6 giu 2014

Tra ammaliatori e gufi...si attende la crescita


di vincenzo cacopardo

Sappiamo ormai che quando si prova a non essere d'accordo con le idee del Premier Renzi ...si viene presi per gufi o similari pennuti incapaci di credere al futuro. Non si fa che esclamare che bisogna offrire tempo a Matteo Renzi e dargli la possibilità di mettere in atto il suo modo di interpretare il cambiamento.
Mi domando ..però..se esiste ancora quel tempo per le prove...se ancora il nostro Paese è disponibile a mettere nelle mani di un unica figura politica il proprio destino rischiando di dover sopportare ulteriori sacrifici o perdite di tempo che potrebbero definirsi irresponsabili...se non addirittura peggiorative...Possiamo quindi restare appesi nella speranza che un'unica figura possa districare gli innumerevoli problemi di una Nazione che ha nelle stesse istituzioni infiltrazioni burocratiche tanto vecchie.. quanto mentalmente radicalizzate?
Un simile affidamento ad un'unica personalità è di per sé rischioso in assoluto...figuriamoci per ciò che riguarda la materia politica che necessita del contributo delle organizzazioni partitiche, le quali... non avendo da tempo una nuova disciplina e regolamenti efficienti, non potranno mai essere di utile accompagnamento.
La tendenza a mitizzare una nuova figura emergente è tipica di questo Paese: sembra che le innumerevoli problematiche inerenti noi stessi.. possano essere affidate alla comunicazione di chi, ergendosi alla stregua di un messia, rischia imprudentemente una faccia...Ma non è tanto il rischio di una sola persona che si sta mettendo in gioco...quanto il destino della nostra Nazione che ostinatamente non percepisce che è la stessa politica a dover essere riformata prima di chi oggi, ambiziosamente, pretende di esercitarla con troppa disinvoltura.
Alcune figure politiche più attente e sapienti potrebbero avere intuito tutto ciò ..lasciando lavorare il nuovo sindaco d'Italia, consapevoli del rischio enorme che sta correndo, al fine di lasciarlo bruciare da solo.
Le nuove regole sul lavoro proposte da Renzi rimangono comunque e sicuramente deboli per la domanda che necessita, in quanto quello che oggi manca al Paese, prima delle stesse.. è proprio la ricerca di nuovo lavoro. Le risorse per gli ottanta euro in busta paga in più.. avrebbero di certo reso un miglior contributo se fossero state usate in favore di ulteriori iniziative, nuove startup capaci di contribuire ad una crescita qualitativa dell'intero Paese.


Bisogna sostenere il Paese con una vera crescita che ancora tarda ad arrivare... uno sviluppo reale e consono alle capacità territoriali, guardando certamente verso un futuro..ma non effimero e dannoso..Ossia non illudere i cittadini che, ormai esausti e perennemente ingannati, reiterano un'ulteriore speranza sui nuovi seducenti ammaliatori, rinnovandogli un consenso.

Una riflessione sul nuovo commento di Domenico Cacopardo riguardo gli appalti pubblici



La politica di questi ultimi mesi e gli scandali ci danno la certezza che il travagliato passaggio dalla prima alla terza Repubblica si sta traumaticamente compiendo. Sembra che contraddizioni, compromissioni e illeciti si siano dati appuntamento nel primo semestre del 2014, per spingere il sistema governato da Renzi fuori dalle secche in cui era incagliato.

La storia viene da lontano, da una Costituzione consociativa, nella quale la spartizione del potere era considerata un valore democratico. Nei decenni ne abbiamo constatato la devastante deriva, sino a quando, da Venezia, sono venute le notizie di una trasversale partecipazione al sacco del Mose, la grande opera pubblica che dovrebbe riscattare la città dalla minaccia delle acque alte.

La terapia politica è stata scritta da Renzi: procedere nella propria direzione senza accettare veti del sindacato o del partitino di turno, e realizzare le riforme dal bicameralismo perfetto alla legge elettorale maggioritaria, che deconsociativeranno il sistema.

Sulla terapia giudiziaria e amministrativa la confusione è totale. Il commissario anticorruzione Raffaele Cantone mette l’accento sul controllo successivo e sulla legge penale, senza rendersi conto che è il sistema degli appalti a essere sotto accusa. È lì infatti che si annidano i germi che consentono di frodare la legge. Il primo è il cosiddetto «Inhouse», inventato da Bassanini: mediante esso, il comune o la regione o, più di rado, il ministero, costituiscono una società alla quale viene affidato il compito di indire gli appalti. Anche se la Cassazione ha più volte stabilito che le società di questo genere debbono applicare la disciplina pubblicistica, nessuno se n’è dato per inteso: si è proceduto come privati che affidano i lavori in piena discrezionalità. Il secondo germe è proprio nella invocata normativa sugli appalti, in parte mutuata dalle direttive europee. Essa è un raffinato modo per impedire alla libera concorrenza di manifestarsi, indirizzando le aggiudicazioni secondo accordi tra imprese con o senza la partecipazione (illecita) dei funzionari.

A questa grave e diffusissima distorsione c’è un rimedio immediato, adottabile con un provvedimento amministrativo. Una sola breve digressione, prima di spiegarlo. Nelle gare internazionali («tender») il sistema è il seguente: massimo ribasso con garanzia totale sull’opera. Perciò chi può garantire 100, potrà appaltare un’opera del valore di 100.

In Italia, invece, la garanzia è parziale, limitata, più o meno al valore di uno stato di avanzamento (tra il 10 e il 20%). In questo modo un’azienda nazionale che può garantire 100, può prendere, per esempio, 10 lavori da 100, garantendo il 10% di ciascuno.

Ecco quindi, il rimedio che suggeriamo a ministro e alle autorità: una semplice direttiva con la quale si dispone di affidare i lavori al miglior offerente che deve prestare garanzia sull’intero valore. Le armi di corrotti e corruttori sarebbero immediatamente spuntate. Una rivoluzione (copernicana) che colpirebbe, tra l’altro, il movimento cooperativo, sempre partecipe, a pieno titolo politico e imprenditoriale, delle spartizioni: unico modo immediato per fermare ogni illecito, in attesa dell’ennesima riforma.
domenico Cacopardo

Si!.. forse l'idea del consigliere Cacopardo potrebbe essere utile, ma di fatto, taglierebbe fuori una miriade di concorrenza non in grado di avere le potenzialità attraverso gli istituti di credito per garantire un tale costo fidejussorio. Una concorrenza in sé necessaria per la stessa qualità dell'opera. Inoltre, come tutti sappiamo bene, le banche sono spesso unite nell'interesse tra politica ed imprenditoria e se da un lato si potrebbe garantire una scrematura delle aziende ...da un altro... si garantirebbe solo il lavoro alle solite ditte legate in un modo o in un altro al potere economico e quindi anche politico dei Partiti al governo.
Al di là di tutto ciò, io credo sia necessario battersi più su una qualità di un risultato con un uso speciale di appalti che possano garantire la realizzazione del lavoro veloce e spedito oltre che di notevole pregio strutturale e tecnologico. Assurdo pensare che un'opera possa durare decine di anni..come resta abbastanza logico comprendere come negli stessi lunghi anni, si possano costruire artatamente perizie suppletive ed ulteriori rettifiche che.. aumentando notevolmente i costi dell'opera... possono assicurare ulteriori tangenti.

vincenzo cacopardo


Interessante appunto del consigliere Cacopardo



Fermarsi prima che sia troppo tardi
di domenico Cacopardo

Nei giorni scorsi, il governo ha approvato il decreto-legge Cultura presentato dal Ministro Franceschini. Il 31 maggio il decreto (n. 83), è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e, ora, è all’esame del Parlamento, che lo deve approvare, pena decadenza, entro 60 giorni. Il provvedimento è apprezzabile sotto diversi profili e, probabilmente, otterrà positivi risultati in tutto il sistema beni culturali, migliorandone la fruibilità da parte del grande pubblico italiano e straniero.
Tuttavia, anche alla luce di quanto accaduto a Venezia, presenta un serio problema, quando affronta, all’art. 2, la questione Pompei. A​gli affidamenti dei contratti in attuazione del Progetto Pompei, approvato dalla Commissione europea, si applicheranno una serie di disposizioni acceleratorie e di emergenza, che possono costituire il presupposto per il ripetersi dei fatti delittuosi accaduti, appunto, a Venezia, intorno al Mose, e a Milano, intorno all’Expo. 
Il direttore generale del progetto Pompei ottiene, infatti, poteri assoluti d’emergenza nell’affidamento e nell’esecuzione dei lavori, a eccezione di quelli relativi al protocollo di legalità di competenza della prefettura di Napoli. Sull’attendibilità delle procedure per le attestazioni di legalità, rimandiamo alle dichiarazioni dell’ultimo pentito di camorra, Antonio Iovine.
Al medesimo direttore, poi, è data la facoltà di aggiudicare un appalto anche se l'aggiudicatario non ha fornito in termini la prova del possesso dei requisiti dichiarati o confermato le proprie dichiarazioni. Qui, il ministero dei beni culturali ha dimenticato di inserire la norma che dirimerebbe ogni questione: chi concorre agli appalti di Pompei (in deroga a tutte le norme, a causa dell’emergenza) dovrebbe, insieme all’offerta, presentare una fidejussione bancaria a prima chiamata per il valore dell’intero appalto. In un mondo difficile come quello campano, un vincolo del genere avrebbe un senso moralizzante, escludendo tutti coloro che intendono speculare su Pompei. Certo, il fattore camorra, sempre presente dietro l’angolo, sarebbe ancora più scoraggiante del solito. Ma, se lo Stato intende risolvere la questione, deve garantire a chi opererà sul terreno la massima protezione da parte della Pubblica sicurezza, schierando tutti gli uomini necessari e, in mancanza, mettendo a presidio l’Esercito.
Il direttore del progetto potrà-dovrà sempre disporre l’esecuzione di urgenza dell’appalto, prevista dal Codice dei contratti pubblici, anche durante il termine dilatorio e quello di sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione del relativo contratto. Immaginate il contenzioso che nascerà intorno a questa immediatezza, e gli abusi che, sotto il suo ombrello, potranno essere consumati, soprattutto in assenza di una garanzia bancaria totale.
Ancora, in deroga alle norme in vigore la consegna dei lavori avviene immediatamente dopo la stipula del contratto con l'aggiudicatario.
Infine, le percentuali stabilite per le varianti (e suppletive) del progetto sono elevate al trenta per cento.
Qui ci fermiamo per chiedere al ministro Franceschini e al Parlamento di ripensare seriamente all’impianto del Grande progetto Pompei, sapendo che l’emergenza è il luogo in cui si sviluppano le corruzioni e che non è necessario mettersi in mano a funzionari e imprese senza solide garanzie legislative e fidejussioni adeguate. 
Prima che sia troppo tardi.

5 giu 2014

Una nota sul nuovo articolo di Domenico Cacopardo sul progetto Mose



Esplode il Mose
L’abbiamo ripetutamente scritto che la concessione pubblica per il Mose, affidata al Consorzio Venezia Nuova, ​aveva vari aspetti di opacità, sottolineando che era il caso che il ministro delle infrastrutture Lupi affrontasse il problema, disponendo una ​Ora, il coperchio sulla questione lunga trent’anni ​viene sollevato dalla magistratura.

Ricapitoliamo: trent’anni fa, lo Stato affida a un consorzio capeggiato dall’azienda pubblica Italstat tutto il procedimento per la realizzazione del sistema di difesa di Venezia dalle acque alte. Si tratta di porre in opera alcune paratoie mobili nelle tre bocche lagunari, in modo da impedire o, comunque, rallentare l’afflusso delle maree, mettendo in sicurezza la città. L’operazione è molto complessa, giacché, diminuendo il ricambio laguna-mare si accentuano i carichi inquinanti e si mette in pericolo la salute degli abitanti del capoluogo e della cosiddetta 

Consorzio, questo, cui compete la progettazione, la sperimentazione dei manufatti (oggetto di modelli matematici e fisici), la realizzazione delle opere preliminari e di quelle effettive, la cui dimensioni possono essere definite imponenti. Già nelle progettazioni le cose non cominciano a funzionare come si deve. All’origine, si stabilisce che la progettazione e gli studi siano effettuati a Venezia, allo scopo, innanzi tutto, di formare un gruppo di tecnici e una cultura utilizzabili in tutte le realtà sono assimilabili per problematiche e difficoltà alla laguna. Tuttavia, la società Technital, affidataria della progettazione pensa bene di realizzarla –formalmente- nella casa madre di Verona, ma, effettivamente, di subappaltarla a varie realtà anche milanesi, in alcuni casi create 

Strada facendo, il consorzio cambia pelle. Liquidata l’Italstat, la sua quota maggioritaria è suddivisa tra altri soci, talché, per un certo periodo, è l’Impregilo ad assumersi la direzione di tutta la struttura.

Insomma, quel presidio dell’interesse pubblico rappresentato da un’azienda di Stato, che legittimava –soprattutto politicamente- l’operazione, viene meno. Periodicamente, lo Stato elargisce i finanziamenti necessari, tanto che, ormai, i lavori sono prossimi al termine e alcune paratoie sono istallate. Il punto critico, a parte le questioni di cui si sta occupando la magistratura veneziana e di cui presto sapremo di più, è costituito dal sistema di controllo pubblico, di cui abbiamo detto all’inizio, dei costi e dei prezzi pagati.

L’ufficio statale incaricato della vigilanza sull’opera e della liquidazione degli stati di avanzamento è il Magistrato alle acque. Svuotato di competenza e di personale non è, ormai da un ventennio, nelle condizioni di onorare efficacemente l’incarico, per carenza di uomini e di professionalità. Quindi, in modo palese, sotto gli occhi di tutti, il Consorzio presta al proprio sorvegliante –inviandoli a lavorare negli uffici di Rialto- i tecnici e i contabili che debbono esaminare i documenti di spesa e liquidare i pagamenti. Il controllore si giova del controllato per esercitare il controllo: un pasticcio impensabile in qualsiasi altra realtà.

Il danno prodotto è incalcolabile, allo stato delle cose. Sia le progettazioni che i lavori sono stati pagati in modo che molti giudicano esagerato (e, in tale esagerazione, potrebbero essere state trovate le risorse per pagare tangenti, se tangenti sono state pagate): per questa ragione abbiamo proposto al ministro delle infrastrutture Lupi di dare il via alla già indicata 

Il momento è venuto perché un’operazione del genere, di natura squisitamente amministrativa, di supporto alle indagini dell’autorità giudiziaria, sia avviata. E, se il ministro non intende entrare nel merito, sia la procura della Repubblica ad affidarla a un soggetto idoneo di caratura, possibilmente, internazionale. Certo, gran parte dei soldi erogati, non sono recuperabili, per prescrizione, a meno che non siano frutto di reati di tale gravità da protrarre il diritto alla cosiddetta 

Detto questo, c’è da sottolineare che, al punto in cui siamo, le opere debbono essere terminate e Venezia deve essere messa in sicurezza. Lo strumento non può che essere quello esistente che, comunque, dispone di metri cubi di studi e di contratti. Per la tutela della finanza dello Stato e la regolarità futura, occorre un commissario che faccia piazza pulita, riveda i conti e prosegua l’opera: ci pensino i magistrati se non ci pensa il ministro.




Ci risiamo!..senza un commissariamento non si riesce ad andare avanti. Ogni opera di questo Paese sembra destinata a passare sotto gli occhi ed il controllo di un commissario.

Il progetto Mose è sicuramente un'opera da dover terminare. La sua peculiarità progettuale nella difesa della bella Venezia si esprime attraverso un geniale congegno che tende ad alzare le grandi paratie metalliche con un sistema acqua -aria.. creando una utile barriera a difesa delle maree più alte. Un progetto che nasce trenta anni fa e che ha visto una lentissima esecuzione dei lavori trasferendo nel suo iter, come afferma con competenza Domenico, quel presidio di interesse pubblico rappresentato da un’azienda di Stato.

Non c'è da meravigliarsi nel costatare l'incalcolabile danno economico dovuto dal lunghissimo tempo e dai cambiamenti improvvisi. Come può mai durare oltre trent'anni la costruzione di un'opera che tra l'altro sembra aver passato il suo iter burocratico delle procedure (comune-regione-commissione lavori pubblici-ambiente etc.) proprio in considerazione di una messa in sicurezza di una delle più belle città del nostro Paese?

Risulta ormai presumibile (in considerazione di una cattiva mentalità ormai radicalizzata) che chi vi opera per la progettazione e l'esecuzione possa approfittare dei lunghissimi tempi per occupare spazi di potere remunerati attraverso tangenti. Come in ogni grande opera che dura in eterno e che vede il ricambio di competenze..si aprono spazi per beneficiarne illegalmente .

Anche questa volta la magistratura (spesso vituperata ) dovrà indagare ed un nuovo commissario potrà rivedere i conti, ma quello che riesce difficile da capire è l'atteggiamento di una certa politica che rimane sempre assente in questi evidenti casi di propria competenza. Ogni qual volta che un nuovo ministro siede nella poltrona di riferimento non riesce mai ad approfondire, mettere chiarezza e risolvere le problematiche inerenti opere di simile portata ed importanza.

A che serve dunque amministrare..se non si ha l'accortezza di occuparsi con competenza delle attività inerenti il proprio dicastero? Di saper mettere in atto le soluzioni? Di poter contrastare preventivamente simili malefatte evitando di far intervenire la magistratura?

vincenzo cacopardo





4 giu 2014

La governabilità vince sulla democrazia per la mancanza di idee innovative


IL CONTINUO RESTAURO DI UNA POLITICA FALLIMENTARE 
di vincenzo cacopardo
La politica continua a muoversi in modo eccentrico..dando solo l'impressione di migliorare un percorso istituzionale, ma riuscendo invano a svecchiare il sistema. Chi ama veramente la politica non scorge ancora la costruzione di un sistema che.. per logica democratica.. dovrebbe essere spinto dal basso. I problemi sembrano sempre gli stessi e cioè.. quelli di aggiustare i vecchi ingranaggi corrosi... dimenticando di ricercare un innovativo valido funzionamento.

L’epicentro dell'interesse pare concentrato pedissequamente sul rafforzamento di un governo e della maniera per poterlo rendere forte, ma mai.. quello di fornirgli un sostegno necessario alla base. Non si vuole ancora vedere la governabilità come una funzione separata, se pur contestualmente inerente, da ogni processo di ricerca di un programma, e si continua a concepirla ed imporla come ideatrice stessa di un progetto: un esecutivo dovrebbe distinguersi per eseguire.. poiché chi amministra non è detto possa avere quella forma mentale libera ed utile per la ricerca delle indispensabili idee per i programmi. Così facendo...si è definitivamente arrestata la ricerca di un percorso democratico che riesca ad offrire al cittadino un vero diritto al programma.

Non si può trascurare la evidente dicotomia che scaturisce in un sistema come il nostro, che per Costituzione rimane di principio Parlamentare....un sistema che conduce spesso al sorgere di contrasti e contraddizioni le quali, non favoriscono lo sviluppo naturale di una vera politica costruttiva. Quella simbiosi politica affidata ai poteri si è persa... poiché si è ormai succubi della mancanza di valori fondamentali del tutto svaniti:- Non è tanto importante il bicameralismo o il monocameralismo… quanto la funzione che queste Camere devono esprimere, non la determinazione del numero dei parlamentari..quanto il loro ruolo. Proporre di dividere i compiti delle Camere è più che giusto, ma si dovrebbe poter vedere in una logica più definita delle stesse competenze che i Parlamentari devono esprimere...ossia: Una divisione dei ruoli che definisca con chiarezza un risultato più utile, senza quei continui compromessi che scaturiscono dalla evidente sovrapposizione delle funzioni.

I soloni della politica di oggi che non mancano in un’opera risibile di restauro del vecchio sistema, non riescono sicuramente ad intuire e cogliere l’importanza di un cambiamento che deve potersi ricercare attraverso una visione al di fuori degli schemi del sistema attuale: Quello che oggi dovrebbe identificarsi come un percorso innovativo costruito su nuove idee non condizionate dalle strade del vecchio sistema.

La politica non muove più passi in avanti proprio per la mancanza di una ricerca di vera innovazione... Un nuovo percorso che possa veramente essere utile al funzionamento delle stesse istituzioni. 
Nei talk televisivi non si fa che sentire la solita cantilena sui tagli e sui costi, ma in concreto nessun politico riesce ad esprimere una nuova visione della politica con una forma mentis rivoluzionaria ed attraverso la ricerca di nuove formule, lasciando, invece, le istituzioni in continue controproducenti anomalie.

Non si percepisce (o..forse non si vuole) l'importanza prioritaria di riformare i Partiti... come nemmeno quella di abbattere definitivamente quel conflitto degenerato tra il potere parlamentare e quello governativo. Si procede come treni con un paraocchi che non permette di vedere oltre... ed in questa strada.. ci si aggrega ai sistemi tradizionali dell'apparente paradigma democratico che in realtà appare  ipocrita...e guidato costantemente dalle potenti elitè.

...E così..si arriva diretti verso una legge elettorale che taglierà definitivamente ogni dialogo con la base dando vantaggi ai monolitici modelli biparte che tolgono qualunque qualità alla logica funzionale di un utile modello di democrazia.





31 mag 2014

Una nota al pensiero del professore Marcello Foa

Così Marcello Foa a proposito delle recenti elezioni europee


1) Renzi? Agli italiani piace l’affabulatore (o se, preferite, lo spin funziona). Continuo a non cambiare giudizio su Renzi: né il politico, né l’uomo mi convincono. La sua grande, innata dote è quella dell’affabulatore. Grande parlantina, faccia tosta, ambizione sfrenata. “Il bomba” lo chiamavano da bambino, nel senso di quello che le spara grosse pur di impressionare, e “bomba” è rimasto. L’uomo è intelligente e conosce la potenza dello spin. Ne ha fatto ampio uso, imitando soprattutto Tony Blair e in parte anche Silvio Berlusconi. E ha funzionato: il leader che non ha ancora dimostrato nulla e che non riesce a mantenere le promesse, è riuscito a vincere puntando tutto sull’immagine e sulla gestione delle emozioni e delle percezioni. Il suo è un successo, per quanto talentuoso, soprattutto scientifico, frutto di un’attenta programmazione. Lo spin funziona anche con gli italiani, che nella vita quotidiana sanno essere scaltri, diffidenti, brillanti, furbi; gente a cui è difficile darla a bere, ma che, in politica, mostrano un debole per i parlatori immaginifici con stridente eppur emblematica ingenuità. Si fanno incantare, poi, di solito, se ne pentono. E ci ricascano. Sarà così anche per Renzi?
2) Leader forte = uguale opposizione vincente Negli altri Paesi i veri vincitori di queste elezioni sono Nigel Farage e Marine Le Pen. Che cosa li accomuna? Senza dubbio un lungo percorso politico, che ha forgiato il carattere e la resistenza, ma soprattutto la capacità di presentarsi come leader credibili, maturi, dalle opinioni forti, taglienti ma accettabili per un pubblico moderato. Quando Farage va in televisione in giacca e cravatta, lo spettatore della classe media non lo identifica come un estremista antisistema ma pensa “E’ un uomo perbene, coraggioso, é uno di noi”. Marine Le Pen è riuscita a distanziarsi dall’oltranzismo xenofobo con scivolate razziste del padre Jean-Marie Le Pen, e oggi parla come una vera gollista ovvero facendo appello non tanto alla cacciata del diverso, quanto alla difesa di valori profondamente radicati nella cultura francese e gli elettori non si sentono in colpa se votano per lei.
Tutto il contrario di Beppe Grillo, che ha fallito proprio perché è e continua ad essere il leader degli arrabbiati, degli esclusi, degli antisistema. Il suo errore più grave è stato quello di illudersi che sarebbe bastato andare in televisione per conquistare anche il pubblico moderato, ma le sue sparate (vedi le minacce di processi pubblici) e performance poco brillanti come quella da Vespa hanno generato l’effetto boomerang, accentuando la distanza anziché raccorciarla. Sia chiaro: il 20% dei voti resta un risultato enorme, ma è evidente che, in assenza di un salto di qualità politico e di immagine, il Movimento 5 stelle continuerà ad essere un movimento di rottura, anziché di governo. Grillo non è Farage. E si vede.
3) Nasce una coscienza anti euro . Significativo è il successo della Lega Nord in Italia e di Alternative für Deutschland nonché di tante liste contrarie alla moneta unica in molti Paesi piccoli e medi. Il loro successo è solo in parte carismatico e per questo molto solido: cresce in tutta Europa la convinzione che la moneta unica rappresenti il problema numero uno dell’Europa, per i danni evidenti che ha provocato all’economia e alla società e per l’ipoteca su un futuro che appare sempre più gramo, senza speranza.

4) Già, perché l’exploit dei diversi movimenti euroscettici erode ma di fatto non sradica lo strapotere del Popolari e dei Socialisti, che pur arrivando sovente secondi o terzi, riescono a mantenere, assieme, una solida maggioranza. Dunque, a fini pratici, per quel poco che conta l’Europarlamento, cambia poco. L’establishment comandava prima e comanda anche adesso. Solo dovrà spendersi di più per avere la meglio di un’opposizione euroscettica, che avrà la forza e la voce per farsi sentire a Bruxelles. E questo in un’ Unione europea in costante “deficit democratico” (ovvero che non è stata costruita sul consenso popolare ed è gestita con criteri bizantini) non è certo negativo. Non risolve, ma aiuta.

Questi quattro punti espressi dal professore e giornalista.. mettono in evidenza le figure politiche predominanti che hanno indotto poco più del 50% della popolazione italiana al voto. Non posso che condividere i molti punti di vista circa la personalità ed il loro modo di esprimersi in politica sostenuti dal professore sui due principali avversari Renzi e Grillo.
Per quanto riguarda il Premier ci si è basati sulla gestione delle emozioni e delle percezioni.. una forza innata attraverso la quale Renzi riesce... anche in considerazione di non avere più avversari seri che possano contrastarlo all'interno del sistema.
..Riguardo a Grillo, descritto come un arrabbiato, manca sicuramente quel salto di qualità politica messo in evidenza da Foa: conquistare un consenso moderato sarebbe stato utile..sebbene io sia convinto che una gran parte di coloro che vi avrebbero voluto votare ...hanno poi deciso di disertare le urne. D'altronde  il Movimento 5S ha portato a casa oltre il 21% e ..nel bene o nel male.. questi milioni di voti si debbono sempre a Grillo!
Ma ciò che si sta mettendo in luce in questi giorni successivi alle elezioni che hanno visto attacchi in seno al Movimento..ed i contrasti susseguenti su Grillo..non possono che essere il risultato di una scelta fin troppo approssimativa operata dallo stesso comico sui parlamentari. Un risultato logico che prima o poi si sarebbe messo in luce: E' stupido credere di poter portare avanti un modello nuovo di democrazia senza conoscere bene il pensiero e la cultura di chi deve opere per il detto cambiamento...In questa considerazione di metodo vi sta racchiuso il principale ostacolo al percorso donchisciottesco grillino.e del suo Sancio Pansa Casaleggio
Quanto allo strapotere dei Popolari e dei Socialisti, come giustamente afferma Foa, riusciranno a mantenere, assieme, una solida maggioranza, ma dovranno sicuramente ridimensionare il loro tono in considerazione delle molteplici presenze euroscettiche in parlamento. La sostanza rimane però sempre la solita e guidata dai poteri forti dell'economia... simile a quella che promuove la politica del nostro stesso Paese: si accredita sempre di più una governabilità guidata dall'alto.. e si continua a penalizzare un già esistente “deficit democratico”
vincenzo cacopardo

29 mag 2014

Breve riflessione sul nuovo commento del consigliere Cacopardo

È difficile immaginare una congiuntura più favorevole per il rilancio del processo di integrazione europea: il successo dei partiti populisti e antieuropei, particolarmente significativo in Francia e nel Regno Unito, potrebbe spingere i leader dei paesi associati a pigiare l’acceleratore in cerca di un nuovo assetto politico del pachiderma di Bruxelles. Un’Unione consapevole dei problemi provocati da una burocrazia ottusa, capace di approvare il regolamento sul calibro delle zucchine e di dimenticare nel cassetto qualsiasi iniziativa per il rilancio dell’economia.
Molti, e io fra questi, rimpiangono Delors e il suo piano di investimenti in infrastrutture del valore di 300 miliardi di dollari (anni ’80), caduto per le concorrenti opposizioni tedesca e inglese.
Oggi, nonostante Angela Merkel, ci vuole qualcosa del genere: uno choc di investimenti capace di mobilitare migliaia di aziende e milioni di lavoratori in un’opera di ammodernamento delle strutture fisiche e informatiche e di produrre stabili effetti di ripresa sostanziale per un futuro non remoto. Si è autorevolmente indicata in 1000 miliardi di euro la somma necessaria.
Non sarà facile, finché il cosiddetto rigore la farà da padrone.
Paradossalmente l’orologio della Storia (quello malamente invocato da Mussolini il 10 giugno 1940) suona un’altra volta per noi: emarginati dal concerto dei grandi, considerati la pecora nera dell’Unione, oggi, dopo l’irruzione di Matteo Renzi, torniamo a essere cruciali, così come non eravamo mai stati, nemmeno nei tempi più mitici.
Il futuro europeo non è nelle mani di Hollande, un leader senza leadership, colpito a morte dai propri errori, dalla propria insufficienza e da un’acritica adesione al mortifero presupposto di una grandeur da tempo dissoltasi. Non in quelle di Cameron, vittima –con tutto il suo Paese- di questo essere e non essere, un po’ europei un po’ antieuropei, dimenticando che nella vita e nella politica i principi fondamentali debbono essere onorati: e l’integrazione confligge solo con i residui di una mentalità imperiale che il West End ha da tempo abbandonato.
La Spagna seguirà l’Italia, non può fare altrimenti.
La Germania, alla fine, dovrà ragionare, dato che il suo destino è più legato all'Europa di quanto non si creda.
L’aspetto più convincente dell’evoluzione italiana è rappresentato dall’agenda imposta al Parlamento da Renzi: diversamente dal piccolo Monti e dal timido Letta, il premier ha guardato alle necessità nazionali, prima fra tutte quella di rimettere in moto la macchina abbandonando il bicameralismo perfetto e una regionalizzazione utile solo a chi intende sbarrare il passo a ogni iniziativa di interesse generale.
In questo modo, le attese degli italiani si sono risvegliate tanto da scommettere, con il voto, sul futuro.
Così dovrà essere trattato il dossier Europa, investendo il peso conquistato sulle questioni più urgenti per mettere in moto la macchina continentale, si tratti di economia, si tratti di istituzioni, si tratti di questioni sociali.
Il tutto si terrà solo se, nelle priorità, sarà inserito un deciso passo in avanti nell’integrazione: dal fisco alla giustizia, dalla difesa alla politica estera, meno chiacchiere più decisioni (a maggioranza) vincolanti, più azioni politiche mirate.
La palla è, in buona parte, nelle mani del primo ministro più giovane della compagnia.
Se saprà spendere il tesoro di credibilità di cui dispone, tempi migliori potranno venire presto, in un domani non indefinito.


Che dire?...Una giusta e puntuale analisi..possiamo quindi solo sperare!..
Nulla da aggiungere tranne che di ricordarsi dei valori territoriali di un mezzogiorno assai trascurato da tempo da una politica che spesso ha fatto cattivo uso dei fondi provenienti da Bruxelles a causa di una politica più dedita ai propri interessi che a saper leggere in lungimiranza l'importanza di investire in queste zone attraverso valide infrastrutture.
Un territorio dimenticato dai programmi del nuovo Premier che non sembra spendere mai una parola in favore delle opportunità di poter sanare il divario esistente... ed in realtà più dedito a mostrare un decisionismo su riforme istituzionali non condivisibili sul piano funzionale in favore di un positivo processo democratico.

Vogliamo sperare che possa esservi un suo deciso intervento nella prossima Commissione in favore dei territori del Sud..e che questo non si concentri esclusivamente in favore di inutili investimenti, ma che sia supportato da riscontri funzionali ed utili per lo stesso territorio facendo intendere all'Europa stessa l'importanza di una ricrescita dei territori meridionali attraverso una agevolazione delle loro risorse naturali.  
vincenzo cacopardo 

27 mag 2014

Un commento alla critica di Domenico Cacopardo..

C’è un solo vero sconfitto nelle elezioni di domenica e si chiama Grillo. Non solo perché è passato dal 25,5% del 2013 al 21,15 di oggi, ma soprattutto perché gli italiani hanno dimostrato, nella stragrande maggioranza, di non dargli credito. La sua esagitata rappresentazione dell’Italia, le sue smargiassate («Siamo al 90%»), le sue minacce (i processi online e la marcia su Roma) si sono rivelati quello che erano: manifestazioni fascistoidi venate di schizofrenia (la sindrome di chi confonde le proprie ubbìe con la realtà). Anche le pagliacciate messe in scena alla Camera e al Senato sono state controproducenti: dietro le scene disgustose non c’erano idee, visione etica e, tantomeno, politica. Ora prepariamoci a una lunga agonia del movimento (che, a Parma, patria del primo sindaco grillino si ferma al 19,2%): poiché esso, prima di tutto, consiste in un business del duo Grillo&Casaleggio (uno titolare del blog su cui lucra per i contatti, l’altro consulente privilegiato), sarà tenuto in vita finché il conto economico darà utili in disprezzatissimi ma fruscianti euro. Per quanto riguarda la politica, i grillini avranno poco da dire. I più furbi, alla Di Maio, prima o dopo cercheranno una collocazione che garantisca un qualche futuro.
Il centro-destra migliora, nonostante tutto, i risultati del 2013: aveva avuto il 25,6% (21,6 Pdl, 4,1 Lega Nord) e oggi, sommando i componenti della diaspora, è al 27,24. Un risultato di stabilità. In esso, perde, ma non tanto, Berlusconi. Si salva Alfano che, superata la soglia, può guardare con serenità al futuro della legislatura, contando sul consolidamento dell’azione di governo e sull’ulteriore logoramento del leader vecchio e stanco.
Il vincitore Renzi conquista un risultato storico: mai la sinistra aveva raggiunto una simile percentuale che legittima il giovanissimo premier a governare il partito e il Paese. Paradossalmente, c’è un solo nemico in agguato ed è proprio lui medesimo, incapace –sino a ora- di andare oltre una squadra di fedelissimi senza spessore, e, quindi, in balia delle ventate delle congiunture internazionale e domestica.
Il 25 maggio 2014 si colloca nella storia d’Italia come il 18 aprile 1948: gli italiani oggi hanno votato contro il pericolo sfascista Grillo; allora contro il pericolo rosso, socialcomunista. Anche questa volta, la scelta è stata moderata. Un Pd con poca sinistra molto aperto ai ceti produttivi e al centro. Questo, infatti, dimostra il Pd al 41%: che gli elettori lo hanno percepito come il partito della ragionevolezza, del ridimensionamento del sindacato a partire dalla Cgil, dell’archiviazione degli eredi del Pci (e dei residui di centralismo democratico), dell’Europa sostenibile, del rilancio economico.
Tutte attese che non possono andare deluse: la verve comunicazionale di Renzi nei prossimi mesi non basterà più. E, ora che è forte di questa investitura elettorale grande come mai in passato, deve compiere il salto di qualità, coinvolgendo chi conosce il gioco (delle riforme) e lo può condurre sino in fondo.
Nell’interesse del Paese, troppo spesso piegato negli ultimi vent’anni agli interessi dei singoli.
domenico cacopardo



La forte critica del cugino Domenico, se pur impeccabile, per certi versi... rimane fin troppo esagerata, poichè non tiene conto dell'aspetto positivo che Grillo ha avuto in favore di una politica che diretta a prendere maggior coscienza sui forti compromessi, sulle continue anomalie e le procedure che fino all'ingresso del movimento 5S non si era mai messa in risalto in politica.
Insomma..se pur consapevoli di una fin troppo calda partecipazione ed un modo di esprimere l' antisistemico pensiero attraverso manifestazioni esagerate che potrebbero spronare ad una certa violenza, si deve pur riconoscere l'importanza che la loro politica ha avuto  nel ruolo di una opposizione che ha limitato il campo alle equivoche posizioni delle due prevalenti forze in campo.
Ho scritto abbondantemente circa il loro metodo alquanto approssimativo ed assoluto di affrontare i temi della politica... come non ho mai risparmiato alcuna frecciata nei confronti di Grillo e l'inquietante figura di Casaleggio per ciò che riguarda il metodo della edificazione del loro movimento estremo ed autarchico, ma non riesco a comprendere, se non per ragioni di interesse personale e di una mentalità fin troppo aderente al vecchio sistema, come si possa non individuarvi un punto positivo su un operato che in questi ultimi anni ha contrastato una politica intrisa di inciuci e compromessi tra figure antiche mai disponibili ad un vero cambiamento.
Sarebbe mai venuta fuori una nuova classe politica?..sarebbero mai cambiate alcune fondamentali logiche?..Sarebbe mai venuta fuori la stessa figura di  Renzi?...ed infine..si sarebbe mai potuta arginare la reazione violenta di un pericoloso estremismo delle piazze? Queste sono le domande da porsi prima di criticare con troppa ostinazione ogni operato do Grillo ed il suo Movimento.
Bisogna anche comprendere che Beppe Grillo non può sempre essere preso alla lettera... avendo in sè una innata capacità espressiva di mistificazione e di ironia nei confronti del sistema: se può sbagliare nella speranza di voler costruire una fantasiosa democrazia diretta attraverso i computers e la svariate operazioni virtuali connesse...operando con sintesi attraverso figure inventate sul momento, non si sbaglia certamente per quello che rappresenta il suo attacco ad un sistema costruito sull'ipocrisia e sui scarsi metodi che barattano con estrema semplicità una vera funzione di democrazia....A vote esagera...altre si evidenziano fin troppo colorite le questioni riguardanti i principi etici...ma in questo pensiero..persino Matteo Renzi ha finito col seguirlo.
Occorre non dimenticate che senza il Movimento 5S, che ha rappresentato l'unica vera opposizione in questi ultimi tempi, non si sarebbe mai messa in moto un'azione di rinascita della politica. Un cambiamento che oggi vede alla ribalta Matteo Renzi come l'unico profeta dei tanti che ancora si illudono che la politica possa risolversi attraverso un'unica figura predominante.
Sembriamo tutti costretti a sperare nella figura di Renzi, ma non possiamo non tener conto dell'importanza di una opposizione che necessita al fine di rendere lo stesso cammino del Premier un percorso più controllato ed utile.

vincenzo cacopardo  





26 mag 2014

europee--risultati e sorprese...

di Vincenzo Cacopardo 
Vince il PD..anzi vince Renzi ed i suoi 80 euro al mese! Adesso nessuno in seno al partito del sindaco d’Italia potrà permettersi di sbarrare il passo al suo ambizioso disegno di riforme. Il popolo ha di nuovo deciso per la governabilità: -PD al 40%..M5S ridimensionato di 2 0 3 punti..trionfo della Lega al 7… e soprattutto sconfitta di un nuovo Partito le cui attese nei consensi erano altre…NCD appena poco sopra il 4.
Ma queste votazioni sono state marcate da un astensionismo notevole di oltre il 50% che in Sicilia è arrivato quasi al 60%...non favorendo il voto antisistema di Grillo. Per Forza Italia una debacle!.. e quasi certamente i suoi 5 punti previsti in più, in aggiunta a quei 4 in più attesi dal Partito di Alfano, potrebbero essere confluiti nel partito di Renzi: 8..o 9 punti in più che hanno portato Renzi ad un successo inaspettato.
Trionfando in tal modo il Premier italiano entra nel semestre europeo a capo della Commissione con una personale forza politica ineguale che nel passato, potendo dialogare con la Merkel su un piano diverso. Inoltre resta ancora poco chiaro l’assetto parlamentare europeo in un quadro che non evidenzia una governabilità certa se non attraverso patti ed intese che non possono che lasciare dubbi su ambigui compromessi: Il PPE perde..il PSE tiene bene..ma aumentano di sicuro le forze dei piccoli gruppi che in Francia, in Inghilterra..come in Spagna ed in Italia.. manifestano un richiamo popolare di evidente stampo antieuropeo.
Quello che risulta chiaro è che il voto sulle politiche tanto declamato dal M5stelle.. per adesso sarà accantonato poiché in questo momento Renzi assaporerà la sua vittoria ponendola come forza sia all’interno del suo Partito.. che per l’importante ruolo che assumerà nel semestre europeo ormai alle porte. Indubbio che Renzi potrebbe anche farsi forte del momento per desiderare di andare al voto politico per le nazionali..ma sarebbe fin troppo avventuroso spingersi oltre in questo preciso momento.. consapevoli di non dover chiedere troppo.


Adesso il Premier ha titoli diversi per potersi imporre sul cambiamento.
A parer mio.. le riforme da lui volute per il nostro Paese manifesteranno una chiusura netta verso un sistema più democratico…ma se il cittadino ama essere governato in tal modo dall’alto.. ciò significa che preferisce dimenticare ogni vera logica democratica in favore di una governabilità sicura e di allettanti offerte come gli 80 euro mensili in più.
Il nuovo sindaco d’Italia deve comunque stare all’erta non chiedendo troppo a se stesso, poiché le difficoltà di questo nostro Paese sono tante… spesso nascoste ed impervie. Il suo successo, oltre ad essere costruito nella sua figura… potrebbe nascondere le tante paure di molti cittadini rivolte alla voce del suo avversario politico Grillo di cui ancora poco ci si fida!



25 mag 2014

Aspettando l'esito delle elezioni....


TRA MERITO E METODI PREVALE LO SCONTENTO
di vincenzo cacopardo


Si va a votare per le europee pur consapevoli che non potranno avere un effetto deliberativo sul governo del nostro Paese, ma che potranno sicuramente condizionarlo nella sua operatività. 
Se per quanto riguarda il premier Renzi si potrebbe non essere d'accordo sul merito delle riforme, per quanto riguarda il suo temibile avversario Beppe Grillo.. si è certi di non esserlo su alcuni principi di metodo,... ma si rimane consapevoli che lo scontento attraverso un forte astensionismo prevarrà... sopraffatto da una incertezza mai cosi evidente.
Grillo cavalca la rabbia e la voglia di un cambiamento totale del sistema politico e Renzi vorrebbe offrire un barlume di speranza attraverso un decisionismo fin troppo ostentato ed una evidente ambizione.. rimanendo in parte.. legato ad un sistema.

Non sembra giusto prendere alcuna posizione in proposito ma solo far notare quanto l’uno si ritrovi determinato con lo stesso assolutismo dell’altro..Se Grillo, nella sua opera di cambiamento, pare tirarsi indietro da ogni responsabilità governativa, Renzi pretende di cambiare il Paese con la forza di un decisionismo illimitato. Grillo non dimostra superbia, ma timore unito a programmi spesso demagogici, Renzi, al contrario, finisce col dimostrarsi privo di umiltà, con progetti più fattibili e sempre più populisti, ma senza un utile riscontro con una politica più funzionale.
Tutte le riforme del nuovo sindaco d’Italia sono studiate ad arte per chiudere definitivamente la strada ad una politica più libera nel pensiero e questo.. proprio per salvaguardare una governabilità sicura. Mentre Grillo, pur nella visibile volontà di voler mutare un sistema politico marcio... predicando in favore una fantasiosa democrazia diretta, non sembra dimostrare le dovute capacità governative..

Ambedue non lavorano per una ricerca appropriata verso un equilibrio che possa riscontrare ulteriori formule…e questo oggi…dovrebbe accendere il pensiero dei tanti che guardano alla politica in senso più logico e funzionale non privo di una necessaria dose di umiltà: Cambiare è più che necessario, ma cambiare in peggio od in modo illogico, potrebbe arrecare maggior danno al processo di crescita dell’intero Paese.
Una cosa sembra certa: In un modo o in un altro Renzi dovrà affrontare il semestre alla Commissione europea e se Grillo prenderà il 30% dei voti staccandosi di pochi punti dal suo partito rivale PD, porrà dei problemi nell' operato del Premier rispetto alle figure della politica europea e soprattutto per le prossime elezioni nazionali delle quali lo stesso Capo dello Stato non potrà non tener conto.
Si va dunque ad un voto che sull'immediato potrà cambiare poco, ma che condizionerà certamente il futuro assetto della nostra politica Nazionale   
       

24 mag 2014

la posta di Paolo Speciale

La Giovine Europa
di paolo Speciale

Da ben trentaquattro anni l'Europa si ritrova periodicamente a rivivere il proprio evento comunitario fondante: quello cioè del contemporaneo suffragio per la democratica costituzione di un consesso che, seppur in nome di un'unità continentale fondata solo in parte su comparabili tradizioni storiche e culturali, ha progressivamente sviluppato la propria funzione legislativa vincolante accanto a quella consultiva, a sua volta speculare ed ordinata a quella esecutiva esercitata dalla collegialità dei ministri degli stati membri.
Inutile è negare che il processo storico correlato non sia stato e non sia tuttora esente da limiti e storture strategico-politiche di matrice nazionalista, che hanno non solo rallentato il compimento del già complesso progetto di graduale unificazione, almeno nella accezione di tale termine riferita alla tutela dei più “scontati” interessi economico-territoriali.
E tuttavia anche se dal 1980 sono ormai passati parecchi anni, forse essi tali non sono se si considera la improvvisa accelerazione nel cammino della integrazione– elemento dissonante rispetto ai ritmi mediamente determinatisi – culminata nel 2002 con l'avvento della moneta unica.
Di qui e cosicché viviamo – male -il cocente paradosso che nasce dalla constatazione di una eguaglianza comunitaria fittizia in quanto non seriamente riferibile al numero degli eletti di ciascuno stato membro quanto, più obiettivamente, al valore attribuito al prodotto interno lordo di ciascuno di essi. Di qui ancora: l'unica – e solo auspicata da alcuni - “livella”  tra i costituenti rappresentata dall'euro diviene così l'esatto contrario, cioè elemento discriminante. 
Ecco allora il generarsi del dannoso e destabilizzante ruolo egemone di paesi che, già forti di una pregressa, oculata e più virtuosa gestione della loro economia interna hanno anteposto, alla inesorabile e prematura corsa alla moneta unica, la lungimirante e precauzionale necessità di operare una congrua valorizzazione della moneta da dismettere rispetto a quella da adottare. La crisi economica ha fatto il resto.
E' tristemente tutta italiana poi la commedia recitata da alcune formazioni politiche, che pur non disdegnando di conquistare seggi a Strasburgo, proclamano l'uscita dall'euro, in un contesto di tragicomica ed inquietante incoerenza intellettuale, che uccide ogni logica in favore della diffusione di pura propaganda di pessimo ordine, non prologo di dittature come molti sostengono, ma solo eloquente vessillo di vacuità concettuale, che toglie fascino alla nobilissima arte della condivisione di ideali nei quali la tutela della migliore qualità della vita dell'uomo nella collettività - ma vogliamo qui dire nella Comunità Europea - può e deve essere prioritaria.
Oggi l'Europa è ancora "giovine", ma non solo: è anche immatura.

23 mag 2014

Nuovo articolo del Consigliere Cacopardo sulla politica internazionale

di domenico Cacopardo
Mentre a Mosca si festeggia l’accordo stipulato da Putin con il premier cinese Xi Jinping (è il settimo incontro tra i due), a New York, capitale economica degli Usa –e non solo- ci si leccano le ferite constatando il disastro totale della politica estera del presidente Obama. Ieri, Jane Perlez, corrispondente da Pechino del New York Times, dedicava la sua approfondita corrispondenza da Pechino proprio ai motivi di insoddisfazione verso l’America, presenti in Russia e in Cina.
In Asia, Obama sostiene il rafforzamento militare del Giappone, critica aspramente (e opera in conseguenza) l’attivismo militare di Pechino nel mare Cinese del Sud mentre combatte una dura battaglia cibernetica nella rete. Questa politica americana incide, prima di tutto, sugli equilibri interni del monolito comunista, nel quale Xi non può mostrarsi più debole dei suoi predecessori. E incide sui rapporti con il Giappone, il cui risveglio nazionalista è visto con preoccupazione anche a Seul -ed è tutto dire-. Ma, visti i precedenti nipponici non c’è da meravigliarsi più di tanto. Il medesimo scontro sui problemi della rete sarebbe più facilmente ricomponibile se si tornasse a ragionare in termini di utilità economico-finanziarie incrociate, come s’è fatto in passato e, sottobanco, anche oggi, visto che l’interscambio va bene e le aziende americane continuano a fare affari con le aziende cinesi.
Putin con questo vero e proprio strike (la boccia abbatte tutti i birilli) ha raggiunto una serie di risultati tattici (se diventeranno strategici lo diranno i prossimi tre/cinque anni).
Prima di tutto, ha dato uno sbocco alla crisi nella quale versa la Russia offrendo una prospettiva forte e sicura alla sua economia. Trent’anni di contratto a partire dal 2018; 38 miliardi di metricubi di gas l’anno per un prezzo complessivo di 400 miliardi di dollari; un gasdotto di 2.200 km di lunghezza (55 miliardi a carico della Russia, 22 a carico della Cina).
Intorno a questo asse principale si svilupperanno tutte le altre occasioni commerciali e industriali, che, dato l’avanzamento della Cina nelle nuove tecnologie, saranno di vitale importanza per i russi, costretti a dipendere sempre di meno dalla Germania e, nel nostro piccolo, dall’Italia.
Putin, però, ha ottenuto un risultato ancora più significativo per la propria leadership: ha dimostrato in modo inequivocabile il declino degli Stati Uniti e della Nato, la loro perdita di peso politico e militare. Dopo lo scontro delle scorse settimane intorno alla questione Ucraina, dopo le inutili e maldigerite (dall’Ue) sanzioni, la Russia cambia scacchiere e stipula una forte alleanza economica con la potenza del futuro, quella che ha ritmi –e soprattutto margini- di sviluppo inesauribili soprattutto nei settori ad alto valore aggiunto.
Il prossimo passo potrebbe essere una cooperazione spinta nei programmi spaziali, cui gli Stati Uniti credono scarsamente, ma che rappresentano un’occasione di crescita ulteriore delle tecnologie leggere, quelle di cui la Russia ha più necessità.
L’Europa e soprattutto la Germania sono sconfitte. La causa primaria è l’assenza (dell’Ue) dalla scena e l’insufficiente peso della potenza leader.
Sarà il nuovo quinquennio a stabilire se l’Unione ha una chance di diventare un’entità politica (una politica estera e una difesa) o rimarrà sostanzialmente un mercato comune: l’ibrido attuale è destinato a non reggere.
Dovrebbe averlo capito anche la signora Angela Merkel.