4 dic 2013

La democrazia partecipata di Beppe Grillo



GRILLO CONTINUA A FARE FORZA SULLA PIAZZA

La nostra Nazione ha il serio compito di cambiare un sistema politico malato che…per anni, ha vissuto nella noncuranza di una indispensabile innovazione. Ma l’azione del cambiamento, con la consueta logica che ci appartiene, non sembra mai prendere le strade necessarie ed un Paese sfinito come il nostro, rischia di procedere senza mezze misure.

Bisogna mettere mano ad una trasformazione del sistema che tocca un’infinità di punti delicati che sarebbe davvero impensabile poterlo fare in una logica senza equilibrio, ed in certi casi, le piazze assumono un ruolo assai limitato al relativo compito: I cittadini …guidati dall‘enfasi estremizzata dei movimenti di piazza, forse poco consapevoli dei pesanti possibili risvolti…. ritengono che possa essere semplice portare avanti una vera metamorfosi di cambiamento, inasprendo in modo eccessivo il processo di ribaltamento dell’intero sistema.
Grillo sembra lavorare in favore di questo pericoloso processo, ma se cambiare per migliorare è di sicuro opportuno, distruggere per ricostruire…risulta assai azzardato!

Come in ogni cosa, un cambiamento deve comportare un’azione di rinnovamento attraverso un’attenta analisi di quello che potrebbe essere ancora giusto mantenere…da ciò che deve essere rimosso. Per un efficace azione di cambiamento necessita, quindi, la ricerca delle modifiche attraverso un profondo esame ed uno sguardo verso l’innovazione.

Un ribaltamento inasprito da un consenso euforico delle piazze, al contrario… rischia un totale sovvertimento  di tutto ciò che è stato fatto senza tenere conto di esperienze, circostanze e condizioni positive espresse in favore della società dalle quali potrebbero ricavarsi ulteriori idee…il chè rappresenta un’azione assolutistica e poco democratica che non potrà mai guardare obiettivamente verso una logica costruttiva.
L’impulso e la esasperazione delle problematiche esistenti accompagnate dalla forza populista delle piazze, sfoga inesorabilmente nell’esasperata condotta dei cittadini che non potranno mai interpretare un vero “cambiamento” in relazione con una dialettica di riflessione costruttiva, ma soltanto basandosi su percezioni irrazionali incoraggiate dall’incitamento.

Bisognerebbe che Grillo, Casaleggio ed i suoi adepti, riflettessero profondamente su ciò. Tanti dei partecipanti non riescono ad avvertire la concezione di una vera democrazia di partecipazione.  Quella di Grillo è solo un’adesione formale ad una democrazia partecipata, poiché un vero dialogo non esiste.  Interviene solo lui provocando grandi entusiasmi per il cambiamento e poi… nessun metodo veramente costruttivo per la ricerca del nuovo. 
E’ chiarissimo il suo progetto di distruzione come sono completamente oscure e poco delineate le sue proposte: Quella che si potrebbe definire come un'incompleta politica “positivamente contraria, ma oggettivamente insoluta”.

Inoltre.. Beppe Grillo, nella sua comunicazione, sembra cavalcare l’onda di un leaderismo d’immagine che non lo differenzia tanto (se non per la lotta contro il sistema) da quello di Berlusconi, non risparmiando urla per incitare il suo popolo.
Si potrebbe anche sostenere che a Grillo manca ciò che ha Renzi.. ed a Renzi.. ciò che possiede Grillo: l’uno contro il sistema ma senza esprimere un metodo funzionale…l’altro in un percorso di idee più chiare.. ma nel ristretto e limitato campo di un vecchio sistema. 

Una cosa però risulta evidente: Se Grillo venisse a mancare.. il suo movimento scomparirebbe nel breve giro di pochi mesi!


Bisognerebbe che il suo popolo si convincesse del fatto che un cambiamento pur essendo necessario …non potrà mai essere ricercarlo attraverso una spinta emozionale delle piazze o attraverso una dubbia democrazia partecipata.
vincenzo cacopardo

3 dic 2013

Nuovo commento del consigliere Domenico Cacopardo

Costituzione usata non attuata

Che la Costituzione sia spesso usata per imbrogliare gli italiani non sorprende, ormai, più di tanto.
A cominciare dalla premiata (troppo) compagnia di giro che fa capo a Stefano Rodotà e a Gustavo Zagrebelsky, che ogni giorno si riempie la bocca delle meraviglie della Costituzione, dimenticandone le contraddizioni, l’impronta statalista, voluta da democristiani e comunisti, per finire con i seguaci del comico Grillo, che, mentre dichiarano di difenderla, palesemente ne violano l’art. 49 (il Movimento 5Stelle non ha statuto democratico ed è di proprietà di 3 persone, Grillo, il nipote e il commercialista).
Oggi, finalmente, qualcuno si accorge che il referendum del 1993, nel quale il 90,30% dei votanti si espresse contro il finanziamento pubblico dei partiti, è stato aggirato con le leggi 10 dicembre 1993, n. 515, 2 gennaio 1997, n. 2 e 6 luglio 2012, n. 96. La procura regionale Lazio della Corte dei conti ha infatti prospettato al tribunale l’esigenza che la questione sia sottoposta alla Corte costituzionale, nutrendo molti e motivati dubbi sulla legittimità del sistema.
La prima di queste leggi, all’art. 9, ribadisce, pochi mesi dopo il referendum, il diritto dei partiti al rimborso elettorale (governo Ciampi nel ’93, in piena Tangentopoli); la seconda abbandona la vecchia terminologia e affronta il finanziamento pubblico, disciplinando i contributi privati da Irpef(la foglia di fico), ma stabilendo un cospicuo intervento dello Stato sotto l’ipocrita formula del rimborso; la legge 6 luglio 2012, n. 96, infine, riduce l’importo della contribuzione statale.
Deve essere ora approvata dal Senato la nuova legge che abolisce il finanziamento con un decalage di due anni, introdotto nella speranza che la maggioranza che emergerà nel 2015 possa reintrodurlo (questa è un’illazione, certo, ma, visti i precedenti …) e inserisce la certificazione dei bilanci dei partiti. Manca del tutto l’attuazione dell’art. 49. Se questo aspetto non viene definito, il malcostume non può che continuare.
Del resto, mentre il passato più remoto è stato approfondito nel contesto di Mani pulite, nella seconda Repubblica, a parte le vicende dei singoli, il campo della corruzione politica è tutto da arare. Sono completamente da scrivere pagine di chiarimento su clamorose vicende dal caso Monte dei Paschi di Siena, il più grande scandalo bancario della storia d’Italia, le cui connessioni politiche (c’è qualcuno che può credere che si sia trattato di una vicenda ristretta a pochi individui senza la copertura del padrone della città, il Pd e l’exPci?), sembrano seppellite nei meandri di piazza del Campo, al caso Parmalat, il cui titolare Callisto Tanzi era stato coccolato dalla corrente di Base della Dc e protetto da un sistema bancario fortemente legato alla fazione stessa, a quelli più piccoli e ancora da scoperchiare. E, al riguardo, si parla molto della Cassa di risparmio di Spoleto, mattone importante del potere umbro. Per il vero ci sarebbe da spiegare come e perché il servizio ispettivo della Banca d’Italia non si sia mai accorto di nulla.
Mario Monti, nella propria indipendenza, ha promosso, segno che non c’erano dubbi sul suo precedente operato, la titolare del servizio, Anna Maria Tarantola, alla presidenza della Rai, dove opera, come si può vedere, in modo incisivo e determinante.
Ci sono voluti vent’anni perché la procura della Corte dei conti decidesse di intervenire. Ora tocca alla Corte stessa. Se farà ciò che è giusto, per la Corte costituzionale, nonostante una maggioranza politicamente orientata, sarà difficile eludere il problema e, al massimo nel 2015, dovremmo avere una pronuncia di illegittimità.
Se qualche altra procura fosse parimenti solerte, potrebbe avviarsi anche il procedimento sull’elusione del referendum sulla privatizzazione della Rai e potremmo assistere a una decisione della Corte costituzionale anche in questa materia.
Vivaddio, la magistratura supplisce la politica, rivendica diritto di vita e di morte sugli uomini politici, si occupi anche dei presupposti, delle premesse del malcostume e del rispetto della volontà degli italiani!
È evidente che la normativa in materia di finanziamento pubblico aveva vari punti deboli. Il primo, naturalmente, era ed è la mancata attuazione del referendum. Il secondo era il modo in base al quale venivano erogati i finanziamenti: autocertificazioni. Chi poteva fidarsi delle autocertificazioni dei parlamentari e dei partiti? Nessuno, tranne i lor signori medesimi che, alla Camera e al Senato, approvavano i rendiconti e rendevano esigibili i rimborsi. Il terzo punto debole è il ribaltamento del sistema sui consigli regionali, provinciali, comunali e, dove ci sono, circoscrizionali. Talché l’ultimo dei componenti dell’ultimo dei consigli non solo riteneva e ritiene giusto dichiarare che l’acquisto delle sue mutande è da rimborsare dallo Stato, ma pretende(va) il diritto di rifiutare qualsiasi controllo. La sua firma e quella del suo capogruppo certificavano che le spese erano connesse all’attività politica.
L’assenza di controlli esterni, però, era legittima, secondo le leggi vigenti, solo per i parlamentari e quindi, dobbiamo rinunciare a chiedere loro i danni: e, nel prossimo futuro,  aspetteremo il testo finale della legge per capire come funzionerà la certificazione.
La giustizia, in ogni caso, s’è mossa, ma con incerto destino finale. Infatti, c’è chi sostiene –e non del tutto a torto- che quando i quattrini arrivano nelle casse dei partiti (associazioni non riconosciute) perdono il carattere pubblico e diventano spendibili secondo i regolamenti delle medesime associazioni.
Questo deriva -lo ripetiamo perché è il nodo del problema- dalla mancata attuazione dell’art. 49 della Costituzione con una legge che definisca i caratteri minimali e sostanziali d’uno statuto democratico dei partiti.
Riuscirà Matteo Renzi a realizzare la riforma che aspettiamo? Non c’è che da dubitare e, con sano scetticismo, sperare.

2 dic 2013

Si riaccende l'illusione di un bipolarismo

NUOVI LEADERS.....STESSI SLOGAN 

Pensavamo che questi slogan appartenessero ormai ad una passata politica!
A sentire la comunicazione politica di Alfano con i continui attacchi …sembra che nulla sia cambiato e che l’attuale formula governativa non possa più sopravvivere ad uno stato di sopportazione arrivato ormai al limite.

Quelle di Alfano sono le parole che accentuano le contrapposizioni di odio e rinforzano il disperato desiderio di un bipolarismo che ha, come fine primario, il compito di abbattere il nemico e non la logica costruzione di una politica utile per le indispensabili riforme.

E così..il nuovo centrodestra, “non volendo piacere ad una sinistra”, pone il pretesto che “le intese larghe possano diventare chiare”. La solita solfa di una destra che si pone come unico fine quello di combattere e sconfiggere la sinistra… e viceversa.
Per Angelino Alfano..dunque..nulla sembra cambiato e l’esperienza disastrosa del recente passato, non pare averlo toccato.

Dall’altro lato della barricata…un Renzi che ormai, dopo la fuoruscita di Berlusconi, preme su Letta dovendo, invece, meditare con più attenzione ad un suo possibile flop, dopo la possibile vittoria della segreteria. L’ambizioso “rottamatore”, con l’uso di altrettanti slogan, ma con una dialettica più moderna, sembra proiettato verso un proprio successo d’immagine e meno in direzione di una logica politica di Partito che dovrebbe vedere partire dal basso e con meno presunzione.. la ricerca di una vera democrazia.

La nostra società continua inerme a seguire gli odierni sviluppi, proiettandosi inverosimilmente nelle figure di questi leaders della politica, non comprendendo e non immedesimandosi in un sistema più nuovo che possa identificare e dare più forza ad un programma di sviluppo e di crescita del loro paese.... Viene ormai attirata ed affascinata dagli slogan studiati per dare forza ad una propria immagine…motti, sempre più spesso, di natura calcistica: Siamo ormai al paradosso di una cultura del calcio che detta il suo sapere e le relative cognizioni strategiche alla politica!!

Un fatto è comunque certo:…in questa assurda lotta di potere, nessuno dei due duellanti sembra voler più sostenere una politica delle larghe intese, né potrà mai riuscire a mettere mano alle indispensabili riforme politico-istituzionali più funzionali, continuando invece a seguire i vecchi metodi con i quali ci si potrà  solo illudere di innovare: nuova legge elettorale, senza procedere ad una prioritaria riforma dei Partiti... bipolarismo ad ogni costo senza aver percepito i guasti già prodotti nel recente passato..e così via…

Se è comunque chiaro che per volontà dell’Europa, questo governo (in prossimità del semestre europeo), è difficile che possa cadere, è anche vero che, nel nostro Paese, si sta determinando una ulteriore lotta di potere politico costruita prevalentemente su un nocivo leaderismo.

Si procede quindi, con la usuale insensibilità politica e con una perseveranza senza precedenti, ad umiliare una democrazia popolare pur di esaltare la predominante figura dei leaders, si simula con ostinazione il percorso di uno Stato democratico a danno di un Paese che pare non comprendere.

Bisognerebbe meditare profondamente in proposito…. 
vincenzo cacopardo

interessante lettera di Paolo Speciale

RIFORME? SI, GRAZIE

Diversi autorevoli editorialisti dei principali quotidiani sottolineano in questi giorni la necessità di passare alla fase “esecutiva” delle famigerate riforme.
Riforme che difficilmente non riguarderanno la struttura costituzionale e che quindi necessiteranno di doppia deliberazione, specialmente per quanto riferibile al sistema giudiziario.
A questo proposito, dice Piero Ostellino dalle colonne del “Corriere della Sera” che la degenerazione di un sistema istituzionale reso di fatto anacronistico e desueto ha trasformato il Parlamento in organo mero esecutore delle sentenze della magistratura. Un Parlamento addirittura “terrorizzato”da un potere giudiziario sempre più prorompente dal 1992 in poi ,che determinò addirittura la impulsiva ed affrettata populistica –seppure fittizia – abolizione della immunità parlamentare.
Dunque una magistratura social-comunista contro il (libero) liberalismo attribuito prima di altri ai politici, nella misura in cui questi ultimi, con l'avvento del berlusconesimo, (eviteremo qui infatti il suffisso “ismo” per non incorrere in svariate ed errate interpretazioni sulle nostre posizioni), coincisero sensibilmente.
Una miscela esplosiva che ha infiammato sinora un improprio dibattito politico tra:
§      -una sinistra che ha accolto nella sua ala più centrista tanti ex democristiani, a corto di idee e quindi non competitiva, che ha trovato un insperato alleato nell'esercizio dell'azione penale-giudiziaria di una magistratura più o meno consapevole di operare sconvenientemente nella sfera dei consensi creando non solo di fatto – come è puntualmente avvenuto – un vero e proprio partito;
§     -una destra già debole e praticamente fusasi con il berlusconesimo - salvo il tentativo di resistenza finiana molto tardivo e quindi punito dagli elettori- anch'essa recettrice di tanti ex democristiani e che, con il Cavaliere “dux” nel senso proprio del termine “condottiero”, ha fatto essa stessa uso dell'azione giudiziaria persecutrice elemento portante della propria ideologia;
§       -un centro che stenta a ritrovare la propria identità, penalizzato da un elettorato troppo attento alla spettacolarità di Renzi o di Berlusconi, ridotto indegnamente ad opera di leaders dall'opportunismo prevalente a ruota del carro dei più forti, rimasto solo a reclamare un utile ritorno ad un sistema proporzionale troppo presto demonizzato da un bipolarismo populista ed esterofobo.
Sono le anomalie che hanno caratterizzato gli ultimi vent'anni della storia d'Italia e dalla quale ormai da troppo tempo diciamo un “basta” che però“non basta” più.
Dicemmo già in precedenti considerazioni condivise che è tempo di osare, è tempo di approfittare del particolare momento di crisi per alzare la testa in Europa, per avviare un concreto e scadenzato percorso parlamentare di riforme istituzionali nei settori economico, giudiziario ed elettorale, anche facendo a meno di un moderatismo che ha già esaurito, in questa fase, il proprio importante ruolo come in ogni democrazia degna di questo nome.
Un amico con cui spesso mi confronto mi ribadiva qualche giorno fa la necessità di rinunciare per sempre alla anacronistica distinzione geografica delle aree degli emicicli parlamentari e che anche parlare di “centro”o di naturale periodica ri-convergenza verso di esso significhi legittimare ancora la presenza di una destra e di una sinistra.

L'esecutivo Letta a nostro avviso e di fatto oggi, dopo una opportuna verifica parlamentare, può e deve osare di non perdere più tempo, prima di tutto perchè è praticamente un monocolore, poi anche perchè è la prova vivente del naturale ritorno al proporzionale, quale espressione che riteniamo di maggiore rispetto delle minoranze, laddove si possa intervenire modificando quelle caratteristiche che in passato ne hanno determinato l'unico limite tangibile, la instabilità degli esecutivi.

28 nov 2013

GLI ODIERNI ISTIGATORI DEL POPOLO




Quella nociva comunicazione tendente a mistificare

MAI COME OGGI PERSISTE QUESTO GRANDE DIFETTO NELLO SVOLGIMENTO DELLA POLITICA: LA RICERCA DELLA FIGURA ASSOLUTA E DETERMINATA CHE AFFASCINA, MA CHE IN REALTA' SMINUISCE IL DOVUTO COMPITO DI UNA POLITICA DI RICERCA, PIU' FUNZIONALE CHE COINVOLGE ED AGGREGA I TANTI CHE LA AMANO DISINTERESSATAMENTE E CON PASSIONE.


di vincenzo cacopardo Gli istigatori del popolo e tutti coloro che in politica pensano di poter agitare le piazze attraverso urla e battute populiste, in realtà non possono essere credibili, nè potranno mai diventare un simbolo per una vera democrazia.

Alcuni di loro pensano che.. infondendo un messaggio adulterato.. si possa infondere al popolo una mistificazione di una realtà... un surreale concetto di libertà fuori da quella concretezza politica e sociale che impone essenziali regole. Ciò conduce il cittadino ignorante (ossia che ignora) a pensare di poter impadronirsi di una libertà che non è frutto di una vera emancipazione sociale, ma lo sconsolato inganno di una infondata conquista… un immenso danno per la democrazia!

Il politico che urla e sbraita nelle piazze ostentando sicurezza, in realtà sostiene (spesso con consapevolezza), una comunicazione studiata e conforme ad un modello tendente ad ingannare ponendo.. nella circostanza.. ogni marchingegno utile ad attirare un’efficace attenzione contemplativa su se stesso. Il dialogo ed il suo contenuto diventano ..perciò.. secondari rispetto all’apparenza esteriore dei suoi movimenti e di quei gesti che ostentano sicurezza.

Una comunicazione, quindi, simulata..  tendente a catturare l’attenzione di chi scorge in queste figure l’entità del mito… e che in sé rappresenta spesso un transfert. Al contrario.. chi opera nel costante dubbio ed attraverso una ricorrente ricerca per il riscontro delle soluzioni… ponendosi con umiltà dinanzi ad ogni problema e non si affida alle certezze..chi comunica senza alcuna mistificazione, ma con saggezza, misura ed equilibrio, anche se non richiamerà l’immenso consenso, potrà contribuire alla costruzione di un’utile ed efficace politica, appagando il suo ruolo ed ottenendo successivamente una reale alta gratificazione!

Molti degli odierni soloni della politica moderna adoperano con ostinazione la comunicazione studiata e dettata da quelle cattedre universitarie sempre più prodighe a sfornare tali modelli comunicativi ormai deleteri in quanto "ingannevoli" e le cui conseguenze oggi si evidenziano tutte!La politica non potrà mai essere posta alla stregua di un articolo da dover vendere! Se l’onestà della comunicazione e l’umiltà oggi non pagano …riusciranno di certo a portare risultati un domani a chi ne ha bisogno: chi opera in politica deve riuscire in un risultato comune senza dover rafforzare un’immagine mistificata di se stesso. 
    
Persino il Vangelo.. riguardo alla mistificazione... sostiene che, se Cristo, con la sua divinità, non è risultato vincitore sul piano politico, allora nessun altro uomo può pensare di sostituirlo, né si può pensare che sulla terra vi sia un essere umano capace di realizzare un esemplare regno di giustizia e di libertà.

Una avvincente cronaca di domenico Cacopardo sul futuro del nostro Paese


IL FERRO CALDO

Esercitarsi su cosa accadrà domani è normalmente sterile se non è volto ad analizzare ciò che sta accadendo nel presente. Proviamo a ragionare.
Al di là delle valutazioni politiche che riguardano la nuova maggioranza, il governo e il futuro della legislatura, rimane il fatto sostanziale che da ieri sera Silvio Berlusconi non è più coperto da quella labilissima coperta che è la residua immunità parlamentare, capace, però, di impedire l’arresto di un componente della Camera o del Senato, senza un’autorizzazione dell’organo di appartenenza. Ergo, l’autorità giudiziaria può ordinare, se ha solidi argomentazioni, l’arresto del leader del centro-destra e anche la sua restrizione in una patria galera. L’età non è un ostacolo quando ci sono in ballo la reiterazione del reato, il pericolo di fuga e l’inquinamento delle prove.
Le carte del processo Ruby di Milano (le motivazioni della sentenza) parlano di una insopprimibile tendenza a delinquere e a una subornazione dei testi, più precisamente, dell’inquinamento del quadro probatorio derivante dalle testimonianze della Olgettine, cui il cavaliere ha pagato e forse paga una retribuzione mensile.
Tuttavia, le probabilità che in una contesa su chi possa mettere le mani su Berlusconi vinca Napoli sono elevate. Le notizie sul ‘pentimento’ di La Vitola prima e sulla sua ‘non collaborazione’ poi, sarebbero attribuibili a una medesima sottile strategia comunicazionale, diretta, infine, a rendere più eclatante l’evento dell’arresto se mai ci sarà.
Occorre tenere ben presente che tutto il movimento creato di recente da Berlusconi, compresa la modesta dimostrazione di quadri di Forza Italia davanti a palazzo Grazioli, le invettive nei confronti della magistratura, del presidente della Repubblica e via dicendo, di sicuro, ripeto ‘di sicuro’, rafforzano l’orientamento di chi, avendo il potere di farlo, nell’ordine giudiziario può considerare pericoloso -per la conclusione delle indagini e il rinvio a giudizio- il protagonista delle proteste e delle manifestazioni.
Si può aggiungere che, se, una volta perduta la tutela parlamentare, Berlusconi non fosse investito da un provvedimento di restrizione preventiva, questo sarebbe sempre più difficile da adottare con il trascorrere del tempo e con la possibile normalizzazione del cavaliere, all’interno di un gioco politico-parlamentare volto a sacrificare il governo Letta e a indire nuove elezioni. Con il Porcellum, se possibile.
E, come dicono i sondaggi, si tratta di una partita aperta, nella quale le possibilità che una coalizione di centro-destra allargata ad Alfano e, forse, al redivivo Casini faccia bingo sono sensibili, nonostante la concorrenza del bull-dozerRenzi che, però, dovrebbe vedersela con i suoi numerosi e potenti avversari interni, desiderosi -più di Berlusconi- di vederlo sconfitto.
Insomma, tra le opzioni possibili delle prossime ore o dei prossimi giorni ci sono anche movimenti delle procure di Napoli, di Milano o di Bari, senza escludere un out-sider(Roma).
Si tratta di ragionamenti probabilistici, anzi ipotetici, che, però, ci aiutano a capire quali partite si stiano giocando sulla pelle degli italiani in crisi e quali scenari si possano prefigurare. L’importante è che il malato Italia sopravviva alle manovre dei suoi medici e dei suoi carnefici.


UN NUOVO CAMPIONATO

Con l’estromissione di Silvio Berlusconi dal Senato, votata ieri, si conclude una lunga e difficile partita, disputata da giocatori –di tutte le squadre- poco dotati, generosi sì a centro campo, ma incapaci dei guizzi degli uomini di classe.
Oggi comincia un nuovo campionato, i cui protagonisti si chiamano Matteo Renzi ed Enrico Letta, l’inconsistenza culturale di un’osannata proposta meramente mediatica il primo, la saggezza di uno spessore politico raffinato il secondo. Di Silvio Berlusconi continueremo a occuparci, soprattutto in cronaca, visto che la corsa per giungere primi alla sua cattura e restrizione in una patria galera sembra volgere al termine con un vincitore designato. Si tratta della procura della Repubblica di Napoli che si giova delle recentissime dichiarazioni del pentito La Vitola, segretate ma, naturalmente, pronte a essere pubblicate su qualche quotidiano ad alta tiratura. Possiamo, però, immaginare che La Vitola abbia dato all’autorità giudiziaria ampi e concreti elementi sulla capacità del cavaliere di reiterare il reato e di inquinare le prove.Il mandato di arresto sarà quindi un inevitabile conseguenza di quanto spontaneamente affermato dal testimone.
La Storia, in questi giorni, ha avuto e continuerà ad avere nelle prossime settimane una di quelle accelerazioni di cui, poi, si rimarrà sorpresi.
Dopo l’archiviazione della decadenza del leader del centro-destra, tra pochi giorni assisteremo all’archiviazione della nomenklatura del Pd a opera di Matteo Renzi, ampio vincitore delle primarie per la nomina a segretario del partito.
Nomi storici –abusiamo della parola storia, è vero, ma la contingenza lo merita- come quelli di D’Alema, di Veltroni, di Fassino, di Bersani rimarranno confinati nei ricordi dei più vecchi militanti. I nuovi, invece, opereranno nei loro confronti una damnatio memoriae, onestamente, immeritata.
Prodi potrebbe diventare come San Gennaro e manifestarsi un paio di volte l’anno, salvo il caso, non remoto, che Renzi, in cerca di legittimazione culturale, lo estragga dall’armadio e lo conduca alla presidenza della Repubblica, quando, in un giorno remoto, Giorgio Napolitano lascerà il Quirinale e si ritirerà a dignitosa vita privata.
Nell’immediato e fatta salva l’eclatante possibilità di un arresto di Berlusconi, vanno presi in considerazione il passaggio all’opposizione di Forza Italia, il conseguente tentativo di mobilitare gli italiani moderati che non amano la sinistra e il centro-sinistra e l’invio di un allettante amo ai nemici del governo Letta. Lo scopo del cavaliere è quello di provocare lo scioglimento delle camere e le elezioni a primavera in modo da azzerare Alfano e suoi e riprendersi, dall’esterno, la scossa leadership del centro-destra.
I possibili alleati di Forza Italia si annidano nel Pd e il loro capo naturale è Matteo Renzi.
Come già citato nel precedente post, mentre quello di Berlusconi è un discorso tattico, quello di Renzi è strategico: elezioni a primavera significherebbero monetizzare le difficoltà del cavaliere e impedire il successo del suo rivale, Enrico Letta, impantanato per ora e per qualche mese ancora in una difficile sopravvivenza day by day. 
Infatti, arrivando indenne alla primavera del 2015, il premier potrebbe raccogliere i frutti della ripresa economica che, comunque, si dispiegherà l’anno prossimo, e aggregare una forza riformista capace di sottrarre all’«ultima raffica di Arcore»il residuo consenso degli italiani moderati.Letta conquisterebbe così una leadership indiscutibile: e con lui, comunque, si dovrebbero fare i conti.
Renzi vorrà di impedirlo.

Degli exPci,militanti nel Pd, s’è persa ogni traccia: probabilmente è la vendetta della Storia. Il tutto, nell’ipotesi inconsistente che Napolitano, il leninista soft, sciolga il Parlamento e indichi le elezioni. 

interessante analisi di Domenico Cacopardo sull'addio al Cavaliere

IL GIORNO DELL’ADDIO
Infine, è arrivato il D-Day, il giorno dell’addio di Silvio Berlusconi al seggio senatoriale, a suo tempo ritenuto più sicuro ai fini giudiziari di quello della Camera dei deputati.
Nonostante ogni sforzo, ogni grido, ogni attacco al presidente della Repubblica, alla magistratura, al Pd, oggi il Senato voterà a scrutinio palese (una brutta deroga al regolamento e ai principi costituzionali, voluta dal Pd nel timore di franchi tiratori o di ‘operazioni’ del M5S) la decadenza del leader del centro-destra.
Una decisione, ovviamente, politica. Sarebbe sciocco trincerarsi sugli aspetti tecnici. Come sempre, sulla base della propria autodichia, il Parlamento è giudice dei propri componenti e può liberamente decidere –checché se ne dica- di applicare o meno le decisioni dell’autorità giudiziaria. In questo caso, con molta ipocrisia, si vorrebbe dare l’idea di una decisione ‘obbligata’ da una sentenza e non, com’è nella realtà, di una decisione sovrana.
C’è, però, da rimanere sorpresi e ammirati dalla forza belluina che Berlusconi sta mostrando in questi giorni. Rifiutando di riconoscere la realtà, di ragionare con freddezza, di contare tutte le proprie 77 primavere, schiera quel che resta del suo esercito, si espone in concioni appassionate in qualunque sede disponibile per proclamare il ‘colpo di Stato’ e l’ineguagliabile persecuzione cui è sottoposto.
Si tratta del tentativo di mobilitare gli italiani moderati che non amano la sinistra e il centro-sinistra. E di lanciare, con il passaggio all’opposizione, un allettante amo ai nemici del governo Letta. Lo scopo è quello di provocare lo scioglimento delle camere e le elezioni a primavera in modo da azzerare Alfano e suoi e riprendersi, dall’esterno, la scossa leadership del centro-destra.
I suoi possibili alleati si annidano nel Pd e il loro capo naturale è Matteo Renzi.
Mentre quello di Berlusconi è un discorso tattico, quello di Renzi è strategico: elezioni a primavera significherebbero monetizzare le difficoltà del cavaliere e impedire il successo del suo rivale, Enrico Letta, impantanato per ora e per qualche mese ancora in una difficile sopravvivenza day by day. Infatti, arrivando indenne alla primavera del 2015, il premier potrebbe raccogliere i frutti della ripresa economica che, comunque, si dispiegherà l’anno prossimo, e aggregare una forza riformista capace di sottrarre all’«ultima raffica di Arcore» il residuo consenso degli italiani moderati. Letta conquisterebbe così una leadership indiscutibile: e con lui, in ogni caso, si dovrebbero fare i conti.
Tutto ciò ha un senso preciso: il Paese sta uscendo dalla Seconda repubblica per avventurarsi nella terza e i contendenti sono proprio Letta e Renzi, la saggezza di uno spessore politico raffinato contro l’inconsistenza culturale di un’osannata proposta mediatica. Un’antinomia, questa, che potrà essere l’innesco per la dissoluzione dell’innaturale ircocervo Pd. 
Il paradosso, però, è che entrambi, Letta e Renzi, provengono dalla medesima area politica e insistono su un elettorato abbastanza omogeneo che finiranno per contendersi. Gli exPci sembrano fuori gioco: probabilmente è la vendetta della Storia.
Nel presupposto, ammesso e non concesso che Napolitano, il leninista soft, sciolga il Parlamento e indica le elezioni.
Del che, è lecito dubitare.



27 nov 2013

Il Cavaliere… il risultato di un errato sistema politico


Come non accorgersi di quanto il bipolarismo abbia danneggiato la politica di questo nostro Paese! Come non intuire l’imbarazzante genesi di un dialogo sempre meno predisposto all’utile costruzione di una politica funzionale!
La figura di Berlusconi è palesemente venuta fuori da questo modello di  sistema, una concezione politica che ha costretto sempre più il dialogo aprendo la strada a figure predominanti ed assolute, determinate ad infondere ideologie ristrette e conseguenti posizioni rigide.. esaltando al massimo le contrapposizioni.
Se non fosse venuta fuori una figura come quella del Cavaliere, ne sarebbe sorta un’altra similare,  come..del resto…se si continuasse a perseverare con tale paradigma, nel futuro ci riscontreremo con figure di leaders sempre più determinate e risolute.. delle quali avremo poco da lamentarci.
Se questa vuole essere la scelta del nostro popolo..bisognerà predisporsi ad accogliere un nuovo “incantatore di serpenti” determinato a comunicare con la consueta spavalderia di chi pensa che la politica debba costruirsi attraverso il leaderismo eccessivo edificato con la forza di assurde opposizioni che generano solo dure reazioni.
Non bisognerebbe tanto guardare alla politica attraverso la figura che la rappresenta, non i leaders, non i divi che con ambizione e senza alcuna scrupolo vorrebbero dirigerla, quanto al contenuto delle idee che si esprimono, ai programmi utili per la società. Non farsi più ingannare dalle figure, ma dirigere l’attenzione verso il contenuto ed il pensiero costruttivo che si intende esprimere.  
Non v’è dubbio che il sistema bipolare tende invece ad esaltare le figure e con esse porsi in un contrasto sempre più duro contro chi si oppone, infondendo, in tal modo, un sentimento tendente a non razionalizzare e ad alimentare persino un odio per la figura opposta.

Non si riscontrano più le sfumature grigie di una politica più moderata, ma solo le posizioni monolitiche bianche o nere che non aiutano un indispensabile e doveroso equilibrio.   
vincenzo cacopardo     

Berlusconi…il vero dramma è il suo gregge!


Ancora Berlusconi!...
Un’infinita storia politica che immobilizza un Paese che necessita di crescita. Si continua a discutere ancora della decadenza del Cavaliere, che insiste con i suoi appelli e le discutibili, se non inopportune.. richieste di revisione del processo.
Non entrando come da mia abitudine sul merito delle vicende giudiziarie del Cavaliere, (che rispetto come rispetto il suo risentimento), mi permetto solo di giudicare il suo sconsiderato incedere, sintomo di una pervicace ambizione che sembra non abbandonarlo mai. Un perseverante percorso che penalizza di sicuro il paese..
Quello che Silvio Berlusconi attua con una certa efficacia è  la incessante commedia di un lungo ventennio,..con un continuo martellamento contro un sistema che lo vorrebbe fare fuori. Ma questo sistema è proprio il terreno sul quale lui stesso ha costruito una fortuna e che lo ha condotto poi alla disfatta.
Come nel passato quando ha creato la sua immagine di politico, anche oggi, Berlusconi continua a credere di poter far forza su una comunicazione ostentata e ricca di simulazioni.
In questo percorso ha individuato nei molti suoi adepti, privi di ogni personale pensiero politico, ma solo asserviti fino al midollo, una energia sulla quale trarre ulteriore forza. Quello che imbarazza di più è il suo parterre femminile che appare psicologicamente (se non a volte..addirittura finanziariamente) totalmente asservito alla figura del capo supremo.
Verrebbe perciò spontaneo domandarsi come tali "esseri pensanti", inseriti nella politica, possano rendersi così pecore e poi sperare di far crescere un Paese che necessita proprio di un indispensabile individualismo e di idee…
Una considerazione, la mia, che non intende inserirsi nella banale contrapposizione destra-sinistra e che trae forza solo da considerazioni oggettive prive da ogni posizione ideologica in proposito.
Se i cittadini non si accorgono di ciò e pretendono poi di poter crescere possono solo illudersi: fino a quando vi saranno queste figure e analoghi inconsistenti greggi in politica, nulla potrà mai cambiare…
vincenzo cacopardo

25 nov 2013

La deleteria concezione machiavellica che non ci aiuta...

Una visione politica e sociale.. fin troppo radicata
di vincenzo cacopardo

"Il fine giustifica i mezzi"…è la frase che più sintetizza il pensiero di Machiavelli, entrata peraltro nel linguaggio corrente ad indicare l'intelligenza acuta e sottile, ma anche spregiudicata... di coloro che, oggi, ritengono che possa scagionarsi l’opera di chi agisce oltre ogni limite.
Ma qual’è questo limite se non quello dettato dalla legge o da una morale comune che, in fondo, conosciamo e che, spesso, fingiamo di non vedere per convenienza?

Oggi la politica tende a muoversi di frequente e con prepotenza, in questa comune logica machiavellica, esaltando il fine e mortificandosi nel uso dei mezzi più disperati ed assurdi: Il concetto assoluto di una stabilità sembra uno di questi fini che prescinde da ogni sensato mezzo usato per il suo compimento. La politica odierna sembra ingabbiata in questa logica ricercando  più spesso un risultato finale e non tenendo in ben più alta considerazione i mezzi che vengono usati per lo svolgimento del suo compito. Un insegnamento non del tutto positivo per il futuro dei nostri giovani poichè il messaggio di Machiavelli deve sapersi interpretare non prescindendo dai singoli casi e dalle azioni. 

Nel passato ottocento, la storica logica mazziniana, al contrario, accendeva gli animi della politica verso la passione ed un risultato ricercato attraverso una nuova concezione storica che smentiva quella dei passati illuministi basata sulla capacità degli uomini di costruire e guidare la storia con la forza dalla ragione. Dopo le vicende della rivoluzione Francese i nobili fini s'infransero dinanzi alla realtà storica: Il secolo degli illuminati era infatti tramontato venendosi a determinare una ribellione dei singoli popoli in nome di un sentimento di nazionalità.  La concezione reazionaria contro cui Mazzini combatté strenuamente assunse un aspetto politico-religioso contro le insidie del razionalismo e di un eccessivo liberalismo.

Al contrario della logica machiavellica, oggi in voga per l’eccessivo liberalismo ed il predominante pragmatismo, una visione politica  più mazziniana, sebbene ricca di ideali, potrebbe meglio guidarci nella direzione di una migliore concezione progressiva ed un maggior benessere sociale. 
post correlato: la politica chiusa in se stessa
 vincenzo cacopardo

Un commento di domenico Cacopardo sulla recente alluvione

Piove: Italia in tilt
di Domenico Cacopardo già Presidente del Magistrato alle acque di Venezia
Il demone “alluvione” è tornato.
S’è presentato in Sardegna sotto forma di ciclone -”Cleopatra” l’ha definito la Protezione civile-.
Con esso è tornata in video la proterva arroganza di Franco Gabrielli (che però, nel caso Concordia, s’è ben comportato) pronto ad accusare gli altri, dimentico che la questione riguarda proprio il dipartimento che dirige, abituato a lanciare allarmi anche per la pioggerella primaverile della sua Viareggio e, quindi, inascoltato come chi grida, a ogni stormir di fronde, «Al lupo! Al lupo!»
L’accusa che i sardi investiti dal disastro, in modo unanime, rivolgono alle autorità è quella della mancata pulizia dei corsi d’acqua.
La questione viene da lontano ed è ideologica.
Da qualche decennio, infatti, le associazioni ambientaliste si oppongono sia alla pulizia dei fiumi che all’escavazione dei materiali alluvionali.
Mi spiego: la ‘portata’ di un fiume, la capacità cioè di “far passare” l’acqua, dipende dalla sua sezione. Osservandolo in prospettiva, un fiume è come un’autostrada e l’agibilità delle sue corsie determina il flusso del traffico. Se l’ANAS lasciasse crescere liberamente gli arbusti nelle corsie, il traffico si intaserebbe sino a fermarsi.
Questo è il problema dei fiumi. Ed è aggravato dalla mancanza di soldi che impedisce di appaltare la loro pulizia. La soluzione storica era quella di affidarsi alle ditte escavatrici che, avendo necessità di ghiaia,  restituivano ai fiumi la loro portata standard. Certo, si sono visti abusi, come nelle Grave di Papadopoli sul Piave, ma spetta alle mitiche o inesistenti ‘autorità’ impedirli. Il veto degli ambientalisti ha completato l’opera e il danno è diventato irreparabile.
L’altro problema, più grave, è quello istituzionale. In tutto il mondo, il corso d’acqua è considerato un’unità inscindibile da amministrare unitariamente, sia nei suoi aspetti quantitativi (le portate) che in quelli qualitativi (l’inquinamento).
In Italia, naturalmente, si è fatto tutto l’opposto, dividendo sin dal 1971 le competenze idrauliche da quelle ambientali, passate alle regioni.
Il capolavoro, però, è costituito dalla legge organica sulla difesa del suolo (18 maggio 1989, n.183) patrocinata dal senatore Achille Cutrera, un avvocato, con la quale sono state istituite le autorità di bacino, organi operativi delle regioni.
Per il Po, per esempio, le decisioni di finanziamento spettano agli assessori regionali (i quattro fondamentali sono il piemontese, il lombardo, il veneto e l’emiliano-romagnolo). Ovviamente soldi e lavori sono ‘spartiti’ secondo lottizzazione territoriale.
Il Magistrato per il Po (in passato diretto da autorità idrauliche di livello mondiale, come Pavanello e Rossetti, quest’ultimo coprogettista della sistemazione del Rodano), costituito dopo la devastante alluvione del 1951, è stato abolito. Aboliti gli uffici del genio civile che espletavano l’essenziale Servizio di piena. Le loro competenze sono state spartite tra le regioni, le provincie, una specie di consorzio interregionale e la compagnia di giro inventata da Giuseppe Zamberletti in occasione del terremoto del Friuli, cioè la Protezione civile. Il più noto dei capi di questo dipartimento, Guido Bertolaso è un medico scovato da Beniamino Andreatta, quand’era ministro degli esteri, in una delle tante onlus che si occupavano di cooperazione internazionale.
Le incapacità delle regioni fatalmente si riflettono sulla gestione del territorio e sulla difesa del suolo. Da qui occorrerebbe muovere, ridefinendo competenze e responsabilità.
La difesa del suolo è come la poesia: carmina non dant panem. La prevenzione conviene poco ai politicanti. È meglio intervenire dopo, diventando benefattori di migliaia di sinistrati.


24 nov 2013

Servizi sociali in salsa teatrale...


Ma possiamo davvero immaginare come sarà la pena da scontare per il cavaliere ai sevizi sociali?
Non potrà che essere l’ennesima commedia per questo Paese ormai succube di un teatrino senza sosta. Tutta la stampa si scatenerà nel continuo assedio della location dove Berlusconi farà le sue apparizioni tra il melodrammatico ed il faceto.. con punte di ironia che non potranno che giovargli.  Per non contare una  quasi giustificata sudditanza psicologica della quale saranno attori gli stessi operatori sociali che avranno il compito di assisterlo.
Al comico di Bogliasco che, seppur contro i mulini al vento e con l’uso della capacità dialettica, qualcosa di vero la esprime, si unirà un altro esilarante saltimbanco, un istrione ormai navigato nella comunicazione che trarrà sicuramente maggiore forza da questa ammenda da scontare.
Intanto Berlusconi, simulandosi sempre più vittima,  continua a provocare il Presidente Napolitano per una grazia non concessa.. come fosse un dovere del Capo dello Stato venire incontro a chi, tra l’altro, rimane pluri inquisito  in attesa di processi. Come potrebbe mai Napolitano far finta di nulla?
Sarebbe stato più logico, proprio per via del suo delicato ruolo politico, rendergli meno visibilità ed imporre gli arresti domiciliari, seppur con la possibilità di esprimere attraverso i giusti e moderati mezzi della comunicazione il rapporto con il suo nuovo Partito. Una circostanza particolare per non impedirgli un dialogo, senza il quale, si sarebbe reso ulteriormente vittima. Ma le pene accessorie impediranno anche questo..

Questo è il Paese che non conosce l’equilibrio e non sarà difficile immaginare un nuovo spettacolare teatrino ormai tipico della commedia all’italiana!
vincenzo cacopardo

la posta di Paolo Speciale

Il cavaliere errante 
di paolo Speciale

Questa è la storia di un uomo che, in maniera continuata e nell'arco di un ventennio, visse di sondaggi in stile auditel, e che fece della propria popolarità l'unica ragione di vita insieme ai buoni affari. Egli visse in uno dei tanti paesi del mondo dove, complice un sistema ideologico-elettorale precipuamente diffuso in presenza di una acuta e tragicamente sostanziale diseguaglianza sociale, si tese a considerare una pur illuminata e pregnante imprenditorialità quale oggetto di incondizionata reverenza, specie se detentrice anche del potere politico di cui alcuni decenni prima fu elemento sì costituente, ma solo in qualità di gruppo di pressione.
Galeotta fu l''unificazione delle due anime, da cui il consenso unito alla venerazione si ridusse solo a quest'ultima e mietette grandi appoggi presso tutti i gradini socio-economici.
Fino a quando certa magistratura, sia totalmente retta che meno integra - non per disonestà ma per le tentazioni di questo mondo –, non ritenne di continuare sine die a condividere certa prudenza procedurale che la accomunava alla moltitudine votante. Così, cercando, trovò multa delicta.
Grande ed insidiosa per la democrazia fu allora il terribile conflitto tra le più alte istituzioni democratiche che ne derivò, per l'uso e l'abuso ripetuto da più parti opposte di mezzi di informazione e di modi di comunicare che plagiarono molte coscienze, anche le più notoriamente nobili e sino ad allora senza macchia.
Il Cavaliere allora si trovò solo contro tutti, persino il tradimento di un Bruto siciliano dovette subire, in una Roma nostalgica del proprio glorioso passato di caput mundi.
Ma qualcuno gli era rimasto fedele, quelli che non avevano mai brillato neanche un po' di luce propria, e tutti quanti insieme iniziarono ad errare alla ricerca di un'identità forse perduta, ma forse anche mai avuta.

Il Cavaliere Errante era detto così perchè niente e nessuno poteva fermarlo, era l'invincibile vessillo di un sogno impossibile, ed anche se la realtà può essere finzione, difficilmente accade il contrario.