, vorrebbe realizzare un intervento a gamba tesa in questioni infraarabe, nelle quali gruppi tribali e religiosi si alleano e si combattono secondo geometrie instabili.
Basta una questione di principio (la ‘punizione’ di Assad per l’uso delle armi chimiche) per giustificare il colpo? Abbiamo dimenticato quali armi le truppe americane hanno usato per distruggere la fortezza di Falluja in Iraq in mano ai qaedisti? I rapporti di stampa e delle organizzazioni umanitarie sostengono che, tra esse, c’erano i gas, cioè gli strumenti chimici oggi esecrati.
Non occorre ricorrere alla dietrologia, per ritenere che Obama, con il tentativo di colpire la Siria, intende recuperare a se stesso e al suo Paese l’influenza e, soprattutto, la leadership perdute.

Purtroppo,  questa non è la strada. Il prestigio è difficile conquistarlo, ma facilissimo perderlo irrimediabilmente.

Si aprono nuovi percorsi per la politica?


Continuando ad ostentare ottimismo, il governo Letta, pare offrire sempre più tempo e nuove strategie dilatorie al Cavaliere. Tutto slitta e si prolunga nella speranza che le sorti del Paese volgano al meglio.

Intanto (sine sosta) tutto il PDL continua a far quadrato attorno al proprio leader padrone supremo e con la retorica della “coesione” a prescindere da cosa lui decida, i soliti adepti, reagiscono avvertendo gli alleati di governo della difficoltà di dover restare in seno ad un’alleanza con chi…poi.. pretende di voler fare fuori Berlusconi (dimentichi…anzi del tutto assenti della chiara condanna emessa dalla Cassazione).
Schifani continua a parlare di compattezza dei Senatori e di possibili traditori che potrebbero votare contro, manifestando un bassissimo profilo istituzionale per chi, come lui, è stato per anni la seconda carica dello Stato.

Intanto, il “rottamatore” Renzi aspira qualunque tipo di rottame. A lui si sono accostati frammenti come Bassolino, Fassino e Veltroni ed…in modo assai ipocrita persino DeMagistris ed Orlando che, poco tempo prima, lo avevano etichettato come un "estremo liberista".
Il consenso su Renzi per un compattamento del PD sembra comunque procedere in positiva direzione…

Nel M5, dopo le tante minacce di epurazione dichiarate dal leader Grillo, sembra profilarsi un altro inciucio all’ombra di quello già esistente in Sicilia. C’è una certa aria di guerra in seno al Movimento da dove una serie di malpancisti vorrebbero staccarsi. Anche qui ( per non smentire un certo teatrino del nostro paese) falchi e colombe che sembrano voler volare alla ricerca di più comode posizioni ed anche…più liberi nelle loro scelte ideologiche.
Tutto ciò che ribolle oggi in questo pentolone della politica, dovrà  comunque dare un risultato nel prossimo futuro.
Così come quando il vecchio tramonta, il passaggio travagliato verso il nuovo, appare annebbiato….Ma il percorso di tale metamorfosi non potrà mai ostacolare una volontà di chi intende proporsi per l’innovazione!

Alcuni dati di fatto sembrano ormai chiari:
-Berlusconi..fuori dalla politica e forse anche fuori dal paese inseguito dalle procure.
-Renzi..figura mediatica sicuramente forte, a capo di un PD che potrà perdere diversi pezzi.
-L’M5…spaccato anche per la condotta estrema del suo leader, non più raccoglitore dei tanti consensi.


Si apre.. forse.. la strada al futuro di una nuova politica?  Il campo è più aperto, ma irto e pieno di trappole..poichè il vecchio sistema è stato costruito senza una sicura base che nessuno ha voluto o potuto rendere più solida nella difficile opera di riedificazione. 
vincenzo cacopardo 

2 set 2013

Il consenso non è un salvacondotto...

Cosa vuol dire che Berlusconi deve essere salvato perché rappresenta il consenso di dieci milioni di italiani che lo hanno votato?
Sarebbe come sostenere che, al di là di ogni crimine che si commette, per via dei voti espressi dai cittadini, sia lecito ottenere una sorta di salvacondotto, cancellando automaticamente ogni reato..Ed in conseguenza di ciò..anche se i reati dovessero susseguirsi, un consenso dovrebbe bastare a fornire ogni impunità. 
Strano ed illogico modo di pensare!  
Se questo dovesse essere il metro per giudicare, si dovrebbe, quanto meno, mettere dall’altra parte della bilancia gli oltre trentamilioni di italiani elettori che vorrebbero vedere il Cavaliere.. rispondere alla sentenza di condanna emessa.
La sua “agibilità politica” di cui tanto si parla…dovrebbe basarsi su un  concetto politico e non potrà mai essere supportata, nè sostenuta solo da un consenso… Comunque mai al di sopra di un giudizio formulato dalla legge!
Garantire l’autonomia politica è una cosa..ma pretendere di farlo al di sopra della legge è un falso principio. Un  principio infondato che vìola le fondamentali regole su cui si basa la nostra democrazia.

Tutto ciò non dovrebbe nemmeno essere messo in evidenza come una ostinata lotta contro il corpo dei giudici…poiché , in realtà non è questo il vero problema: Se le leggi le esprime la politica ed il giudice le attua…il politico non può di certo combattere chi il proprio dovere lo compie!
A parer mio non è nemmeno, come altri sostengono, un problema di “supremazia”, ma di reciproco rispetto delle regole..in un ambito istituzionale che vede il “Potere” politico nettamente dissimile e separato da un “Ordine” giudiziario che in sé non potrà mai rappresentare un vero potere unito…poiché il suo esercizio deve rimanere sempre “diffuso” ed assoggettato al singolo giudice o la singola Corte.

Se oggi, in alcuni casi, questo potrebbe non scorgersi (come afferma tutto il PDL unito ), non potrà che essere la stessa politica a porvi rimedio attraverso regole e normative più appropriate. 
vincenzo cacopardo

Un commento di Domenico Cacopardo

Nebbia sulla Roma politica di domenico Cacopardo

C’è molto di poco chiaro e d’irrazionale nella politica di questi giorni, protagonista Silvio Berlusconi e la sua strategia della tensione. Il leader del centrodestra prospetta soluzioni e iniziative che non hanno alcun collegamento con le concrete possibilità dei soggetti istituzionali cui sono rivolte, da Napolitano al Pd, da Enrico Letta al Parlamento. Intende ottenere un qualcosa che gli eviti le conseguenze della sentenza della Corte di cassazione, gli arresti domiciliari o i servizi sociali, l’estromissione dal Senato, l’incandidabilità.
Di fronte alle tappe della sua personale via Crucis prossima ventura, Silvio Berlusconi mena fendenti a destra e a sinistra nella speranza di seminare la paura e di ottenere un irrealizzabile e illegale salvacondotto. In modo acritico e passivo, i suoi sodali –sempre più spesso complici- ripetono le parole del capo chiedendo le medesime impossibili decisioni. Fra esse un voto contro la sua decadenza da senatore che il Pd non potrà mai dare, pena il divorzio dal proprio elettorato.
L’impressione che si può trarre dai palazzi romani è che si tratti di un bluff, messo in atto da un vecchio giocatore, avvezzo alle battaglie della competizione imprenditoriale e, da vent’anni, a quelle della politica. Insomma, si alza la tensione per ‘portare a casa qualcosa’. Non si capisce cosa.
Riflettendo bene, però, una questione reale, un pericolo immanente c’è: è quello che, sin da ora, alcune procure abbiano pronto il mandato di cattura di Berlusconi con restrizione in prigione un minuto dopo l’estromissione dal Senato e la conseguente perdita delle garanzie costituzionali che accompagnano lo status di senatore. Basta pensare a Napoli (inchiesta De Gregorio), a Bari (inchiesta Tarantini) e a Milano (‘subornazione’ delle olgettine) per immaginare Carabinieri e Guardie di Finanza al cancello di Arcore con tintinnanti manette. Già –e lo sanno bene Berlusconi e i suoi avvocati- non serve avere superato i 70 anni per essere al riparo da manette e carcere quando un procuratore teme la  reiterazione del reato o l’inquinamento delle prove.
Dunque, se questo è il vero problema, tutto il resto -come si diceva una volta- è saponata.
Saponata le questioni della legge Severino: retroattività o meno; costituzionalità. Su di esse, la Giunta per le elezioni del Senato può definire una posizione e adire la Corte costituzionale. Naturalmente, ci vuole una maggioranza disponibile a farlo.
Così sulla candidabilità: allo stato non c’è una Corte d’appello che possa ammettere una lista nella quale sia presente Silvio Berlusconi. Qui potrà essere avviato un iter giurisdizionale che avrà i soliti tempi lunghi e che si concretizzerà, nel migliore dei casi, in una vittoria di Pirro.
Agli altri, Napolitano, Letta (Enrico), il Pd, il Senato non resta che aspettare e ‘vedere’ il bluff. Intanto, avanzano il problema Imu e quello, drammatico, della crisi siriana. Sull’Imu, si approverà una soluzione accettabile; sulla Siria ci si rimetterà all’Onu. Entrambe le decisioni consolidano oggettivamente il governo Letta. A carte scoperte, infatti, si capirà che l’unica carta di Berlusconi è la crisi di governo. Ma, dopo di essa, non ci saranno elezioni. Né ribaltoni. Ci sarà un Enrico Letta2 con appoggi sparsi, derivanti da un piccolo, ma sufficiente smottamento del Pdl e di M5S.

Per il cavaliere sangue e lacrime, quel sangue e quelle lacrime che non ha voluto e saputo evitare. Purtroppo, nel disastro, quando ci sarà, porterà seco il sogno di una destra liberale e democratica.