27 ott 2013

Un nuovo commento di Domenico Cacopardo sull'attuale crisi

LE INTENZIONI E LA RESPONSABILITA’
di domenico Cacopardo 

Nel caos nel quale ci dibattiamo, tra crisi epocale, incerte terapie e divisioni crescenti, cerchiamo, per un giorno, di allontanarci dalla quotidianità per esaminare le ragioni meno evidenti delle attuali difficoltà.
Sul ring nazionale, in fondo, si scontrano due idee etiche (è paradossale parlare di etica in questi giorni, ma ci proviamo): l’etica delle intenzioni e l’etica della responsabilità.
A esse corrispondono due partiti, uno dei quali, il partito delle intenzioni, è largamente maggioritario. È vecchio come il cucco e vi hanno militato personaggi (limitandoci ai più recenti) come Bonaparte, Garibaldi, Marx, Lenin, Mussolini, Hitler, Stalin, Gorbaciov. Nomi che mostrano a quali eccessi e aberrazioni porta la logica, appunto, delle intenzioni.
In Italia, ai nostri giorni, vanno iscritti d’ufficio Berlusconi, Grillo, Renzi, Landini, Camusso e via dicendo. L’odierno partito delle intenzioni vuole molte cose largamente condivisibili: meno tasse; più soldi in busta paga e nelle pensioni; accoglienza allargata per i rifugiati politici; fuori i ladroni dal Parlamento; svecchiamento delle classi dirigenti; il primato delle idee (ma quali?); partecipazione di tutti (i 500 di Pizzarotti e la mitica incontrollabile rete); basta con questa giustizia; viva questa giustizia; basta con le opere pubbliche faraoniche e distribuiamo i soldi di esse ai bisognosi; obblighiamo la Fiat a investire in Italia; Telecom e Alitalia italiane; no agli F35; più ricerca scientifica anche in campo aeronautico; casa per tutti e blocco degli sfratti; liberalizzare il mercato e rilanciare l’edilizia; salario e lavoro garantito; più carceri e più centri di accoglienza (e qui anche Napolitano ci ha messo la sua dose di demagogia). Potremmo riempire dieci pagine con i desideri, le proposte, le pretese dei militanti nel partito delle intenzioni.
Già, è facile chiedersi, con quali risorse, con quali politiche?
Rispondere non interessa a questi italiani che, di volta in volta, pensano alla tosatura dei ricchi, a nuove tasse, a tagli di spesa, all’Europa, alla punizione del sistema finanziario. Né c’è nessuno che ricordi che siamo in un’economia globalizzata con le sue regole (anche papa Francesco si scaglia contro di essa senza pensare che con essa 1 miliardo di persone è uscito dalla povertà) e in un’Unione europea con il suo ormai imponente pacchetto di norme sostanziali e di comportamento. Quindi i limiti della nostra azione sono segnati e le intenzioni realizzabili pochissime, quasi nessuna.
Dall’altra parte ci sono gli esponenti del partito della responsabilità. Essi sono pochi e meno fascinosi, meno popolari, spesso incapaci di suscitare i deliranti consensi degli altri. Hanno importanti predecessori, da Cavour a Bismark e Metternich, a Giolitti, a Churchill, a Margareth Tatcher, a De Gasperi, Adenauer, Schumann. Più di recente, Craxi e D’Alema. Tutti hanno contribuito alla crescita delle loro nazioni, consolidandole in termini economici, sociali e civili. In Germania Angela Merkel ne è la leader indiscussa. Gli odierni  ‘responsabili’ italiani sono stati e sono capaci di decisioni impopolari nei limiti ristretti in cui esse sono digeribili dal Parlamento e si chiamano Giorgio Napolitano, che spende il proprio soft-leninismo in difesa dell’unico quadro politico che ci può far sopravvivere, ed Enrico Letta. Monti dopo un breve periodo di militanza, ha ceduto alla vanità ed è passato al partito opposto. Altri leader non se ne vedono in giro e la sproporzione tra gli ‘intenzionisti’ e i ‘responsabili’ è troppo marcata per assicurare la sopravvivenza del governo e delle sue flebili, ma realistiche, decisioni.
L’idea di aprire un dialogo tra destra e sinistra era un’idea giusta e responsabile che apriva una prospettiva. Sembra –e l’elezione dell’immarcescibile Rosi Bindi, estremista senza se e senza ma, ne è l’ultima dimostrazione- che gran parte di Pd e di Pdl lavorino per rendere impossibile qualsiasi comune decisione, anche se la decadenza di Berlusconi è ormai digerita. Il mondo produttivo, a parte le eccezioni, ragiona in termini concreti: finché non si renderà conto che il partito dei responsabili ha qualche chance di vittoria e di durata non rischierà l’avventura di nuove iniziative. Gli basterà la difesa dell’esistente.
Scriveva Guicciardini che l’azione politica è forte quando la speranza è maggiore della paura: per noi italiani la speranza è legata oggi al successo della minoranza responsabile.
C’è poco da essere allegri….


25 ott 2013

L'ambizioso rottamatore... simula abilmente..



Matteo Renzi,  blocca la deriva proporzionalista optando in modo scontato per un sistema maggioritario. L’impianto su cui lavora e si propone parte dalla bozza D’Alimonte: soglia del 40 per cento per ottenere il premio di maggioranza, eventuale secondo turno se nessuno dovesse superarla, brevi liste bloccate in circoscrizioni piccole per legare i parlamentari al territorio. 
Al di là di ogni indubbio legame col territorio Renzi, sempre più carico di particolare teatralità,  parla di questi argomenti come se volesse porre le nuove regole ad un incontro di calcio.. asserendo,  che in una democrazia si devono in assoluto determinare vincitori e vinti. Queste sue dichiarazioni nascono spontanee e sicure in considerazione di un’esperienza costruita come Sindaco in una amministrazione comunale. Non per niente…questa proposta di sistema elettorale è volutamente simile a quello per le amministrazioni comunali.
La sua è la solita insistente strada che continua a spingere alla determinazione più sicura di un bipolarismo attraverso un sistema maggioritario...Una via che non intende ricercare percorsi alternativi meno costretti, ma che vuole imporre ad ogni costo la sicurezza di un qualsiasi governo.  
Nulla di strano… se non si individuasse in questo pragmatico percorso una diversa sintonia con le esigenze che spetterebbero ad una politica di livello nazionale, ossia legata alle primarie istituzioni di una Repubblica che,  per costituzione, imporrebbe maggior rispetto per la formazione di una politica parlamentare non forzata da una governabilità. 
Porre una camicia di forza alla base della politica determinerà sempre estreme difficoltà alla stessa funzione di governo…Strano che tanti soloni della politica odierna non se ne siano ancora accorti!
Il giovane sindaco, come altri, non sembra intuire la primaria importanza della definizione di un metodo per le elezioni posto attraverso regole che devono favorire maggiore apertura alla base della politica…come non pare percepisca l’importante necessità di dover lavorare fondamentalmente per una riforma di rinnovamento dei Partiti.

Un’altra figura gigionesca che ostenta fin troppa sicurezza, non manifestando una doverosa umiltà e che sembra ambire al potere ed al comando.. simulando abilmente un comportamento da cittadino comune nell’uso ostentato di una bicicletta. 
vincenzo cacopardo

24 ott 2013

Il facile dissenso...nel vuoto di una politica priva di idee


Sembra che Grillo e Casaleggio non siano arrivati più a Roma come promesso. La mancata presenza dei due guru del Movimento ha portato sollievo ad alcuni deputati grillini che avevano mostrato un certo nervosismo per quello che avevano definito una inopportuna irruzione che li avrebbe distratti dai compito e dai lavori della Camera e del Senato. Qualcuno di loro pensa che potrebbe arrivare soltanto Casaleggio per un controllo di routine, qualcun altro prevede che Grillo in base alla polemica scoppiata sul caso dell'abolizione del reato di immigrazione clandestina, si renderà presto disponibile ad intraprendere un dialogo con i parlamentari, al fine di chiarire l’argomento.
Ma la questione centrale di questo Movimento… rimane sempre sul tappeto!: un gruppo di figure poco capaci, trovate attraverso un computer,  senza alcun riscontro dialettico tra gli stessi, senza una vera conoscenza del loro pensiero… imposti dai loro capi supremi affinchè si potesse sostenere una opinabile democrazia diretta. Proseliti che rimangono continuamente controllati e seguiti come scolaretti ..ed in certi casi rimandati o respinti.
Grillo e Casaleggio continuano a voler contrastare le vecchie “logiche di Palazzo" nelle quali non intendono essere impelagati…e di tanto in tanto.. preferiscono una visita diretta con i loto parlamentari non tralasciando le piazze ed i loro Vday. La loro politica persiste, in modo assai declamatorio, nell’evidenziare la rinuncia al finanziamento pubblico ed a mettere in luce l’esigenza delle donazioni pubbliche libere e volontarie al fine di poter sostenere i continui Vday
Grillo è persino azzardato quando, attraverso le sue apparizioni teatrali nelle piazze, induce il popolo ad andare oltre la finanza, oltre i partiti, oltre le istituzioni malate, oltre l’ Europa. Il suo dialogo da palcoscenico rimane sempre ostinato su continue posizioni contro il vecchio sistema (che rappresentano il suo unico merito), ma non pare svilupparsi in una ricerca di nuove soluzioni. Comincia ad apparire fin troppo monocorde e scontato!.. Nei suoi lunghi sermoni, non sembrano  riscontrarsi nuove proposte sensate ed innovative che potrebbero dar corpo all’ambito cambiamento.
Il suo Movimento sarà comunque destinato a crescere poiché continua a rappresentare la voce del dissenso… la voce di chi, pur non riuscendo ad indicare un percorso nuovo, si appropria di un consenso, nella totale assenza di nuove idee politiche da parte di chiunque altro.
La voce del dissenso vincerà sempre.. su una politica priva di idee!
vincenzo cacopardo






23 ott 2013

Maggioritario o proporzionale...quali riforme per l’ innovazione?



TRATTO DALLO STUDIO DI RICERCA
di v.cacopardo

Non v’è dubbio che, nel nostro Paese, un sistema proporzionale, non riesce ad adattarsi ad una concezione del bipolarismo  tendente a definire con più semplicità e concretezza una sicura governabilità. Per portare avanti il sistema bipolare occorre quindi un maggioritario secco che possa offrirgli maggiore sicurezza ed efficienza. 

Definito un simile sistema.. al quale, oggi, una gran parte delle forze politiche aspirano, il problema, comunque persiste sulle conseguenze che si riportano ad una libera azione democratica: Infatti definendo in modo snello quella maggioranza, si rinvigorisce l’aspetto governativo, ma, nel contempo, si indebolisce l’effetto fondamentale di una politica di base che dovrebbe supportare le diverse idee e le particolari esigenze provenienti dal basso. La scelta del maggioritario viene sempre promossa  e spinta da coloro che si potrebbero definire  “ attori e protagonisti” , personaggi che guardano ad un riscontro individuale della figura nel senso più egocentrico.

Qualcuno potrebbe affermare che ogni progetto può essere definito e portato avanti solo da coloro che rappresentano la testa di un sistema..ossia un governo con i suoi ministri, ma ..come ormai comprovato in questi ultimi tempi… è sempre più difficile sostenere una governabilità, senza una base politica di appoggio più sicura.

Preoccupa, in ogni caso, il fatto di voler operare con un modello maggioritario di sostegno ad un bipolarismo, perchè finirebbe con contribuire ad edificare un sistema sempre più rigido col rischio di non innovare nulla e di condurre dritto ad un autoritarismo.  Un bipolarismo, com’è noto, definisce due correnti di pensiero differenti ed in contrapposizione per visioni ideologiche che tendono ad identificare le scelte. Queste scelte pongono, coloro che  devono condividerle, di fronte ad un bivio al quale il singolo pensiero del politico non potrà, né dovrebbe mai sottomettersi: difficile poter condividere in toto un progetto per il quale si potrebbe essere d’accordo solo in parte!

La differenza di pensiero..al contrario.. può solo essere positiva per la dialettica su cui poggia l'arte della politica...e va protetta! La politica non può procedere attraverso limitate concezioni che non possono appartenere ad una vera democrazia. Esse portano ad una visione fortemente leaderista, ad una fittizia esaltazione della figura, ed infine…alla deprecabile venerazione dell’individuo. Un ideale al quale oggi, solo inconsciamente ogni società civile, può aspirare! Qualora.. invece.. si volesse optare per operare attraverso un sistema proporzionale ci si dovrebbe scordare di ogni sistema bipolare..provvedendo alla ricerca di altri e differenti metodi per il riscontro di una maggioranza.

Da un lato …il sistema proporzionale offre maggiore politica di base rendendo più instabile un percorso governativo. Dall’altro...quello maggioritario offre più garanzie di stabilità ad ogni esecutivo, limitando..ma spesso anche, soffocando, ogni possibile dialogo alla base. Quale la soluzione.. dunque.. se non si opera verso un innovativo percorso che possa offrire ad ambedue… una più libera strada favorendo un traguardo più efficiente ed equilibrato? 

Per ottenere un risultato più innovativo e funzionale occorre di sicuro aprirsi in direzione di una nuova forma mentis..guardare ad un percorso di nuove idee tirandosi fuori dal quadro della visione del sistema istituzionale in cui siamo fin troppo immedesimati. Qualunque risposta dovrebbe considerare una futura divisione dei ruoli. Una suddivisione che possa vedere un sistema proporzionale per la ricerca della costruzione di una politica di base fondata sulle idee.. ed uno maggioritario per l’identificazione delle figure amministrative competenti. Due ruoli separati per capacità e per obiettivi, che possano lavorare senza conflitti e compromessi di sorta al fine di rendere più funzionale ogni percorso.

21 ott 2013

Un atto sessuale non può motivare la violenza


Il tragico episodio di Modena si inserisce in quel lungo filone delle tante violenze ed abusi nei confronti delle giovani ragazze. Al di là della tragedia assai triste, si continua a voler discriminare l’atto sessuale collegandolo a queste particolari storie che tutto possono sembrare.. ma non di specifico sesso. La violenza non può essere motivata dall’atto sessuale, il quale può esprimersi in forma erotica assai meglio attraverso un atto di dolcezza.  Non può essere legata naturalmente all’atto erotico ma condotta da una precisa deviazione che si esprime con l'aggressività. 
  
GIOVANARDI: "Non voglio entrare nel merito della vicenda che l’autorità giudiziaria dovrà chiarire in tutti i suoi controversi aspetti. Quello che ritengo insopportabile sono certe dichiarazioni, tra l’indignato e il meravigliato, come se fosse possibile, 364 giorni all’anno, dileggiare ogni regola ed ogni principio educativo, presentando la sessualità come uno dei tanti beni di consumo, e poi scandalizzarsi se i ragazzi non si rendono neppure conto dell’inaudita gravità di certi comportamenti", Se si sgancia la sessualità da un rapporto di amore e di rispetto reciproco, svalutandola a livello di semplice divertimento, non ci si può illudere di risolvere il problema attraverso la repressione penale".

Leggendo queste parole si ha la sensazione che Giovanardi non comprenda la differenza tra una forma di violenza da quella sessuale, legando insieme, con troppa facilità, le due forme espressive: Non è detto che non si possa fare sesso senza esprimere alcuna violenza, come non è affatto sicuro che in un rapporto di “rispettoso e reciproco amore” (come lui specifica) qualcuno non possa di colpo manifestarsi violento. Non può essere una questione di amore o di sesso ma di stabilità o no dell’individuo.
Quello che più deve colpire.. non può essere l’espressione erotica di un rapporto, seppure presentato ormai troppo come bene di consumo, ma ogni forma di  violenza e prepotenza che.. giorno per giorno.. si presenta davanti agli occhi dei nostri giovani nelle pessime rappresentazioni cinematografiche e televisive, nelle playstations e giochi simili.. che la società distribuisce tranquillamente e che formano in modo negativo ed in senso aggressivo i ragazzi d’oggi. 
vincenzo cacopardo

POTENTATI, SOCIETA’.. E REGOLE



Se la corda si rompe.......
di vincenzo cacopardo

La crisi economica che investe tutto il mondo sembrerebbe generata da un assurdo sistema che impone alcune regole a protezione dei grandi potentati.
Se la ricchezza è mal distribuita, e ciò viene tollerato da tempo attraverso le regole di un impianto edificato con la forza del denaro, questo si deve ad una precisa volontà di alcune influenti lobby che la sostengono costantemente continuando a trarne beneficio. Un beneficio dei pochi, i quali dovrebbero comprendere che questa corda non potrà esser tirata troppo.
Se la corda si rompe.. anche il beneficio e le ricchezze dei pochi decadranno ed il rischio di una rovina potrà colpire l’intera società nel suo insieme: povertà e ricchezza potrebbero lasciare lo spazio a distruzione, sfiducia e fine di ogni sistema democratico collettivo.

I gruppi influenti, con le loro risorse, dovrebbero fare bene i conti e vedere con maggior saggezza un futuro diretto al necessario bilanciamento, attraverso una comune collaborazione che possa indicare una vantaggiosa convivenza: meglio usare le spropositate ricchezze in favore di una società dove si intende vivere tranquilli, favorendo lavoro e benessere comune, contribuendo così, ad una speranza… anziché pretendere serenità da una comunità che genera prevalentemente povertà e sfiducia nel prossimo.

In realtà.. (verità che appare oggi assai condizionante), la società mondiale si è costruita, col tempo, in tale indiscreto modo, da perdere il fine sensato di una indispensabile regolamentazione. Un sistema non basato su una economia di equilibrio collettivo, ma sul peso che il denaro può esercitare sul singolo individuo. Ciò ha portato a non individuare il giusto percorso e ad identificare il denaro come un fine e non come il mezzo necessario per la crescita del nostro Welfare.

Inutile illudersi!...La teoria del libero mercato non può più funzionare in rapporto al carico notevole che essa impone ad una società che si vorrebbe più equa!  Se un libero mercato sembra indispensabile per un progresso che voglia basarsi sul merito, sulla qualità e su un essenziale principio di competizione, questi deve per forza far uso di una regolamentazione che renda maggior equilibrio e più stabilità alla società…Non è solo un problema di etica ma anche di sostanza!      
La società è ormai formata!.. il problema fondamentale, oggi, è quello di saperla equilibrare! Di renderla bilanciata in favore di un benessere collettivo che possa soddisfare le esigenze di tutti senza incidere negativamente sui valori, sui meriti e le capacità.


19 ott 2013

Santoro favorisce il cavaliere... e accende il PDL

Un altro grande favore al cavalire, quello offerto dalla trasmissione Servizio Pubblico condotta da Santoro la sera di giovedì sulla Sette. Santoro ha nuovamente prestato il fianco al PDL conducendo una puntata il cui contenuto non è apparso adatto al momento e persino retorico e pretestuoso.

L’attenzione si è concentrata sulla figura della appariscente attrice Bonov che con le sue dichiarazioni (vere o false..si vedrà) ha tirato fuori una sorta di rabbia contenuta da tempo per il modo con cui si è mosso tutto il sistema accanto alla sua professione nel passato. Una pioggia di dichiarazioni  sulle raccomandazioni di Berlusconi e sulla sua fidanzata Francesca Pascale, 

Ha raccontato della pressione del Cavaliere nei confronti dell’ex direttore generale Rai Masi al fine di acquisire i diritti per trasmettere una fiction in cui la stessa attrice era la protagonista. Di un premio specifico da dedicare nel festival del cinema di Venezia e di altre iniziative promosse in favore suo e della Pascale dall’ex premier col quale, ha dichiarato, aver fatto sesso.
Lo ha raccontato come si fosse ravveduta di aver partecipato ad una sorta di malaffare di un sistema tendente ad aiutare chi è raccomandato e non chi merita. Il ché appare davvero strano e difficile da poter comprendere in considerazione che, lei stessa, ne ha tratto un immenso vantaggio. In certi casi è più comprensibile poter giustificare un pentito se le sue dichiarazioni avvengono in un tempo più contestuale rispetto ai fatti!
L’attrice poi..con il favore del conduttore, ha continuato asserendo in modo indebito la presunta omosessualità della Pascale, oggi fidanzata ufficiale di Berlusconi, asserendo, anche una sua forte e pericolosa determinazione al comando nei confronti dello stesso Cavaliere.
Si è poi continuato oltre con i pettegolezzi e le indiscrezioni poco utili ad una trasmissione che si propone per i commenti sulla politica e le istituzioni, malgrado le voci irritate ed infastidite di Massimo Cacciari.
Se non si conoscesse la professionalità di Santoro si potrebbe persino sostenere una precisa volontà del conduttore a favorire Berlusconi, poichè mai durante le sue trasmissioni si è intravista una tale forzata volontà di colpire così in basso un avversa figura, mai con tale assurda insistenza e perseveranza...mai con una così errata tempistica.

Si continua a rendere forza al Cavaliere ed ai suoi adepti del PDL, i quali non possono che trarre ulteriore forza per dare fiato alle loro bocche ..dimostrando con successo.. certe meschinità che si attuano nei confronti del loro capo supremo.... Non potrebbero che essere grati a Servizio Pubblico!
vincenzo cacopardo
Commento all’Editoriale di Antonio Polito sul Corriere della sera del 17 Ottobre 2013

Hanno dunque ragione gli analisti di Barclays quando dicono che la direzione dell’aereo Italia è giusta. Il problema è che continua a perdere quota. E se Letta e Alfano, pilota e copilota, non riaccendono i motori, rischiamo di fare la fine dell’Alitalia. Non è infatti saggio traccheggiare in attesa che arrivi la ripresa. Potrebbe anche saltarci. Guardate che è successo alla Fiat nel mese di settembre: le sue vendite sono cresciute nei grandi Paesi europei tranne che in Italia (meno 12%). Avrebbe potuto fare di più il governo per stimolare la crescita, pur rispettando i vincoli europei? Certo che sì. Ma avrebbe dovuto trovare nel bilancio i soldi per finanziare vere riduzioni fiscali sul lavoro e sulle imprese. Invece siamo al punto che ci si congratula per l’inazione sulla spesa pubblica.
Il mancato intervento sulla Sanità, per esempio, è positivo se protegge i servizi essenziali, ma è negativo se conferma gli squilibri e gli sprechi di un settore dove dei costi standard si è persa memoria. Gli unici taglietti, quelli sugli straordinari degli statali, hanno già prodotto una minaccia di sciopero generale dei sindacati: vedrete che in Parlamento si dissolveranno. Perché Letta e Alfano hanno accettato di perdere un anno? Ci si sarebbe aspettato, dopo il voto di fiducia, che i due rinegoziassero da posizioni di forza il patto di governo con i partiti. Invece la legge di Stabilità è il frutto dei soliti compromessi. I due Dioscuri del governo non hanno utilizzato il bonus che avevano appena guadagnato battendo con una spettacolare manovra parlamentare i rispettivi falchi. Anzi, sembrano già tornati in minoranza nei loro partiti. Per usare un gioco di parole di Nino Andreatta, ripreso di recente proprio da Letta, si sono dimostrati bravissimi in «politica» e si sono inceppati sulle «politiche». Ma la politica non può bastare. La maggioranza degli italiani pensa ancora che questo governo sia meglio di nessun governo. Ci metterà però poco a cambiare idea se si convincerà che è un governo inutile perché le larghe intese lo ingabbiano, invece di dagli la libertà di fare ciò che serve. E infatti già ringalluzziscono i nemici di Letta e Alfano: metà Pdl e metà Pd. Se i due piloti non riprendono la cloche, il deficit di politiche si trasformerà inevitabilmente in debolezza politica. E allora anche la stabilità, bene supremo per la ripresa, tornerà a rischio.
antonio Polito


Sempre utili e sagge queste metafore usate da Polito. L’idea di un aereo che vola con l’aiuto del pilota automatico, mentre il pilota Letta ed il copilota Alfano.. non pensano di riaccendere i motori …convinti che la rotta sia giusta senza tenere nella minima considerazione l’altimetro indicante l’abbassamento di quota del velivolo, indica perfettamente quale può essere la pericolosa contraddizione nello scenario politico: Non si vede che l’aereo perde quota, ma… ancora peggio… si ha la presunzione di non dare uno sguardo all'altimetro poiché convinti che tutto sia a posto.
Sembra chiaro che le larghe intese hanno avuto il particolare effetto di incantare i cittadini ma non di considerare quanto assai debole ed inerme appaia oggi la politica. Dunque è anche fondato il percorso intuito da Polito circa un risvolto che vedrà qualcuno al più presto.. prendere in mano la cloche del velivolo, per riportare l’aereo in quota, poiché stanco ed impaurito da una possibile caduta senza scampo.
vincenzo cacopardo    


18 ott 2013

Monti e Casini... tradimenti, contraddizioni e convenienze

Oggi Monti afferma che Mauro e Casini ritengono che l'appoggio al governo debba essere incondizionato.. ma, secondo l’ ex premier non è quella linea del partito che, loro stessi, gli hanno chiesto di fondare. Il professore ha giustamente spiegato che Scelta Civica
appoggiava il governo chiedendo una minore dipendenza da Pd e Pdl che continuano a muoversi con interessi elettorali".
La domanda che potrebbe rivolgersi all’ex premier potrebbe essere quella di come non possa essersi accorto, già da tempo, del cambio di marcia effettuato dallo stesso Casini rispetto alla sua prolungata ed annosa lotta contro il bipolarismo e di come.. lo stesso, per logici motivi di convenienza personale, si sia prestato al gioco delle larghe intese dei due grandi Partiti che hanno operato con una logica da lui sempre avversata.
Lo stesso Monti aveva incantato una buona parte del suo elettorato, durante la sua campagna elettorale, plaudendo alla fine delle contrapposizioni politiche e quindi… innescando un nuovo percorso per una politica di riforme. Aveva  creato un Partito che avrebbe dovuto rompere il dominio del vecchio sistema basato sulle ideologie Destra-Sinistra, per proiettarsi verso una nuova innovazione della politica. Al contrario sembra, invece, essersi adagiato sulla vecchia logica inserendosi nel gioco delle poltrone.
Non dimentichiamo che la mossa di Monti appariva allora come una rottura nei riguardi di un sistema mal funzionante... per quale ragioni a voluto aspettare questo lungo tempo? Per quale motivo si è fatto, anche lui, trascinare in una logica di larghe intese se la sua doveva  essere una lotta contro un sistema politico istituzionale che fino ad oggi ha continuato ad operare sulle linee di una concezione politica bipolare?
Se Casini appare esperto e tanto furbo da restare a galla, è perché.. nonostante le sue continue prediche e paternali.. rimane attaccato alle logiche del passato: concezioni di chiara convenienza. Ma per Monti… che al contrario, è pur sempre un senatore a vita..la cosa appare diversa. Monti non è attaccato a vecchie logiche di convenienza, ma non sembra capace di muoversi come uomo di Partito. Monti rimane un tecnico ben visto dalla Comunità Europea, ma incapace di muoversi nel contesto politico di un Paese che necessita di grande innovazione basata sulle idee. 
vincenzo cacopardo 




Una legge elettorale, non può essere primaria!

Un’altra importante questione all’occhio degli odierni riformisti è quella di una legge elettorale che possa sostenere meglio la rappresentanza di un sano Parlamento
Ha detto bene il ministro Quagliariello quando ha dichiarato che una riforma della legge elettorale, se svincolata dalle altre indispensabili riforme, non potrà mai sortire un utile successo, nè procurare migliore funzionalità al percorso della politica.

Entrando nel dettaglio delle proposte, non potrà mai convincermi una richiesta del voto di preferenza quando questo venisse, in più, proposto sotto un finanziamento privato. Sarà facile nel nostro furbo Paese finanziare attraverso una forma privata figure incapaci, legate al potere finanziario o persino corrotte, quando si hanno gli adeguati mezzi e le esose risorse... Ci sarà poco da lamentarsi dell'apparizione di ulteriori figure assolute e dispotiche legate al sistema economico finanziario! 

Occorre un filtro e questo esame deve essere operato dal Partito di provenienza del candidato che si propone. Sarebbe, però, essenziale operare di dovere una sorta di primarie tra i candidati in seno ad ogni Partito. Ma necessario sarebbe anche non offrire alcuna possibilità ai privati di entrare nel gioco pericoloso dei finanziamenti ( nemmeno sotto un controllo al quale si potrebbe sfuggire con scaltrezza).

Si pretende ancora di poter aggiustare il sistema logorato della politica, pensando di poterlo risolvere attraverso una legge elettorale che abolisca il finanziamento pubblico e nel contempo offrire al privato l’opportunità di sponsorizzare la preferenza dei candidati….come dire: Chi ha le risorse per una comunicazione, riuscirà sempre ad imporsi contro chi non potrà mai averle per esporre le proprie idee! Prevarrà sempre una deviante comunicazione e resteranno sempre soffocate possibili nuove proposte!
Un’assurda contraddizione di cui il cittadino non si accorge poiché pervaso da un odio nei confronti di una generica politica che nel passato ha divorato risorse alla società. Una posizione che alcune forze politiche odierne appoggiano per interesse, ma tendente ad incancrenire una vera politica democratica facendo forza sulla emotività e l’ignoranza del cittadino comune.
Se la legge elettorale rimane un mezzo complementare per determinare una maggioranza, i Partiti restano decisivi per la ricerca di un percorso innovativo della politica.

Il mio pensiero vede, quindi, fondamentale una riforma verso il ruolo dei Partiti attraverso un’adeguata regolamentazione da imporre (sul RUOLO: ricerca delle idee in favore della politica- sulle CANDIDATURE: attraverso specifiche primarie - sul FINANZIAMENTO: che dovrebbe essere pubblico, ma adeguato alle spese documentate).

Una primaria regolamentazione dei Partiti che risulta sicuramente prodromica a qualsiasi altra riforma poiché la stessa  Costituzione Italiana riconosce il loro basilare ruolo  quando con l’art. 49, ci dice che «tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere in modo democratico a determinare la politica nazionale».
vincenzo cacopardo



Un commento di Domenico Cacopardo sull’autolesionismo delle amministrazioni regionali.

  
I DIPINTI VIAGGIATORI
di domenico Cacopardo
È l’autolesionismo che guida la mano dei presidenti della Regione Sicilia e dei vari assessori alla cultura nel firmare i provvedimenti che consentono a opere d’arte di viaggiare nel mondo per partecipare alle varie mostre che si imbandiscono a uso di folle più o meno vaste di visitatori. Autolesionismo e insufficiente conoscenza di ciò che accade ai reperti viaggiatori.
Certo, soddisfa l’ego dei personaggi presenziare ai vernissage ed essere gratificati dall’elogio degli organizzatori, ma ciò non basta per assolverli dalle gravi responsabilità che si assumono.
Né vale dichiarare, come ha fatto Rosario Crocetta, che ha dovuto (sottolineo “dovuto”) onorare gli impegni presi dei suoi predecessori: nulla vietava di revocare questi impegni e sfido chiunque a dimostrare che il Mart, l’ultimo dei musei interessati, avrebbe potuto e voluto iniziare un’azione giudiziaria contro la Regione.
Dicevamo autolesionismo. Sì, l’autolesionismo di chi non si rende conto che gli amanti dell’arte sono girovaghi e inseguono i loro sogni recandosi di persona nei luoghi in cui sono custoditi reperti archeologici, dipinti famosi o meno, sculture, opere di loro interesse.
Conosco un appassionato che, volendo approfondire la storia artistica di Pisanello, s’è recato a Palermo per vedere il Trionfo della morte del museo Abatellis (di incerta attribuzione) e poi ha raggiunto Gangi per esaminare il dipinto dello Zoppo di Gangi, Giuseppe Salerno, che raffigura un apocalisse, e poi al museo civico di Bettona (Perugia) per conoscere l’opera, colà esposta, di Jacopo Siculo. Un caso tra migliaia di persone che raggiungono la Sicilia per ripercorrere la strada di Caravaggio da Siracusa a Messina (a proposito, nessuna iniziativa specifica per i due capolavori del Museo regionale, salvo una serie di improvvidi viaggi soprattutto per la Risurrezione di Lazzaro), a Palermo (dov’è scomparsa la sua Natività); per ammirare la nave fenicia e i reperti archeologici di Marsala o il Fauno danzante di Mazara del Vallo, inviato (ma vi sembra normale?) sino in Giappone. Si tratta di un turismo appassionato e competente nulla a che fare con i vacanzieri che hanno spinto tanti siciliani a rovinare i litorali, le bellezze naturali.
Diceva Elio Vittorini (parole riferitemi da Raffaele Crovi, suo primo collaboratore) che i siciliani non amano la Sicilia, giacché hanno consentito (e consentono, aggiungo) la devastazione della loro terra, dando anche il voto ai devastatori.
C’è poi l’ignoranza di ciò che accade ai dipinti, alle sculture, agli oggetti archeologici che viaggiano: accade, infatti, che subiscono continui e gravi stress che hanno inciso e incidono sulla loro salute, sulla loro conservazione sul loro futuro.
Se parlassero liberamente i restauratori della Risurrezione di Lazzaro o del Ritratto di ignoto, si scoprirebbe che hanno subito danneggiamenti visibili a occhio nudo. Quelli invisibili a occhio nudo col tempo si espandono e possono compromettere l’opera nel suo insieme.
Insomma, un’altra occasione perduta dalla Sicilia, l’avere messo in viaggio tre capolavori di Antonello da Messina per una mostra che non esito a considerare stravagante, di quelle immaginate per ragioni di cassetta del museo che l’organizza e gli sponsor che la finanziano. Una ripetizione in sedicesimo di quella, magnifica di Roma, Scuderie del Quirinale, che aveva consentito ad appassionati ed esperti di fare il punto sull’artista. Dico stravagante, perché non esito a dubitare che l’accostamento a L’altro ritratto, la contemporanea mostra Mart sul ritratto fotografico (un mercato, quello della fotografia d’autore, in crescita commerciale e, per di più, molto liquido) non sia casuale. Che si crei un evento per il traino di un altro evento, molto ‘commercializzabile’, è piuttosto frequente e starebbe agli amministratori pubblici porre un freno a ogni tendenza speculativa.
A questo punto, “cosa fatta capo ha”, se Crocetta intende decidere qualcosa di giusto e importante per le opere d’arte presenti in Sicilia proponga al Parlamento una legge che faccia divieto di spostarle con una sola esplicita eccezione: l’invio in qualche laboratorio di restauro qualificato. In Italia, il più famoso, è l’Opificio delle pietre dure di Firenze.
Il resto sono chiacchiere da bar Sicilia di Gela, di Palermo o di Messina.


15 ott 2013

L’inviolabile Costituzione.. di un Paese che sprofonda


di vincenzo cacopardo
Una delle problematiche odierne sulla quale si pone una forte attenzione è quella relativa al possibile cambiamento della seconda parte della nostra Carta Costituzionale.
Oggi i Partiti sembrano schierati in posizioni nettamente  contrastanti e questo tema scottante per il futuro del Paese, pone gli stessi cittadini l’uno di fronte all'altro in una lotta di posizioni ideologiche che frenano ogni percorso di innovazione della società. Persino Grillo, che si era sempre dichiarato per combattere ogni illusoria ideologia, vedrà il proprio Movimento schierato in posizioni ideologiche diverse.
Le posizioni a sfavore di un cambiamento della Carta, però, non sembrano valutare attentamente la ricerca di un possibile funzionamento politico istituzionale in favore  del Paese. 
In un mondo in cui l’economia avanza senza una adeguata regolamentazione  e dove il popolo della finanza non conosce principi, a pagare il conto è sempre il sistema nel suo insieme. L’azione della politica non potrà mai rendersi utile e funzionale in relazione ad un’economia ed una società resa oggi assai più libera. La logica conseguenza sarà sempre quella di una politica poco costruttiva poiché impedita da una carta Costituzionale da rinnovare.
Pur senza intaccare quei principi di base che ne hanno ispirato la ragione e dando forza a quei contenuti che dovrebbero sempre proteggere l’alto valore di una vera democrazia, si dovrebbe lavorare per rimodernarla, rendendola più attuale.  Alcuni suoi articoli risultano oggi obsoleti poiché non tengono conto del cambiamento storico culturale che il nostro Paese ha avuto in questi sessant’anni.
La nostra Costituzione, che come scopo dovrebbe avere il compito di guidare e fornire una traccia al complesso di norme per meglio definire la struttura dello Stato, non sembra avere oggi un giusto funzionamento che la porti al raggiungimento del suo desiderato fine.
In se, essa potrebbe apparire perfetta nella rappresentazione dei valori per la determinazione di una democrazia, ma oggi può solo idealizzarne il raggiungimento.
La passata Assemblea Costituente che ebbe il compito di porre le norme fondamentali dell’ordinamento dello Stato, determinò le regole per una concezione politica in opposizione ad una visione di assolutismo, riconoscendo la validità di uno Stato fondato sulle norme e sui poteri.
Ma qualunque norma o confine di potere, dopo la smisurata e sregolata crescita economica e sociale di questi sessant’anni, non potrebbe che essere rivisitata affinché non possano continuare a riscontrarsi ulteriori anomalie dovute ad un progresso che ha alterato gli stessi valori della società. Anomalie che non potranno mai dare innovazione al percorso di una politica che si vorrebbe efficiente e costruttiva.
Una carta costituzionale che, per una sua utile modernizzazione, non dovrebbe esimersi dall’osservare in lungimiranza un possibile sistema funzionale basato su principi più moderni in proiezione delle normative e della suddivisione dei poteri. Un testo utile ed indispensabile, ma sicuramente da rinnovare, poiché non potrebbe mai esserne richiesto uno stravolgimento.
Considerato che i problemi della politica si concentrano essenzialmente su una  mancanza di una funzionalità e premesso che le basi per le riforme primarie devono prendere spunto dal testo della nostra Costituzione, sembra opportuno tenerne conto e farlo presente a chi oggi demagogicamente grida ad un insensato e vile attacco contro la libertà. Sarebbe peggio e fuori da ogni logica ricercare riforme innovative che possano evidenziarsi in qualche modo contrastanti con il testo della Costituzione.

Questo nostro Paese sembra continuare ad esasperare l’aspetto già negativo di una dialettica ideologica inasprendola, ancora di più, attraverso la logica di un deleterio bipolarismo. La degenerazione è sotto gli occhi di tutti: non vi è più un argomento che non vede schieramenti opposti e monolitiche posizioni di parte.. rese più estremizzate da una illogica presa di posizione ormai connaturata come principio. Non si ricerca più un progetto, né l’indispensabile armonia della dialettica.. che dovrebbe raggiungere un equilibrio, ma si rimane più attenti e predisposti ad improduttive posizioni ideologiche di parte.


14 ott 2013

OSSERVAZIONI SULLA RELAZIONE FINALE DELLA COMMISSIONE PER LE RIFORME COSTITUZIONALI





Osservazioni sulle proposte della Commissione dei saggi




La  bozza  della  Relazione  finale  è  articolata  in  sei  capitoli: 
1)Bicameralismo; 2) Procedimento legislativo; 3) Titolo V; 4) Forma di governo; 5) Sistema elettorale; 6) Istituti di  partecipazione  popolare. Sono  inoltre  allegati  alla  relazione  i  verbali  delle  riunioni  e  i documenti che uno o più dei componenti hanno chiesto di allegare. 
La commissione dei saggi afferma che,  per superare  la  crisi  politica,  economica  e  sociale  siano  necessari interventi di riforma costituzionale, i cui punti principali sono stati così individuati: 
1. Il  rafforzamento  del  Parlamento  attraverso  la  riduzione del  numero  dei  parlamentari,  il superamento  del  bicameralismo  paritario,  una  più  completa  regolazione  dei  processi  di produzione  normativa  e  in  particolare  una  più  rigorosa  disciplina  della  decretazione  di urgenza. 
 2. Il  rafforzamento  delle  prerogative  del  Governo  in  Parlamento  attraverso  la  fiducia monocamerale, la semplificazione del processo decisionale e l’introduzione del voto a data fissa di disegni di legge. 
3. La  riforma  del  sistema  costituzionale  delle  Regioni e  delle  Autonomie  Locali  che  riduca  significativamente  le  sovrapposizioni  delle  competenze  e  si  fondi  su  una  maggiore collaborazione e una minore conflittualità. 
4.La riforma del sistema di governo, che viene prospettata in tre possibili diverse opzioni: a) la razionalizzazione  della  forma  di  governo  parlamentare;  b)  il  semipresidenzialismo  sul modello francese; c) una forma di governo che cerca di farsi carico delle esigenze sottese alle primedue soluzioni, che conduca al governo parlamentare del Primo Ministro 
Per quanto concerne il bicameralismo paritario, nella commissione  prevale l’idea di cambiarlo in favore di  una  forma  di  bicameralismo  differenziato  per  attribuire  al  Senato  della  Repubblica  la rappresentanza degli enti territoriali, intesi sia come  territorio che come Istituzioni, ed alla Camera dei Deputati, il rapporto fiduciario e l’indirizzo politico.
Il  Parlamento  continuerebbe  a  comporsi  di  Camera  e  Senato,  ma  i  due  organi  avrebbero  composizione  e funzioni differenziate, con una prevalenza della Camera nell’esercizio della funzione legislativa e del Senato nell’esercizio delle funzioni di controllo. Un’altra opinione, che  ha  raccolto  consensi in  Commissione, si è  espressa per il monocameralismo unificando le due Camere che godono di pari dignità costituzionale. Questa opzione, secondo la stessa Commissione, garantirebbe una maggiore semplificazione del sistema istituzionale e quindi una migliore stabilizzazione delle forma di governo.

La  Commissione  si  è  soffermata  in  primo  luogo sull’alternativa  tra elezione diretta ed elezione indiretta, valutando soluzioni tra loro differenti: 
a)In astratto i Senatori possono essere  1)eletti dai cittadini; 2)eletti dai Consigli regionali; 3)membri  di  diritto  in  forza  degli  uffici  ricoperti nelle Regioni(Presidente della Regione) e (secondo alcuni) nei Comuni  
b)  Qualora  si  optasse  per  la  seconda  soluzione,  i  Consigli  regionali  potrebbero eleggere i Senatori al proprio interno o fuori del Consiglio;  
c) potrebbero fare parte del Senato o solo gli eletti dai Consigli Regionali, visto il ruolo che  le  Regioni  assumono  nella  forma  dello  Stato,  o  anche rappresentanti dei Comuni, data la loro specificità della storia italiana;  
d) Se  dovessero  far  parte  del  Senato  anche  i rappresentati  dei  Comuni,  occorre decidere le modalità della loro elezione.

Per quanto riguarda il Procedimento legislativo, la commissione   si  è  preoccupata  di  integrare  il  principio della  certezza  con quello,  parimenti  rilevante, della partecipazione di entrambi i  rami  del Parlamento  al  procedimento  legislativo,  in  forma  diversa  a  seconda  della  tipologia  della legge, distinguendo, in tal modo  quattro categorie di leggi: 
a) leggi  costituzionali  e  di  revisione  costituzionale; 
b)  leggi  organiche; 
c)  leggi  ordinarie bicamerali  (di  seguito:  leggi  bicamerali); 
d) leggi  ordinarie  con  voto  prevalente della Camera (di seguito: leggi ordinarie).  
Se per  le  leggi  costituzionali,  le  leggi  di  revisione  costituzionale,  le  leggi bicamerali, ed eventualmente per le leggi organiche, nulla muta rispetto ad oggi,  per le leggi ordinarie (ed eventualmente per le leggi organiche) l’iniziativa legislativa  e  il  voto  finale  spettano  sempre  alla  Camera;  il  potere  di richiamo  è  esercitato  nel  rispetto  delle  condizioni  indicate  dalla Costituzione. 
Per quanto riguarda la Camera dei Deputati, quindi, si  procederebbe al voto a data fissa per un numero limitato di provvedimenti ritenuti prioritari dal Consiglio dai Ministri secondo la seguente disciplina: 
1)il procedimento legislativo comincia dalla Camera, visto che l’istituto prevede la possibilità  che  il  governo  presenti  un  proprio  testo  e  chieda  alla  propria maggioranza di sostenere la richiesta di procedura speciale; 
2)La Camera dei Deputati delibera sulla richiesta del Presidente del Consiglio entro tre giorni dalla sua presentazione;  
3 la  data  richiesta  deve  in  ogni  caso  garantire  un’adeguata  istruttoria parlamentare; 
4) se  la  Camera  approva,  il  Presidente  contingenta  i  tempi  affinché  il  voto  finale avvenga entro  il  termine,  tenuto  conto  anche  dell’eventuale richiamoda parte del Senato e del voto successivo della Camera; 
5)i tempi per il richiamo e la deliberazione del Senato sono ridotti alla metà; 
6) scaduto  inutilmente  il  termine,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  può chiedere  che  la  Camera  deliberi  (con  unico  voto)  sulla  proposta  di  legge presentata  dal  Governo,  suddivisa  in  articoli,  eventualmente  con  le  modifiche approvate nel frattempo dalla Camera (se condivise dal Governo)

La Commissione, in tal modo avrebbe affrontato e cercato di risolvere il problema delleprocedure abbreviate che rispondano all’esigenza del governo di disporre in tempi brevi e certi dei deliberati del Parlamento su questioni  particolarmente  urgenti. 
Il  Senato  della  Repubblica  manterrebbe  la  propria  denominazione  originaria coerentemente con la disposizione secondo la quale la Repubblica è costituita dallo Stato, dalle Regioni e dai Comuni. 



Leggendo questa parte della relazione, da me sintetizzata, si può cominciare a porre l’attenzione su alcuni punti dello studio condotto dai saggi.
La Commissione, con impegno e capacità, ha certamente contribuito a migliorare il percorso del sistema istituzionale svecchiandolo e rendendolo più funzionale ( la divisione dei compiti delle due Camere sembra essere un deciso passo avanti, meglio ancora che del sistema monocamerale). 
Malgrado ciò, non sembra si sia colta l’importanza di una costruzione del sistema che deve per logica essere spinto dal basso.  L’epicentro dello studio della Commissione sembra essere il rafforzamento di un governo e la maniera di poterlo rendere forte e sicuro, ma non quello di fornirgli un sostegno necessario alla base. - Non si vuole ancora  vedere la governabilità come una funzione staccata da ogni processo di ricerca di un programma, ma si continua ad imporla e concepirla come ideatrice stessa di un progetto: un esecutivo dovrebbe distinguersi per eseguire e non preoccuparsi di programmare!
Al contrario, pare arrestarsi la indispensabile ricerca di un percorso più democratico e diretto che riesca ad offrire al cittadino il vero diritto ad un programma. Un programma accompagnato da un voto che, nel contempo, evidenzi la differenza dei ruoli delle stesse Camere.
I problemi più essenziali sono proprio quelli di trovare un nuovo funzionamento e non di aggiustare i vecchi ingranaggi corrosi. Non si può trascurare la evidente dicotomia che scaturisce in un sistema come il nostro, che per Costituzione rimane di principio Parlamentare. Un sistema che conduce spesso al sorgere di contrasti e contraddizioni le quali, non favoriscono lo sviluppo naturale di una vera politica costruttiva. Quella simbiosi politica affinché ambedue i poteri potessero camminare in sinergia, per far sì che si costruissero assieme leggi, programmi e relative mansioni amministrative, si è persa poiché ormai succube della mancanza di valori fondamentali spariti. Il punto focale sembra essere questo ed è proprio ciò che i saggi non sembrano aver messo a fuoco in senso innovativo.
Non è tanto importante il bicameralismo o il monocameralismo… quanto la funzione che queste Camere devono esprimere, non la determinazione del numero dei parlamentari..quanto il loro ruolo.
Proporre di dividere i compiti delle Camere è giusto ma si dovrebbe poter vedere una logica più definita nelle stesse competenze che i Parlamentari devono esprimere. Una divisione dei ruoli che definisca con chiarezza un risultato più utile, senza quei continui compromessi che scaturiscono dalla evidente sovrapposizione delle funzioni.

Se i saggi non hanno mancato in un’opera di ottimo restauro del vecchio sistema, non hanno del tutto colto l’importanza di un cambiamento che deve potersi ricercare attraverso una visione al di fuori degli schemi del sistema attuale. Quello che oggi dovrebbe identificarsi come un percorso innovativo costruito su nuove idee non condizionate dalle strade del vecchio sistema.
vincenzo Cacopardo