ndo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un
prossimo congiunto»
Il reato commesso dalla Cancellieri è
preciso ed è relativo all’art. 323 del codice
penale (abuso d’ufficio)
di domenico Cacopardo
La ministra Cancellieri va oggi in Parlamento per spiegare il proprio operato
nei confronti di Giulia Ligresti, in custodia cautelare. Sarebbe stato meglio che,
quando è emersa la telefonata (con cui assicurava il proprio interessamento per
la ‘reclusa’ anoressica) a Gabriella
Fragni, compagna di Salvatore
Ligresti, e l’intervento conseguente sul Dipartimento amministrazione penitenziaria,
la signora avesse presentato irrevocabili dimissioni dall’incarico. Avrebbe prima
di tutto tolto dall’imbarazzo il softleninista Giorgio
Napolitano che l’ha voluta al
governo. E poi, dato una mano a Enrico
Letta che rischia di scivolare
su questo imbarazzante fuori programma.
La difesa della ministra è peggiore di ciò che
chiama errore e che,invece, è un reato: quello previsto dall’art. 323 c.p.
(abuso d’ufficio), che ha posto in essere ‘omettendo di astenersi in presenza
di un interesseproprio o di un prossimo congiunto’ (il figlio Piergiorgio
Peluso).
Che ci sia tuttora –e ci sarà finché ci saranno in
ballo le questioni processuali Fonsai- un permanente interesse della signora verso
il clan siciliano è evidente. La conferma si deduce dalla non necessaria
affermazione della ministra sull’antichissima(?) conoscenza con la Fragni, mentre
il giornalista Federico Bianchessi
testimonia la sua
dimestichezza con i Ligresti sin dagli anni ’80, quand’era in Prefettura a
Milano. E anche dalla sciagurata intervista (Corriere
3.11) del ben-liquidato
figlio: «I Ligresti non hanno capito quanto è stato fatto per loro». Ci
piacerebbe conoscere cosa sia questo ‘quanto’.
Sbaglia il Pd (Matteo Orfini) quando vuol sapere se la Cancellieri «faceva così
per tutti»: sbaglia perché il codice penale prescrive che nel caso di specie, dati i rapporti familiari
e d’affari, la stessa avrebbe dovuto astenersi da ogni iniziativa. E nulla
rileva il soccorso rosa di Giancarlo
Caselli (che dice di non avere
ricevuto pressioni per Giulia Ligresti), dato che il reato di abuso d’ufficio è
un reato istantaneo che si è consumato nel momento della telefonata alla
Fragni. Il link illecito consiste nel tentativo di acquisire gratitudine e benevolenza dal clan in relazione
alla posizione del proprio figlio dentro il procedimento Fonsai.
La cosa più paradossale, però, è il ricorso della
signora a sacri principi (libertà e umanità) qui non pertinenti visto che non
c’entrano con il 323. E sbaglia anche la squadra di giuristi
di palazzo Chigi, capitanata da Filippo
Patroni Griffi, quando assicura che la
ministra chiarirà. Nulla, infatti, c’è da chiarire: tutto è sotto gli occhi di
tutti e ogni parola in più dà l’impressione di voler sfuggire alla realtà dei
fatti stendendo una cortina di opacità non solo sull’interessata ma su tutto il
governo.
Ora la palla è nelle mani di Napolitano e Letta.
Il caso Cancellieri è più grave di quello Josepha Idem. Tocca a loro invitare subito la gentile signora a togliere il disturbo.
Il pasticcio Cancellieri può tornare in cucina.
Credo che questa analisi del cugino Cacopardo sia
estremamente dettagliata e fin troppo tecnica.
Sarà vero…come è vero che il reato
della Idem sia stato anche più tenue di questo della Cancellieri… ma con un
riscontro di accanimento spropositato in ambedue i casi.
Al di là della visione prettamente legale (fin troppo pragmatica) espressa
con puntiglio da Domenico Cacopardo contro la quale sembra
difficile opporsi….bisogna forse considerare le tante attenuanti e le difficoltà
di potersi muovere in un difficile terreno che vede un Ministro ugualmente
responsabile del destino di esseri umani che vivono con estrema difficoltà la
sovrappopolazione delle nostre ignobili carceri.
Se..come per legge.. è stato il magistrato a prendere
la definitiva decisione, la colpa del Ministro consiste nell’aver espresso una
propria preoccupazione per questo caso (se pur sotto una raccomandazione per la
instabile salute della carcerata).
Ma mi domando: cosa sarebbe successo nel Paese se
questa carcerata (in attesa di giudizio) fosse deceduta? Quali le
responsabilità del Ministro? Quali quelle del governo? Quali quelle di un Paese
come il nostro dove un palesato interessamento verso chi sta male, viene
giudicato con tanto ostilità poiché trattasi di un personaggio conosciuto.
Un Paese, il nostro, pieno di invidia ed astio
verso il prossimo dove un certo “moralismo” ha usurpato il posto ad una più autentica e nobile morale, dove un piccolo fatto assume proporzioni gigantesche, dove una pulce assume connotazioni elefantiache, in un
periodo, tra l'altro, in cui le problematiche veramente serie del Paese vengono sottovalutate
o trascurate.
L’eterno cortile in cui si lavano
i panni più o meno sporchi di tutti nell’attesa di provocare pretestuosi ingigantiti
scandali.
vcacopardo