Non tutte le colpe appartengono alla Grecia...
Non credo che si tratti
solo di demagogia!... .Landini, ad esempio, spiega anche con motivi
validi alcune ragioni che non funzionano in seno al sistema. Sistema
nel quale.. persone come Domenico Cacopardo.. vi sono immersi anche con interessi remunerativi chiaramente comodi. Domenico sa bene che io
non parlo come uno di quegli estremisti invidiosi o come tante di quelle figure
populiste, poiché non amo la demagogia..tanto quanto odio
quella forma assolutista...disponendomi sempre verso la ricerca di un
equilibrio.
Non, dunque, per togliere i meriti
a Domenico come a tanti altri che si son fatti valere (ogni merito
deve essere dovutamente riconosciuto), ma la questione andrebbe
affrontata con maggiore profondità e senza dirigerla con tanta
freddezza nei confronti di un popolo come la Grecia che, sbagliando o
non sbagliando, deve oggi affrontare problematiche che riguardano la
sussistenza e, persino la vita, di tanti loro cittadini...Che si
dovrebbe fare?..farli morire di fame per colpa di quei principi
economici dei quali..poi..in tanti hanno abusato?
In riferimento poi al
nostro Paese..come non accorgersi che per la crescita cui fa
riferimento Domenico in chiusura del suo articolo, occorra ciò che
Renzi ha meno individuato e proposto..e cioè le idee e non.. l'usuale semplificazione.
Viviamo oggi in un
sistema che penalizza la ricerca delle idee in favore di un
pragmatico criterio di economia viziata e di una finanza speculativa
incontrollata da parte di un'Europa alquanto squilibrata nella sua
opera di costruzione. Ciò rappresenta oggi un freno alla innovazione
ed un difetto imperdonabile per l'equilibrio necessario di una
convivenza democratica...
Nel passato
Platone
criticava i Sofisti poiché il loro difetto fondamentale consisteva
nel fatto che si rifiutavano di procedere al di là delle apparenze e
perciò ne rimanevano prigionieri...Ma attenzione..l'aspetto più
interessante secondo la sua dottrina era quello secondo cui la nostra
anima, prima di calarsi nel corpo, è sempre vissuta nel mondo delle
idee, dove tra una vita e l’altra ha accresciuto la sua conoscenza.
Per lui "conoscere era come ricordare" in quanto noi
abbiamo conoscenze innate. Per non di meno, egli, dava alle idee
l’ulteriore significato di “valore”. Una caratteristica
particolare che nel senso odierno sarebbe simile ad “ideale” o
“principio morale”.
Al
di là di questi richiami filosofici che sanciscono comunque una
certa verità..il vero difetto è che, oggi lo spazio alle idee,
appare sempre più chiuso dall’inconscia paura di non determinare
alcun riscontro positivo rispetto ad un mondo che tende a muoversi
prevalentemente in direzione di severi principi razionali eliminando,
in via preventiva, qualunque incognita ideativa o presupposto
teorico. Proprio la politica, in questi ultimi
anni, ha determinato in prevalenza scelte radicali dettate da
posizioni pragmatiche tese alla costruzione di sistemi ristretti che
a loro volta comprimono le stesse idee.
L'analisi
di Domenico Cacopardo, malgrado la chiarezza e la capacità
espositiva, rimane quasi sempre bloccata da questa visione: Una
interpretazione meno profonda in termini di equità sociale....
viziata inoltre da un “modus pensandi” troppo compreso in una
percezione temporale di un sistema che alla base rimane malato e
scorretto proprio in termini di equilibrio...Ciò ha contribuito a
determinare in tanti come lui.. un comodo adattamento..ed una “forma mentis”
dalla quale pare difficile sganciarsi.
vincenzo
cacopardo
Il
futuro della Grecia è importante ma non determinante per l’Unione
europea e per l’Italia. Certo, se il Paese che è erede di coloro
che hanno fondato la civiltà occidentale, dalla filosofia, alla
letteratura, alla matematica, uscirà dall’Europa, si tratterà di
uno smacco generale, i cui costi, però sono serenamente sopportabili
da Bruxelles e dalle altre capitali.
In
fondo, se la situazione precipiterà come molti indizi lasciano
immaginare, i benefici saranno maggiori dei costi.
Si
dimostrerà, infatti, che la finanza allegra e creativa, gli slogan
di una vecchia sinistra incapace d’essere al passo con i tempi, le
invenzioni senza sostanza di Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis non
hanno alcuna possibilità di successo. La demagogia non risolve i
problemi.
Senza
scendere nel merito delle volgarità del ministro della difesa di
Atene Panos Kammenos, leader dei Greci Indipendenti, un
partito di destra nato dalla scissione di Nea Democratia, che ha
minacciato la consegna di documenti comunitari a esponenti dell’Isis
e ad altri terroristi in modo che possano raggiungere legalmente e
facilmente Berlino, occorre porsi un problema generale che riguarda
anche noi italiani.
È
possibile una via diversa da quella costruitasi nel Continente dalla
fondazione, il 23 luglio 1952, della Ceca, la Comunità Carbone e
Acciaio? Una via, cioè, che permetta alle cicale di sperperare
lasciando i conti da pagare ai cittadini dei paesi virtuosi, con
l’economia in ordine?
La
risposta è, con tutta evidenza, che non è possibile, ma occorre
aggiungere altro: che l’Unione europea nasce e si sviluppa per
libera adesione degli stati secondo un progetto politico-economico di
tipo liberista, nel quale la competitività di sistema è il primo e
imprescindibile presupposto dell’esistenza dell’Unione medesima.
E i conti in ordine sono l’altro fondamento del binomio, quello sul
quale si costruisce un soggetto vivo e vitale, capace di una forza
economico-finanziaria mai vista prima.
In
questi giorni, in queste ore, si arriverà a una decisione:
constatato che le ricette del governo greco non esistono e, se
esistono, sono annunciate per sviare l’attenzione dell’Unione e
della Bce dalle questioni che lasciano irrisolte, vista la
sospensione degli aiuti finanziari previsti per marzo, non resta che
riaffermare i termini del risanamento e delle riforme che spettano ad
Atene, sapendo che, in mancanza, da domani le casse dello Stato non
saranno più in grado di pagare stipendi, pensioni, tutto ciò che,
insomma, allo Stato compete.
Probabilmente,
il fallimento della Grecia (del resto, con grande senso di
irresponsabilità, proprio il ministro dell’economia Varoufakis
continua ad affermare che, tecnicamente lo Stato ellenico è già in
«default»), se e quando sarà annunciato (col ritorno alla dracma:
sarà da vedere chi accetterà la nuova moneta), avrà un grande
effetto didattico, nel senso che dimostrerà a tutti gli europei
quali sciagure può produrre l’adozione di una via divergente da
quella dell’Unione, e quali benefici, nonostante tutto ciò che si
dice in giro, produce esserci dentro.
Una
situazione, quella greca, che dovrebbe essere seguita con spasmodica
attenzione dall’Italia. Non tanto dagli sbandati di Sel,
incoscienti seguaci di Tsipras, e da qualche rimanenza radicale alla
Landini, quanto da tutti gli altri, quelli che seguono la campagna
agitatoria di Grillo e Salvini, accomunati dal verbo antieuropeo e da
un evidente razzismo.
E
dal governo, a partire da Matteo Renzi: per ora le parole prevalgono
sui fatti, che, tuttavia, sono molti di più di quanto non fossimo
abituati a vedere. Ciò che non appare è che, accanto ad alcune
riforme, sostanzialmente giuste, debbono essere ancora affrontati
alcuni nodi cruciali: prima di tutto quello delle posizioni
parassitarie delle burocrazie statali, regionali e comunali, che,
dalla politica di «austerity» all’italiana non hanno subito
l’imposizione di alcun concreto sacrificio. Le società pubbliche
sono sempre le stesse in numero e in sprechi. La «spending review»
è lì dove l’ha lasciata Carlo Cottarelli, bloccata dal realismo
di Renzi che non se l’è sentita di mettere le dita negli occhi del
corpaccione burocratico che ha trovato riferimento politico nel Pd.
Se c’è una spiegazione razionale e accettabile di questa inerzia è
solo quella dell’attesa della semplificazione del ruolo del
Parlamento con l’ormai prossima introduzione del monocameralismo.
Ma
non basta una spiegazione. Occorre l’azione continua e forte perché
il Paese si scrolli dalle spalle l’enorme peso che ancora ne
impedisce la ripresa. In esso conta molto il pianeta giustizia, quel
pianeta che ci mette 7 anni per stabilire la riscossione di un
credito che altrove trova soddisfazione giudiziaria in meno di sei
mesi.
La
Grecia fuori, l’Italia dentro ma con tante cose cruciali da fare.
Domenico
Cacopardo