8 mar 2014

Perché Renzi non può essere politicamente credibile



di vincenzo cacopardo
Quando si nutrono dei dubbi su Matteo Renzi, non è detto che questi siano supportati da un capriccio, né da un cinismo o da una invidia verso la sua figura che in realtà merita rispetto da parte di tutti i cittadini. La mia considerazione riguardo al personaggio rimane prevalentemente di carattere politico ed a riguardo.. i dubbi sono supportati da una serie di peculiarità che definiscono il suo pensiero nei confronti di ciò che deve intendersi per politica. 
Sono dubbi su una sua visione assai pragmatica del modo di esprimere la politica, motivi che lo tengono incatenato ad una forma mentis fin troppo legata al vecchio modo di interpretarla e che non rispondono in pieno ad un sistema di democrazia. Una democrazia vista solo dall’alto.. che privilegiando un’azione di governabilità, ingabbiano il pensiero e l’opera di ideazione di una più libera politica. Un dubbio inoltre può sostenersi da parte di chi, come lui, tende ad ostentare ed inseguire un sistema rigido come il bipolarismo.. proprio per mettere a tacere le tante voci libere della politica. La poca sensibilità politica.. compressa dalla sua innata capacità dialettica..non fanno di lui un vero politico, ma solo un uomo di comando, un amministratore di cui.. ancora non è dato comprenderne le capacità.   
L’incedere determinato..rende ancora più discutibile il suo percorso che si basa su una comunicazione spinta ed accesa in favore di un certo ottimismo simile a quella di chi non dimostra la necessaria umiltà di cui oggi si avrebbe bisogno. Forse..anzi quasi certamente l’ottimismo può dare una utile forza di vedere una speranza ma ..nel contempo..non chiarisce i contorni assai incerti e pericolosi nei quali ci si può imbattere rendendo la speranza assai effimera.. e proprio per questo.. una certa dose di rispetto si dovrebbe rendere necessaria.
Quando un politico assurge alla segreteria di un grande Partito come il PD, la prima cosa della quale dovrebbe occuparsi non è certo quella di inseguire un posto di governo (questa concezione..un po’ yankee supportata dal pensiero Veltroniano e di altri seguaci..non può rendere meriti alla politica.. amplificandone i conflitti) ma operare per disciplinare e porre le regole all’interno dal proprio Partito al fine di fornire un supporto più costruttivo e forte alla politica per la stessa opera di governo.
Oggi Renzi pensa di poter fornire un tetto ad una costruzione alla quale mancano le fondamenta..così illudendosi di poterlo sostenere. Questa semplice metafora dovrebbe spingere i tanti cittadini a comprendere quanta importanza possono avere le basi di appoggio per la ricerca di una democratica governabilità. In questo modo Renzi non contribuisce alla costruzione logica in favore di una corretta politica democratica, ma concorre..assieme ad altri, alla simulazione di un sistema che in realtà tende a comprimere ogni rispetto per la democrazia.

Questi nodi..prima o dopo.. vengono sempre al pettine.  

7 mar 2014

Procede la difficile opera di restaurazione del giovane Sindaco d’Italia


di vincenzo Cacopardo
Sappiamo che Bruxelles ha criticato il governo Letta per non aver dato corso alla riforma del mercato del lavoro e non ha adottato politiche finanziarie a favore della crescita.. a differenza, il rapporto con Renzi.. che si presenta come un ex Dc, sembra dimostrarsi più convincente e più deciso nell’operare in favore delle riforme. Il Paese  vorrebbe che si operasse la promessa per il mega sblocco dei crediti delle imprese con la Pubblica amministrazione tramite garanzie statali, attraverso la Cassa depositi e prestiti, ma..anche qui…Bruxelles, tira il freno…mentre Renzi non fa che promettere.
Il Jobs Act di Renzi include un più ampio diritto a licenziare e l'eliminazione della cassa integrazione per finanziare una indennità di licenziamento congrua. Ma tutto questo sembra avversato dalla Cgil e da Fiom e pare non risolvere un fondamentale problema di produttività. Confindustria chiede che la somma per il cuneo fiscale vada tutta all'Irap ed il Ministro Padoan afferma che riducendo le tasse non si accende alcuna crescita ed il cuneo fiscale che danneggia le imprese a più alta intensità di lavoro, induce a portare all'estero i servizi direzionali di ricerca e di sviluppo. In tutto questo la forza di Renzi sembra affidata non propriamente alla sua coalizione.
Da come si stanno volgendo i fatti sembra che il giovane Renzi abbia sempre avuto un’ambizione per la poltrona di Palazzo Chigi per una brama di  andare al governo solo per poter fare le elezioni da una posizione di Premier, ma oggi, è lui stesso a dover temere un possibile logoramento del giocattolo tanto desiderato. Tante sue promesse si stanno verificando vane: una legge elettorale che trova mille ostacoli, una incerta abolizione del Senato che per adesso rimarrà, una rottamazione inesistente delle figure ed una riforma sul lavoro che.. pur dovendosi eseguire per volontà superiori evitando rischi catastrofici, dovrà fare i conti con gli agguerriti sindacati.
Renzi appare meno forte di quanto sembri o voglia far vedere. Pare aver ceduto ad Alfano ed ha subito anche condizionamenti da parte delle forze di minoranza interna al suo stesso Partito…per non parlare dell’opera di rimessaggio di un Cavaliere che sembrava ormai fuori dai giochi. Il Quirinale ..intanto..quasi per tamponare.. è già pronto a legittimare un altro sistema, un sistema che potrebbe avere una logica istituzionale particolare.. ponendo il Senato in una funzione moderatrice. Quale momento migliore per pensare profondamente e con logica a rendere più utile un Senato senza cancellarlo con un netto colpo di spugna…




6 mar 2014

un commento sul nuovo appunto di Domenico Cacopardo al governo

Perché Renzi può farcela… o no
di domenico Cacopardo

Abbiamo potuto leggere un documento che circola tra i capi dipartimento e i direttori generali romani. Il senso è quello di un autorevole suggerimento: “State guardinghi. La via del governo è tutta da vedere e le progettate riforme sono più fumo che arrosto.” Insomma, nessuna preclusione, ma “Non compromettetevi.”
Per punti, cerchiamo di riassumerlo. Queste le osservazioni:
1. La Ragioneria Generale dello Stato, rafforzata dal vincolo di pareggio del bilancio inserito in Costituzione, è diventato un autonomo potere autoreferenziale. Sarebbe necessaria, più che la spending review, un’approfondita revisione degli oscuri criteri usati dalla Ragioneria. Non solo per una questione di trasparenza, ma soprattutto per consentire al governo e ai ministeri di formulare osservazioni e proporre cambiamenti. Il modello econometrico usato, infatti, non è attendibile.
2. La Germania, che ha versato il 51% del capitale della BCE,  non rinegozierà un nuovo patto di bilancio europeo: il Fiscal compact  rimarrà in vigore e sarà causa di inenarrabili sciagure. Tutto quello che, sullo sviluppo e sulle riforme, dice Renzi è destinato a scontrarsi con la realtà di una situazione determinata dalla dissennata firma posta da Monti sotto l’accordo.
3. La speculazione finanziaria globale non risponde ad alcuna logica politica e potrebbe avere di nuovo voglia di aggredire qualche Paese in difficoltà. Per l’Italia sarebbero altri guai.
4. Matteo Renzi è completamente solo (Andreotti ebbe una squadra di collaboratori di primo piano da Evangelisti a Cristofori; Craxi Giuliano Amato; Spadolini e Ciampi Maccanico; Berlusconi Gianni Letta; Prodi Enrico Micheli, etc.). Non si vedono persone di livello nell’innercircle renziano. Solo ragazzotti senza esperienza per portare avanti le leggi, mediarle con la Ragioneria, coi gruppi parlamentari, con l'Europa.
5. La magistratura, infine, non sembra disponibile ad accettare qualsiasi intervento che la renda efficiente costringendo il sistema a lavorare di più e con un minimo di produttività. Circola anche l’idea di disfarsi dell’alta burocrazia: debbono capire che si avvicinerebbero alla fine.
Queste, invece le ragioni per le quali Renzi potrebbe resistere (non realizzare le riforme, ma resistere e, quindi, conquistarsi la benevola collaborazione dell’alta dirigenza):
1. Renzi è solo. Non si vedono intellettuali ed economisti disposti a dargli una mano. Questa è la stessa considerazione del precedente punto 4. Si vuol dire che, libero da ingombranti consiglieri, può spingere i suoi ragazzotti sulla strada giusta e ottenere dal Parlamento qualche serio passo avanti.
2. Alfano è disposto a tutto pur di non andare a votare.
3. Il premier sembra, inoltre, volersi muovere nella direzione delle riforme ordinamentali a costo zero. Se fatte bene, potrebbero spingere sulla via della crescita.
4. La Ragioneria dello Stato si può battere se il Presidente del Consiglio e il Ministro del Tesoro impongono la trasparenza dei modelli  econometrici "segreti ed interni" di calcolo del costo delle leggi. In questo modo finalmente il governo tornerebbe sovrano (vedi il punto 1 del ‘Non può’).
5. In Europa il voto all'unanimità è l'unica arma di pressione che abbiamo per ottenere rispetto. Dobbiamo usarla freddezza e razionalità, senza farcela nei pantaloni come Monti e Letta
(sic)
.Questo si scrive a Roma. Non sembrano considerazioni lunari, ma argomenti su cui riflettere.


il commento di vincenzo
Continuo a pensare che sia un lavoro troppo grosso e difficile per essere affidato ad una sola figura. Credo anche che, in casi difficili come questi l'energia comune del suo Partito di riferimento gli avrebbe reso più forza. Ma sappiamo fin troppo bene che Matteo Renzi opera in politica in modo personale ed ambizioso ed il suo incedere ha spesso trascurato i rapporti utili con le forze interne al suo Partito. Anche questo è purtroppo un punto sottovalutato dalla odierna politica tendente ad esaltare le figure non tenendo in giusta considerazione una indispensabile riforma in favore al funzionamento dei Partiti.
I punti messi in evidenza dal cugino Domenico sono condivisibili.. e lo è di certo anche quel sottolineare le difficoltà dovute ad una certa solitudine, ma non dobbiamo dimenticare che.. a questo isolamento.. ha contribuito lo stesso Renzi e la sua esasperata mancanza di umiltà nell’affrontare il difficile percorso, un persistente auto incensarsi come unico paladino in difesa dei molteplici problemi del Paese.. palesatosi con evidenza. Non credo che questi eccessi possano portare a far buon uso dalla politica che, al contrario necessita del contributo e dell’opera comune dei tanti. Le difficili e complicate questioni che assediano la nostra Nazione meritano una vasta ed attenta collaborazione.
In riferimento.. poi..alla questione dei modelli “econometrici interni” che Domenico sottolinea come un punto delicato ( cioè quella statistica  che si occupa dell'analisi dei fenomeni o meglio del confronto tra un modello economico e l'evidenza empirica) al fine di poter rendere il governo sovrano, son convinto che nessuno fino ad adesso si sia immedesimato in questa problematica che aiuterebbe di sicuro la politica nel suo cammino di funzionamento. Tale suggerimento non può, quindi, che essere preso in alta considerazione.


In quanto ai “ragazzotti” della squadra di governo ( come li definisce Domenico) credo che difficilmente possano mettere in evidenza le loro idee.. sotto la forte personalità di un premier così determinato che invero potrebbe persino ridurne le eventuali capacità. Il tecnicismo e le capacità del neo ministro all’economia possono, forse, fare una certa differenza, ma questo è un capitolo a parte...Rimangono sempre le riforme costituzionali e quelle della giustizia, nodi difficili da sciogliere persino per un ragazzotto prodigio come il "sindaco d’Italia" auto imbrigliato nell’anomalia di due maggioranze.  
v.cacopardo

4 mar 2014

Renzi, l’Europa e lo sviluppo...

SENZA IL SUD NON SI CRESCE
di vincenzo cacopardo

“L’Europa non è un insieme di burocrati, ma un’anima”…”I cittadini devono sapere che i loro problemi possono risolversi con l’Europa e non senza” Questi alcuni degli slogan declamati da Renzi durante il suo intervento al congresso del PSE tenutosi a Roma. Un congresso che ha visto il Partito Democratico aderire alla grande famiglia dei socialisti e dei progressisti europei per dare forza alla volontà di rovesciare l’Europa della burocrazia e della finanza, nel segno della partecipazione democratica, del lavoro, dell’integrazione, dei diritti di cittadinanza. Un congresso all'insegna di una certa retorica.

Martin Schultz..proposto come candidato alla futura commissione europea, parla compiaciuto del piano di Renzi per l’Italia guidato dall’alto con coraggio. Ma quelle del Premier potrebbero restare solo chiacchiere sottolineate dai ripetuti slogan.. che al giovane sindaco d’Italia.. continuano a non mancare…E non possono di certo aiutare le sue parole se non verranno supportate da fatti concreti…Un dato è certo!..Ancora una volta Renzi non ha espresso alcun pensiero sulla condizione del territorio del sud del nostro Paese, non ponendola come una principale questione sulla quale dover lavorare per la crescita dell’intero Paese e per l’Europa stessa.
L’occasione del congresso sarebbe stata utile invitando l’Europa a meditare sull’importanza del bisogno di rinascita di questi territori: sarebbe dovuta essere la parte più rilevante del suo progetto Italia!

La Commissione europea dovrebbe far visita e percorrere con attenzione i nostri territori del Sud.. per accorgersi di quanto, questi, siano lontani da un’idea ed una visione europea. Non a caso, però,…essi rappresentano una buona opportunità di crescita dell’intera comunità. Figurano come un futuro giacimento per il grande lavoro infrastrutturale che oggi occorre al fine di sostenere un equilibrio con le regioni più progredite. Bisogna, quindi, che vi sia l’immedesimazione ed un contributo diretto ed interessato dell’intera Comunità attraverso linee progettuali condivise e definite.
Ogni forma di progetto Europeo può rimanere utile e funzionale.. se nel contempo si opera un piano strategico che veda un coinvolgimento della Comunità Europea al fine di poter apprestare giuste ed indispensabili infrastrutture per tutti i suoi territori del sud. Questa strada rende anche necessario il metodo con cui si affronta oggi un sistema di crescita, che non può vedere un’esclusiva applicazione di misure fiscali, ma tenere in considerazione la storia, la cultura e le risorse dei singoli territori.
Non si può più escludere un coinvolgimento della stessa rappresentanza europea in questi interventi che risultano essenziali, sia per l’impegno finanziario che per la responsabilità delle scelte. Il ruolo di una figura Europea può essere utile alla strategia della  procedura ed offrirebbe allo stesso Parlamento Europeo l’occasione di immedesimarsi in un problema che coinvolge tutte le aree depresse che appartengono a un unico territorio Europeo.
Questa dovrebbe essere la vera politica europea di chi ama il nostro Paese. Renzi, non può sottacere le enormi differenze insite nella nostra Nazione nel confronto con l’Europa, ma soprattutto tra il nord ed il sud del nostro atipico Paese. 

Nuovo articolo di Domenico Cacopardo sull'Ucraina


Morire per Odessa?
di domenico Cacopardo

Immaginate che domani l’invasione delle truppe russe in Crimea provochi i primi caduti e, quindi, gli effetti dell’immancabile reazione dell’esercito e della popolazione ucraina, quella che s’è rivoltata contro Yanukovich, il presidente-desposta che, si dice, abbia sottratto 10 miliardi di dollari dalle casse dello Stato.
L’esito degli scontri è scontato. Al prezzo di migliaia di caduti, la pax russa sarà ristabilita sulla piccola penisola e sulla terraferma.
Mettetevi nei panni di Putin: un’area, conquistata nel Settecento a opera di Caterina la Grande e del suo amante, generale Potemkin, nella quale, oggi, il 58% della popolazione è russa, si trova esposta, per la rivoluzione di Kiev, alla minaccia di una pulizia etnica volta all’espulsione dei suoi concittadini. Se non interviene, il credito che riscuote nell’Est e che gli consente di tenere legati a filo doppio una serie di staterelli, tutti dotati di risorse energetiche imponenti, crollerebbe.
Del resto, già con la Georgia che avanzava pretese su una propria repubblica autonoma con abitanti russi, la grande Madre era intervenuta con l’esercito per impedire che l’enclave venisse eliminata.
C’è da aggiungere che l’Ucraina è territorio di passaggio di un sistema di oleodotti e di gasdotti vitali per le esportazioni e per la sopravvivenza energetica dell’Europa del Sud.
Dall’altra parte ci sono l’Unione europea e gli Stati Uniti.
L’Unione europea non dispone della forza: non ha un proprio esercito né una politica estera unitaria.
La Germania commercia con profitto con la Russia e ne è partner privilegiato. Tanto che sta operando una sua mediazione che avrebbe convinto Putin ad accettare la creazione di un ‘punto di contatto’.
Gli Stati Uniti, ridimensionati dall’Iraq, dall’Afghanistan e dalle sciocchezze compiute in Medio Oriente, non sono in condizione di far altro che mandare un po’ di armi e un po’ di soldi (pochi, l’Europa nemmeno quelli).
A tutti coloro che, nel mondo Occidentale, si ribellano nei confronti dello zar Putin, occorrerebbe chiedere: «Morire per Odessa?», riecheggiando la domanda del ’39, quando ci si chiedeva «Morire per Danzica», per spiegare che non era il caso di combattere una guerra per quel lembo di territorio tedesco in seno alla Polonia.
Oggi, nessuno, a Occidente dell’Ucraina, vuol morire per Odessa. Forse, qualche manipolo di terroristi ceceni, in soccorso della parte islamica della popolazione, non altri.
Le ‘sanzioni’ di cui si parla, sono scritte sul ghiaccio: la Russia è forte non solo e non tanto per le forze armate, ma soprattutto perché è fornitore di energia per tutto l’Occidente e di più per i paesi non nucleari come l’Italia.
«Morire per Odessa?» I milioni di europei non ci pensano minimamente. E sarebbe il caso che i governi e l’Unione lo dicessero chiaramente ai patrioti di Kiev a evitare ogni illusione.

Le migliaia di giovani in piazza debbono sapere che, al di là delle ciniche parole di sostegno e di solidarietà di Bruxelles e di Washington, nell’ora della verità, quella in cui ci si arrende o si muore, saranno soli.

3 mar 2014

Interessante articolo di Domenico Cacopardo

Armi e soldati in campo 
di domenico Cacopardo
Non è come in Libia, in Tunisia, in Egitto, in Iraq e in Siria: in Ucraina è autonoma rivolta di popolo contro un regime il cui capo, Yanukovich, ha sottratto dalle casse dello Stato una cifra stimata intorno ai 10 miliardi di dollari.
Tuttavia, la capacità di attrazione dell’Europa e il consenso palese degli Stati Uniti hanno dato ai rivoltosi un obiettivo: lasciare il campo di Mosca per entrare in quello Occidentale. Credono, insomma, che l’Unione europea possa sostituire Putin nel ruolo di protettore nella nazione e suo finanziatore per decine di miliardi (sempre di dollari).Le illusioni sono destinate a sfumare: l’Europa non ha “forza” militare né risorse adeguate. È un gigante economico che si dibatte nel deficit di ruolo internazionale (mancano all’Unione una politica estera e un esercito) e nella crisi che ha investito soprattutto i paesi del fronte Sud. 
Nella comunità ci sono anche interessi diversi: la Germania,  titolare di una sua speciale ostpolitik verso la Russia, è legata alla Russia da un livello elevato di scambi ( tecnologie e prodotti).Nel 2012 su 123 miliardi di Euro di export comunitario, 38 sono tedeschi e su 213 miliardi di import lo sono 40. L’Italia, per farsi un’idea, esporta per 10 miliardi e importa per 18. Nel merito, è l’energia la partita più importante per l’import europeo e italiano.
Le ragioni umanitarie del diritto delle genti e dei popoli non possono superare i vincoli che pone la cruda realtà, costringendo i leader occidentali a ciniche grida di dolore senza conseguenze pratiche. Nessuno vuol morire per Odessa.
In questa situazione, sicuro dell’immobilità concreta di Unione e Usa, Vladimir Putin interviene, prima di tutto, in Crimea, nella zona in cui i russi sono il 58%, e le altre principali etnie sono tatare e ucraine (un coacervo derivante da secoli di occupazione ottomana, da innesti greci, moldavi, bielorussi e, anche, specie nell’Ottocento, italiani).
L’area è stata zona di conquista e colonizzazione russa: tutto iniziò nel Settecento, ai tempi di Caterina e del suo amante, maresciallo imperiale Potemkin. Proprio lui avviò la costruzione di Odessa, il più grande porto ed emporio del mar Nero, frequentato da mercanti di tutto il mondo.
Non era immaginabile che lo zar moscovita Putin consentisse che la Crimea e le altre zone a maggioranza russa fossero travolte nel vortice di una rivoluzione la cui cifra, oltre la libertà, è una sorta di pulizia etnica verso suoi concittadini.
Non era immaginabile e non è avvenuto.
Ora, al di là delle giaculatorie, l’Europa e l’America si ritireranno in buon ordine: non sono nelle condizioni di intervenire.
Probabilmente, un'altra nazione si dissolverà dividendosi dopo tragiche giornate di sangue.


La tragedia, di cui vediamo gli inizi, sta per compiersi.

1 mar 2014

Il sindaco d’Italia allarga la squadra ed accontenta tutti.


9 viceministri e 35 sottosegretari
di vincenzo cacopardo

Oltre ai 16 ministri, al premier ed al sottosegretario alla presidenza, i componenti del nuovo governo sono adesso aumentati con 44 sottosegretari di cui 9 viceministri. Per le enormi  responsabilità che li aspettano, Renzi incoraggia la squadra augurandogli di essere all’altezza. ( non c’è male da parte di chi ha sempre espresso determinazione)  Spronandoli ad essere parte di questa sfida al cambiamento, Renzi è, però, apparso meno sicuro che nei precedenti giorni, sintomo delle preoccupazioni che via via lo vanno cogliendo. Parla di brividi e di senso di preoccupazione per la grande sfida che aspetta tutta la squadra fino al 2018.
Al di là delle nomine dei sottosegretari..la sensazione è che il nuovo Premier abbia, come di sua consuetudine, voluto dare l’immagine di un governo limitato nei ministeri..per poi nominare nove viceministri dovendo accontentare un po’ tutti.Ma sappiamo bene che questo governo, al contrario di quello che si vuol far credere, è sostenuto con la forza di intese sottobanco: un governo che vuole dare una immagine diversa dal precedente, ma che rimane legato a due maggioranze che possono condizionarlo come e quando vogliono.
Il capo del governo non sembra partire tanto bene!  Il suo Consiglio dei ministri ha autorizzato i Comuni ad aumentare la nuova tassa locale sulla casa, la Tasi, fino al 3,3 per mille per l'abitazione principale e fino all'11,4 per mille sugli altri immobili. Un incremento che dovrebbe servire a finanziare gli sgravi della stessa Tasi a favore delle famiglie a basso reddito, ma saranno i sindaci a decidere. Questo primo atto di politica economica non fa parte del suo “Jobs act” ed il sottosegretario alla presidenza Delrio lo presenta come una misura di imparzialità, per quelle famiglie esentate in precedenza dall'Imu  che avrebbero rischiato di dover pagare la nuova Tasi.
E’ stato un’atto molto criticato da Forza Italia, Partito che vede, oggi, un Berlusconi sulla riva del fiume in attesa di poter vedere il suo amico-nemico.. nuotare controcorrente in difficoltà.. in attesa di un suo aiuto. 
Ma intanto il dibattito delle ultime ore è concentrato sulla capitale, su quella macchina da debiti che si chiama Campidoglio di Ignazio Marino alla guida da meno di un anno. Si parla di disavanzo di miliardi e le accuse rimbalzano tra le varie amministrazioni succedutesi in questi ultimi anni. Un dato di fatto è certo…con un nuovo decreto vengono anticipati al Comune 570 milioni di euro destinati alla «gestione ordinaria». Un importo superiore a quello previsto dal decreto ritirato mercoledì, che stanziava 485 milioni di euro per tappare il buco della capitale.Anche se il sottosegretario alla Presidenza Delrio asserisce che non si tratta di un trasferimento dello Stato al Comune, la cosa non può far star sereno tutto il Paese  che vede quasi tutte le amministrazioni locali in un comune default. 
Con la nomina completa del governo.. e con questo atto di trasferimento alla capitale, adesso Renzi, pur non sottraendosi alla mole di lavoro che l’attende, si vedrà impegnato anche in un responsabilità nei confronti di tutti quei cittadini che chiedono legittimamente conto delle spese delle tante amministrazioni che non offrono nemmeno gli adeguati servizi.
Il nuovo presidente del governo è atteso alla prova con un Paese che difficilmente potrà perdonare. Il giovane Premier.. avendo messo troppa carne al fuoco ed essendo contornato da tanti amici… e tanti nemici, pur con la forza della sua dialettica accattivante, si trova a dover fare i conti con la sua ambizione incontrollata che potrebbe identificarlo al pari dei tanti populisti in scena nell’odierno teatro della politica.  

28 feb 2014

Una domanda..su voto e consenso


 

Credo che una buona parte dei cittadini che votano.. non sono per niente coscienti del consenso che esprimono… C’è chi vota di pancia o per figure…molti attratti da un carisma o una comunicazione che li cattura..in tanti, è inutile nasconderlo, persino dietro la spinta di piccoli compensi o di un preciso tornaconto…
Sorrido sempre quando nei talk televisivi i tanti soloni della politica che si succedono.. affermano che i cittadini sanno e capiscono..perchè non sono stupidi…Stupidi forse no..ma ignoranti (nel senso che ignorano)..penso proprio di si.  Se non uguale alla percentuale dei non votanti..quelli che ignorano sono davvero tanti
Fatta questa premessa…c’è da domandarsi: Quando in questo Paese non và a votare il 40% circa e del restante 60%..almeno la metà esprime un voto per ignoranza o condizionato dalle figure..non rimane che il 30% dei votanti che in linea di massima potrebbero esprimere un voto non influenzato, ma supportato da una consapevolezza. Di questo un terzo è rappresentato da una forza che tende a distruggere un vecchio sistema sul quale poggia l’impalcato istituzionale (M5s)..Mi domando come, su questa base del restante 20%, si possa mai tentare di costruire un qualunque bipolarismo a cui poter credere… Con quale forza e quali aspettative?  

v.cacopardo

Una democrazia poco democratica



GRILLO RENDE FORZA A RENZI
di vincenzo cacopardo

Come era logico prevedere il pastore Grillo ha dimostrato di non poter contenere le sue pecore dentro l’ovile! Si..perchè di pecore si è fin qui trattato…fino a quando qualcuno non ha deciso di dare prova di avere un proprio pensiero.. contrastando la linea assoluta della  guida politica di un capo alquanto despota. Finalmente, con la voce avversa di alcuni senatori del Movimento, pare di assistere alla metamorfosi.. alcune pecore sembrano essersi trasformate in lupi.

Comunque voglia leggersi.. questa storia dimostra tutta l’incongruenza di un Movimento che si è sempre proposto a democrazia diretta e che, in realtà, ha messo in evidenza le reazioni portate quando si tende a costringere un dialogo. Quale democrazia può essere quella di far decidere attraverso un si od un no.. premendo il tasto di un computer e quindi senza instaurare quel dialogo che definisce i contorni di ogni provvedimento da prendere?
Il significato che il patron Grillo dà alla democrazia è veramente poco credibile e nel recente caso dei senatori dissidenti macchiatisi di un reato d’opinione,  assume una caratteristica singolare..poichè l’opinione stessa vive in ogni naturale confronto. Quando si afferma ..come fanno molti proseliti..che il programma del M5s è sempre stato a conoscenza degli aderenti e che.. chi vi entra.. non può fingere di non conoscerlo, non si fa altro che asserire una sciocchezza…in quanto ogni programma è in sé generico e mutevole nel tempo: Una cosa è conoscerlo..un’altra è l’indispensabile dialogo che forma lo scambio in favore di una sua costruzione.
Se poi andiamo a vedere che i senatori Bocchino, Orellana e Battista, sono stati espulsi sulla votazione al computer operata da 43.368 iscritti del Movimento di cui 29.883 hanno votato per ratificare la delibera, non possiamo non tenere in considerazione l’esiguo numero di coloro che l’hanno invalidata..  rispetto alle centinaia di migliaia di iscritti ed ai milioni di voti appartenenti a tale organizzazione.

Non dobbiamo nemmeno dimenticare che.. qualche tempo fa.. un'assemblea dei parlamentari del M5S ha votato l'espulsione della senatrice Adele Gambaro, rea di avere espresso opinioni in contrasto con quelle di Beppe Grillo dopo l’esiguo risultato racimolato alle elezioni amministrative. In quell'assemblea vi furono raccolte cordate composte dai fedelissimi di Grillo, che non ammettevano alcuna critica al supremo capo.
La logica domanda che dobbiamo porci, è quella di non capire per quale ragione queste assemblee non si siano mai volute tenere prima delle candidature.. Insomma…. sarebbe stato molto più logico conoscere meglio il pensiero di coloro che entravano in questo Movimento prima di una loro candidatura.. in modo da non portarli alla cieca verso una elezione poco convincente. Come si può oggi pensare di dirigere un pensiero quando prima non si è nemmeno fatto lo sforzo di conoscerlo?
Siamo di nuovo allo scontato resoconto di un Movimento che si è voluto costruire senza alcuna logica dibattimentale... Queste ridicole manovre non potranno mai portare quel cambiamento da parte di chi, in realtà, avrebbe potuto ricercarlo attraverso un fondamentale dialogo e sono pane per i denti del giovane Renzi che in ciò trova forza per attrarre consensi.

   

nuovo articolo del consigliere Cacopardo sul M5s

Smottamento a 5 stelle
di domenico Cacopardo

Gli scricchiolii dei giorni scorsi sembrano evolvere verso un vero e proprio smottamento dei 5 Stelle. Un leader tantoesagitato da sembrare addittivato (come spesso accade agli One man shower) autoritario più del lecito, assistito da un piccolo Goebbels personale, in un mix di antagonismo e di fascismo squadrista (come visto alla Camera nell’attacco fisico degli avversari), non riesce, nonostante espella e minacci sfracelli, a tenere unito un gruppo di parlamentari scelti (senza alcuna garanzia di trasparenza) dal web, cioè da cerchie più o meno vaste di amici.
Certo, molti dei neodeputati e dei neosenatori a 5 Stelle sono saliti sul carro di Grillo come si sale su un autobus celere. Smaniosi di far politica, esclusi dai partiti in campo, tutti padronali o a statuto democratico, hanno visto nelle esibizioni sopra le righe dell’excomico genovese l’occasione per uscire dall’oscurità.
La crisi del Movimento 5 Stelle è il primo frutto politico dell’operazione Renzi. Di fronte all’entusiasmo, alla comunicativa piana e immediatamente convincente (poi, riflettendoci, emergono mille dubbi), di fronte alla novità che dovrebbe rimettere in moto la Repubblica, risulta difficile, forse assurdo, rimanere fuori, in una sorta di autocastrazione permanente.
Questo profilo deve indurci a considerare in modo più attento il nuovismo renziano e quello che rappresenta in questo momento storico.
Non c’è dubbio che un po’ mentendo (come nel caso di Letta, rassicurato e spinto da Renzi all’inerzia in attesa del passaggio della legge elettorale da un ramo del Parlamento e poi infilzato per quella medesima inerzia), un po’ imbonendo, un po’ saltando gli ostacoli (che però rimangono tutti sul terreno, come Leningrado rimase sovietica nonostante l’avanzata tedesca) il premier abbia bruciato i tempi conquistando il governo del Paese prima di quanto ci aspettassimo.
Ed è anche vero che tutti sono stati strumentalizzati: D’Alema elevato a simbolo del vecchio, Berlusconi raccolto sulla strada dell’applicazione delle misure alternative al carcere, Cuperlo sconfitto nelle primarie, Bersani strapazzato in quanto rappresentante di una nomenklatura sclerotizzata, tutti sono serviti ad accreditare l’immagine di un giovane capace di affrontare le questioni in cui ci dibattiamo da vent’anni e risolverle.
Il viaggio a Treviso e quelli che farà si collocano proprio all’interno di un modo di concepire la politica: stare fuori dal palazzo, parlare, prospettare il futuro, accrescere la simpatia e il consenso.
Come nel caso di Berlusconi e di Grillo il problema è di passare dalle piazze reali o mediatiche alle aule parlamentari e concludere quanto promesso (vedere la pessima figura rimediata nel decreto-legge per Roma).
Intanto, Renzi ha introdotto il seme di un nuovo modo di fare politica: una forma comunicativa imparata da altri e coniugata con la propria gioventù.
Ci ha messo la faccia, è vero. Ma, diversamente da come dice, a pagare non sarebbe il signor Matteo Renzi da Rignano sull’Arno. A pagare il prezzo, molto salato, di un fallimento saremmo tutti noi.

È bene rifletterci.

27 feb 2014

una nota al nuovo commento di Domenico Cacopardo sul governo Renzi

Scarpe rotte eppur bisogna andar
di domenico Cacopardo
Scarpe rotte eppur bisogna andar, cantavano i nostri alpini nella tragica ritirata di Russia e mai canzone fu più appropriata per gli italiani di oggi.
Reduci da un ventennio di disastri, nella nuova transizione tra la seconda e la terza Repubblica, assistiamo sorpresi e diffidenti all’entrata in scena di Matteo Renzi, il nuovo che avanza con i movimenti di un elefante in una cristalleria.
Abbiamo già commentato i suoi discorsi e il suo governo, le genericità e la supponenza. L’insufficiente affidamento che una compagnia di giovani e giovanissimi danno a destra, al centro e alla sinistra. Le uniche certezze, nella compagine ministeriale, sono rappresentate da Pier Carlo Padoan, per un prestigioso passato nelle organizzazioni economico-finanziarie internazionali, e Giuliano Poletti, già capo del movimento cooperativo che ha felicemente condotto all’unità (exdemocristiani ed excomunisti, un ennesimo compromessino storico, fondato, però, sugli affari). Entrambi personaggi solidi, dovrebbero formulare proposte e iniziative concrete e aderenti alle urgenti attese degli italiani.
Ovviamente, di Alfano, Lupi e della Lorenzin non ci pre-occupiamo, avendo già dato prove non disdicevoli nel gabinetto Letta. Su Lupi pesa la responsabilità di una Expò dai contorni complessi e ancora in via di definizione. Sulla Lorenzin, non si può dimenticare la corretta gestione del caso Stamina, contrastata da un comportamento della magistratura di difficile comprensione.
Per il resto, un libro tutto da scrivere.
Gli esteri, per esempio, dopo i disastri del governo Monti e l’inesistenza della Bonino, Federica Mogherini sarà alle prese con due questioni difficili: il caso Marò e il semestre europeo. Dovrà imparare velocemente, dato che l’intensità dell’impegno comunitario è tale da non poter essere assolta dal solo presidente del consiglio. E sul fronte indiano, dovrà tentare di recuperare il ruolo della nazione, dopo la sciagurata decisione –influenzata dalle esigenze dell’industria militare e dal ministro della difesa- di far tornare in marò laggiù, nel subcontinente asiatico.
Va ricordato che, secondo le leggi internazionali, lo status dei nostri militari era quello di “Sequestrati senza causa” dal governo indiano: non si doveva quindi accettare la giurisdizione di quel Paese o, una volta accettata, si doveva denunziarla in tutte le sedi internazionali, rifiutando la riconsegna.
C’è tuttavia da rilevare che, oggi, sulla piazza non c’è che Renzi. La classe dirigente della seconda Repubblica, a torto o a ragione, è stata spazzata via. Se Renzi fallisse, non ci sarebbe nessuno cui rivolgersi, a meno di un passo indietro di dieci anni.
Dobbiamo, quindi, tenercelo e criticarlo tutte le volte che meriterà d’essere criticato: un atteggiamento costruttivo da cui potrà trarre giovamento e indicazioni.
E la piazza (Forconi, Forza Nuova, Notav e altri antagonisti) non deve distoglierlo dalla volontà di riformare, finalmente, il Paese.
Infine, il cambio di linguaggio: il mondo, le società, le economie vivono di attese. Quelle createsi per l’avvento dello scout fiorentino sembrano positive. Non possiamo disperderle.


Caro Domenico,
le tue critiche sul nuovo governo Renzi, malgrado ben esposte, sembrano altalenanti.. passando dalla incapacità, l’avventurismo e la supponenza dello stesso Premier, alla fiducia sull’unica figura (Pier Carlo Padoan) da te definito uomo dal prestigioso passato. Ciò mi fa pensare che, anche tu, come me, sembri poco convinto sugli esiti del lavoro del giovane "sindaco d'Italia" per via della sua generica approssimazione.
Noi sappiamo che pur condividendo le grandi capacità del neo ministro, illustre consulente economico, non potremo mai affidargli in toto l’avvenire, poiché.. proprio la politica di governo.. sarà sempre condotta da colui che è stato nominato primo ministro.Una figura intrisa di un particolare decisionismo.
Se per quanto riguarda una riforma sul lavoro, potremmo anche essere positivi per ragioni comprensibili che altrimenti ci vedrebbero prossimi a qualche rivoluzione, non possiamo di certo esserlo per tutto ciò che riguarda le nuove riforme istituzionali e costituzionali.. soprattutto per quella nuova legge elettorale che, a sentir dire, potrebbe essere presentata in un unico pacchetto.. insieme alla riforma del Senato ed al Titolo quinto. Quello che non può lasciar sereni e la superficialità con la quale si affrontano tali riforme che, nel caso del “nuovo sindaco d’Italia” verranno affrontate con la forza di una maggioranza diversa.
Tu scrivi che si deve vivere di attese, mentre prima affermavi che non è la speranza il criterio cui ispirare il giudizio su Renzi e sul suo governo, ma solo l’analisi dei passi e delle scelte sin qui compiuti, dalle dichiarazioni in Parlamento.. alle esternazioni più o meno estemporanee del presidente del consiglio, delle sue donne e dei suoi uomini. Concludevi con la sensazione di totale inadeguatezza, di sottovalutazione del caso ‘Italia’ e delle sue complessità, di un avventurismo senza ancoraggi ai fondamentali economici, sociali e politici.
A cosa.. ormai.. bisogna credere? Alle scarpe rotte a cui tu fai riferimento?

Sono quasi certo che il giovane Premier adesso aspetti di poter far forza su un nuovo scoop propagandistico per dare più forza al suo governo: il ritorno dei due Marò.  Se… come tutti speriamo.. ciò porterebbe gioia e serenità alle rispettiva famiglie dei due militari ed al nostro intero paese, per Renzi ( che durante il governo, in qualità di leader del Partito  di maggioranza, avrebbe anche potuto occuparsene con maggior lena) potrebbe adesso rappresentare un colpo di immagine sul quale far forza..per poter distogliere ogni attenzione sulla sua precaria squadra di governo.
v.cacopardo

26 feb 2014

Una critica di Domenico Cacopardo sulla speranza del nuovo governo Renzi



Non è la speranza 
di domenico cacopardo

Non è la speranza il criterio cui ispirare il giudizio su Renzi e sul suo governo. È l’analisi, solo l’analisi, dei passi e delle scelte sin qui compiuti, dalle dichiarazioni in Parlamento alle esternazioni più o meno estemporanee del presidente del consiglio, delle sue donne e dei suoi uomini.
I punti più importanti e significativi dei quattro giorni trascorsi dal giuramento sono il discorso programmatico e le conclusioni ai dibattiti al Senato e alla Camera.
È inutile girare intorno alla questione: la sensazione è di totale inadeguatezza, di sottovalutazione del caso ‘Italia’ e delle sue complessità, di un avventurismo senza ancoraggi ai fondamentali economici, sociali e politici.
Per il disprezzo verso i senatori Renzi pagherà un conto molto salato che mette già in forse l’architrave della sua politica, cioè la semi abolizione della camera alta. Un’offesa gratuita e non necessaria, manifestata più per parlare al Paese che ai suoi occasionali interlocutori.
Data la natura dell’assemblea, una delegittimazione senza il potere di farlo, giacché ogni riforma, anche quella della legge sui condomini, deve passare ancora da entrambi i rami del Parlamento, ottenendone l’approvazione.
In definitiva, una prova, non la prima né l’ultima, di autolesionismo. Se questo è un indizio, il futuro dell’Italia torna sulle Montagne russe, anche perché l’endocrinologo reggiano Graziano Del Rio, sottosegretario alla presidenza, intervistato da Lucia Annunziata, non ha avuto difficoltà ad annunciare la tassazione dei titoli di Stato. L’ha fatto perché non si rendeva conto del significato di ciò che stava dicendo. L’ha fatto perché non ha pensato che, magari, su un argomento del genere, sarebbe stato opportuno prima che necessario, interpellare il ministro dell’economia appena sbarcato dall’aereo che da Sidney l’ha condotto a Roma.
Altri indizi sono davanti a noi.
La nomina di Marianna Madia a ministro della semplificazione e della funzione pubblica conferma l’incapacità di valutare i compiti che attendono il governo. Si tratta di una ragazza eletta alla Camera nel 2008, su decisione di Veltroni. Da allora una grigia carriera parlamentare, culminata nella nuova pesante responsabilità. Se Renzi vuole correre nella soluzione dei problemi e colloca tra i principali l’Amministrazione, come farà la gentile Madia, in attesa di un bebé, a occuparsene?
Non sarà che la sua nomina sia un tributo pagato a san Veltroni, protettore del primo ministro?
E la giovane Guidi allo sviluppo economico non c’entra con la vicinanza familiare all’innercircle berlusconiano?
Sui nomi, per oggi,basta.
Ma le parole sin qui spese davanti a deputati e senatori fanno rabbrividire per dilettantismo e approssimazione: non una delle promesse è suffragata da un’idea di copertura finanziaria (e l’Europa?).
Renzi dovrebbe sapere bene che senza copertura finanziaria nemmeno il parroco di Rignano sull’Arno gli canterà il Te Deum di ringraziamento per le grazie sin qui ricevute.



25 feb 2014

Il Senato sostiene il nuovo sindaco d’Italia



di vincenzo cacopardo

Abbiamo ormai capito che il giovane Renzi è un ambizioso, ma quello che lascia più perplessi è il suo incedere troppo sicuro ai limiti della presunzione. Un personaggio dedito al comando che, per sua stessa ammissione, ama le sfide. Quello che meno si sopporta.. è la figura da missionario che lui stesso vuole imporre..il suo far credere che in lui si è accesa la luce della ragione suggerita dal Padreterno..che lui è la guida illuminata..il nuovo Messia politico da seguire per risolvere tutti i nostri problemi.
Ma chi ha deciso che il nostro destino deve essere affidato nelle mani di una figura così ambiziosa, quando.. soprattutto per quanto riguarda le complesse soluzioni delle riforme istituzionali ( che rappresentano le vere regole di democrazia sulle quali si innesta il percorso politico del nostro futuro ).. queste dovrebbero essere suggerite attraverso un consenso popolare?
A detta di molti..il discorso al Senato del giovane premier è sembrato fin troppo generico ed..in alcuni punti persino retorico..il suo dilungarsi tra  ilarità e serietà.. è apparso studiato più del suo stesso programma.. dettato in linee assai sommarie. La sua ostentata diplomazia al limite della adulazione si è messa in evidenza come a voler stemperare la sua troppo scoperta ambizione. E’ un furbo comunicatore ( di cui in realtà.. oggi..avremmo poco bisogno) che però, non sembra intuire le problematiche insite alla base della politica, pretendendo di poter risolvere il tutto..attraverso il pragmatismo amministrativo di chi opera nella funzione di sindaco di un comune. A differenza di lui, nel suo stesso Partito, il giovane Civati, dimostra maggior intuito politico ed una minore determinazione, mordendo il freno in attesa dello svolgersi del programma da parte di chi si propone con enfasi come il nuovo sindaco d’Italia.
Si pensa che oggi vi possa essere bisogno di simili personalità..sperando in un loro successo e di conseguenza ad un esito positivo per il paese e questo non possiamo che sperarlo..fino a quando ancora la speranza ci accompagnerà. I tempi stringono e le figure si impongono in un gioco di comunicazione tendente a catturare consensi..ma malgrado ciò il distacco con la politica ha ancora una forbice molto elevata.

La faccenda comunque, per il giovane Matteo si farà più complicata per via delle due maggioranze con le quali dovrà convivere. Viene in proposito una frase “Nemo potest duo bus dominis servire”.ossia.. nessuno può servire due padroni, perché amerà l’uno ed odierà l’altro, e si affezionerà all’uno disprezzando l’altro. (non a caso parole tratte dal Vangelo secondo Matteo,VI,24 ).