di domenico Cacopardo
Nata dall’intesa delle tre scuole di
pensiero politico-istituzionale dominanti, la cattolica, la socialista e la
comunista, la Costituzione italiana presenta contraddizioni concettuali e di
incoerenze sostanziali. Di certo non è un documento liberale, capace di
garantire i diritti di cittadinanza e di intrapresa, stabilendo i doveri di
solidarietà e di cooperazione. In parte ispirata alla dottrina sociale della
Chiesa, in parte alle esigenze ideologiche del marxismo vincitore sui campi di
battaglia dell’Est, è di difficile applicazione.
Non che i problemi della legge
fondamentale non fossero presenti ai Padri costituenti: chi veniva
dall’esperienza prefascista (Vittorio Emanuele Orlando, Nitti, Croce e Ruini,
per esempio) segnalò i pericoli insiti nella formulazione degli articoli. Non
fu ascoltato: prevalsero le discipline di partito.
Un altro elemento fondativo della
Costituzione era il timore che uomini e movimenti di tipo fascista potessero
aprirsi un varco nell’impianto politico repubblicano riportando il Paese ai
tempi del ventennio fascista.
Questa ragione ispirò diversi punti
cruciali, dal procedimento rigido di modifica, al bicameralismo, all’idea del
potere diffuso con le Regioni. Il tutto fu aggravato, nel 2001, dalla modifica
del titolo V, curata da Franco Bassanini, e mai abbastanza deprecata per i guai
insolubili di cui fu portatrice, nel nome di un regionalismo, succedaneo nostrano
del federalismo, auspicato anche da alcune destre.
Basti il rifiuto della guerra come
strumento di definizione delle controversie internazionali: una petizione di
principio coerente con il pacifismo cattolico e con l’ipocrisia dei regimi
dell’Est, per i quali qualsiasi guerra era difensiva perché volta a tutelare i loro
interessi. Un rifiuto, questo della guerra, ampiamente violato, a partire
dall’attacco Nato alla Jugoslaviasino alla partecipazione
italiana alle missioni in Iraq (Prima e Seconda guerra del Golfo) e in
Afghanistan.
Ma ci sono tanti altri esempi, da
segnalare: l’oscuro significato del “fondata sul lavoro”, una frase che ha dato
la stura alla peggiore retorica sindacale, ma che, di fatto e di diritto, non
significa nulla di preciso. L’altrettanto oscuro il senso della statuizione dei
“doveri di solidarietà politica, economica e sociale.”
Dannoso per la comunità nazionale è il
principio dell’art. 4, laddove la “Repubblica riconosce a tutti i cittadini il
diritto al lavoro”. Quest’idea di un “diritto al lavoro” era propria delle
società socialiste di scuola sovietica e non è stato mai attuato, visto che è
impossibile farlo in un’economia di mercato.
La sua dannosità è nel fatto che il
cittadino può ritenere effettivo il suo diritto al lavoro e inadempienti le
autorità che non lo rendono tale. Per renderlo effettivo, bisognerebbe
risolvere il problema di “chi paga” e di “chi lavora”.
Le vestali della Costituzione debbono
arrendersi: il loro mito, il loro vangelo è un documento da modificare e
aggiornare. Il potere di ricatto che è conferito a tante minoranze dovrà essere
abolito. Quando lo sarà, riprenderemo il cammino democratico cui abbiamo
diritto.
Potere di ricatto delle minoranze…o un
bavaglio per farle tacere definitivamente? Il cugino offre pane per i miei
denti!
Ricordiamoci l’importanza di lasciare
libero il pensiero delle minoranze, e se per un desiderio di governabilità
imposto dall’alto, si vuole tendere ad ingabbiare la voce dei piccoli…addio ad
ogni principio di democrazia! Ci sarebbe da domandarsi perchè mai nessuno promuove la ricerca di percorsi più innovativi che possano lasciare più libera l’azione
dinamica di un dialogo politico per i programmi e per le normative
adatte, separandole.. con equilibrio.. da un ruolo governativo da ricercare in
altra forma.. Ad esempio...cominciando e disciplinare meglio i Partiti... Forse perché fa tanto comodo continuare a mantenere certi
conflitti?
Pur d’accordo sull’indispensabile
rinnovamento della Carta, non posso condividere un modo di discriminare e
catalogare chi è o non è d’accordo con i principi che la guidano, poiché servirebbe
soltanto ad alimentare il continuo gioco delle contrapposizioni tendendo a sviare
l’immedesimazione di una ricerca più utile.
Senza intaccare quei principi di base
che ne hanno ispirato la ragione e dando forza a quei contenuti che dovrebbero
sempre proteggere l’alto valore di una vera democrazia, si dovrebbe lavorare
per rimodernare la nostra Costituzione.
Considerato che i problemi della politica si concentrano essenzialmente sulla
mancanza di utili regole per una adeguata funzionalità del sistema e, premesso
che le basi per le riforme primarie della politica devono prendere spunto dal
testo della nostra Costituzione, bisognerebbe poter provvedere.
Alcuni suoi articoli risultano oggi
obsoleti poiché non tengono conto del cambiamento storico culturale che il
nostro Paese ha avuto in questi sessant’anni.
Articoli della Costituzione, sia sui principi
fondamentali che quelli sui diritti e doveri dei cittadini suonano
superati ed assai lontani da una società che si vuole moderna ed innovata.
Altri, nel loro testo, non entrando nel merito del tema in modo approfondito,
finiscono col trasmettere un indirizzo poco chiaro.
La nostra Carta appare volutamente
scritta al fine di poter dare continua possibilità di rivedere in chiave
moderna i suoi articoli…quindi rinnovabile.
Volendomi collegare a ciò che ha scritto
il cugino Domenico sull’articolo 1… ad esempio.. interpretando questo articolo
chiunque, oggi, potrebbe riscontrarvi una curiosa ipocrisia, poiché, già da
parecchi anni, con le crisi economiche ed i nuovi modelli di sviluppo, non può
più evidenziarsi un preciso fondamento basato sul lavoro ma, forse, solo
sul profitto di pochi, sicuramente su un modello di nuove regole nel campo del
lavoro ben diverso da quello esistente in un tessuto imprenditoriale del 1947.
Oggi il concetto è ben diverso poichè manca una vera possibilità di
lavoro!
Un articolo che oggi appare alquanto
retorico, costruito su una passata ideologia comunista che i Costituenti hanno
inteso formulare in favore della classe lavoratrice di quel tempo. Meglio
sarebbe oggi:fondata sulla libertà, sul rispetto e sulla pari dignità.
Ma si potrebbero individuare altre
anomalie circa il terzo,…. “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e
sono uguali davanti alla legge senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua,
di religione, di opinione politica” In via teorica tutto ciò potrebbe sembrare
realistico ma, se, per quanto riguarda la pari dignità sociale, la distinzione
di sesso e di razza e di lingua, non si può che essere d’accordo, non ci pare
che, oggi, possiamo davvero esserlo davanti all’attuale esercizio dell’espressione
politica e della legge. Pochissimi cittadini sono, oggi, in grado di comunicare
le proprie opinioni politiche se non attraverso la forza di precise risorse
finanziarie o soggiacendo agli interessi dei Partiti. Inoltre, fino a quando
non si studiano nuovi percorsi e regole capaci di individuare un rapporto di
equilibrio tra il potere politico parlamentare, quello esecutivo e l’ordine
giudiziario, le opinioni politiche difficilmente potranno essere libere nel
loro pensiero.
Senza le regole dettate dai nuovi
principi della stessa Carta, sia i Partiti che la Magistratura,
potrebbero condizionare fortemente qualunque opinione politica voluta dal
cittadino.
E si potrebbe, poi, continuare....
riscontrandosi con altri articoli vecchi e persino contradditori malgrado le
buone intenzioni, che non potranno mai agevolare un percorso della politica
funzionale, ad esempio, nella parte dell’Ordinamento della Repubblica
Titolo 1, riguardo alle funzioni del Parlamento, dove l’articolo 67 recita: Ogni membro del Parlamento rappresenta la
Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato .Curiosa teoria,
poiché tutti sanno che un vincolo vi è ed è sempre più evidente: quello
dettato dai Partiti e dai loro leaders. Questa retorica e ipocrita prassi
di voler ancora considerare il parlamentare libero nella sua scelta, viene
continuamente smentita da un suo chiaro condizionamento ad una forza di Partito
che spesso lo favorisce anche nella elezione, soggiacendolo ad un preciso
interesse. Ogni nuova legge elettorale potrà seguire questo articolo, solo se
si apporterà la necessaria riforma.
E poi ancora…..sulla parte seconda Titolo
primo (più facilmente rinnovabile) in riferimento alle Camere ed allo sproporzionato numero di
deputati, sulla loro ripetuta elezione, sul sistema di elezione degli stessi,
sulla formazione delle leggi e sull’uso esagerato dei decreti legge che
alterano e riducono la vera attività del Parlamento. Chiaro sintomo di una
Repubblica parlamentare in crisi.
Per arrivare persino….alle strane
singolarità del Titolo quarto, allorquando, attraverso l’articolo 104 in
riferimento alla Magistratura ed alla istituzione del Consiglio superiore, si
pone un’anomalia. Anomalia costituita da un difficile posizionamento di ciò che
dovrebbe figurare come un”ordine” indipendente, ma che, eletto per due terzi da
magistrati ordinari, finisce col rappresentare un vero e proprio potere. Potere
fortissimo, poiché in grado di limitare la libertà delle persone, potere
sostanzialmente in contrapposizione a quello politico che agisce in
rappresentanza del popolo.
Ma
in via di principio questa Carta esprime dei valori importanti anche se poi non
se ne conseguono i risultati.
La nostra Costituzione, che come scopo
dovrebbe avere il compito di guidare e fornire una traccia al complesso di
norme per meglio definire la struttura dello Stato, non sembra avere oggi un
giusto funzionamento che la porti al raggiungimento del suo desiderato fine. In
se, essa potrebbe apparire perfetta nella rappresentazione dei valori per la
determinazione di una democrazia, ma può solo idealizzarne il raggiungimento.
La passata Assemblea Costituente che ebbe
il compito di porre le norme fondamentali dell’ordinamento dello Stato,
determinò le regole per una concezione politica in opposizione ad una visione
di assolutismo, riconoscendo la validità di uno Stato fondato sulle norme e sui
poteri. Ma qualunque norma o confine di potere, dopo la smisurata e sregolata
crescita economica e sociale di questi sessant’anni, non potrebbe che essere
rivisitata affinché non possano continuare a riscontrarsi ulteriori anomalie
dovute ad un progresso che ha alterato gli stessi valori della società.
Anomalie che non potranno mai dare innovazione al percorso di una politica che
si vorrebbe efficiente e costruttiva.
Una carta costituzionale che, per una sua
utile modernizzazione, non dovrebbe esimersi dall’osservare in lungimiranza un
possibile sistema funzionale basato su principi più moderni in proiezione delle
normative e della suddivisione dei poteri. Una carta costituzionale utile ed
indispensabile, ma sicuramente da rinnovare, poiché non potrebbe mai essere
richiesto un suo stravolgimento.
vincenzo
cacopardo