13 mar 2014

Nuovo appunto di Domenico Cacopardo sugli ultimi eventi in Ucraina

di domenico Cacopardo

Rullano i tamburi sul mar Nero. E non sono tamburi di latta, inidonei a qualsiasi guerra. Sono tamburi russi, al seguito di armamenti moderni e di truppe che, per merito di Putin, hanno ritrovato l’orgoglio nazionale e sono pronte a dimostrarlo.
Dall’altro lato l’Ucraina ufficiale, governata dalla provvisoria coalizione dei rappresentanti della rivoluzione semipacifica che ha costretto Yanukovic a rifugiarsi nel Paese amico.
Gli Stati Uniti cercano di approfittare della tensione per indebolire Putin e conquistare una posizione strategica sul mar Nero.
L’Europa ufficiale è cauta. Solo Hollande e Cameron sembrano disposti a seguire l’America a sostegno della causa ucraina. Gli altri, tra essi l’Italia, si allineano alla Germania che all’Est ha rilevanti interessi economici.
Tuttavia, sul terreno, le tensioni crescono e fanno temere che, come accaduto spesso nella storia, la situazione sfugga dalle mani dei governanti.
Il problema del contendere è presto detto: in quale orbita d’influenza si deve collocare l’Ucraina?
In quella euro-occidentale o in quella russa?
L’Europa comunitaria è al confine: la Romania, anche se non ha l’euro, ne fa parte a pieno diritto.
E in molti ucraini s’è fatta strada l’idea che un accordo di adesione –entro un numero ragionevole di anni- all’Unione, garantirebbe un rilancio economico e uno statuto liberale. I discendenti degli ottomani e i tatari militano in prevalenza in questo schieramento, anche per secolari doglianze verso i russi.
Dall’occupazione,nel 700, dell’Ucraina da parte delle truppe di Caterina la grande, una politica di colonizzazione dell’area è stata tenacemente seguita, tanto che in Crimea la maggioranza della popolazione appartiene all’etnia russa e non è legata da sentimenti nazionali verso Kiev.
L’economia del Paese è tributaria del grande vicino: riceve sussidi annuali, rifornimenti di petrolio e gas, incassa i pedaggi per gli oleodotti e i gasdotti che percorrono il territorio. Non a caso, proprio i questi giorni, Gasprom, la compagnia russadi Stato, ha intimato all’Ucraina il pagamento di forniture arretrate.
Sembra, oggi, evidente e inevitabile che la Crimea celebri il referendum e decida, quindi, di lasciare l’Ucraina, aderendo in qualche modo alla Confederazione russa.
Se qualcuno a Kiev o, peggio, a Washington, a Londra e a Parigi intendesse opporsi a questa svolta, la corsa verso un bagno di sangue subirebbe una grave accelerazione.
Certo, si tratterebbe di un bagno di sangue ucraino, dato che né Obama né i suoi amicibellicosi, possono mandare un soldato laggiù.


E il sangue confermerebbe il cinismo che percorre l’Europae le sue inconciliabili divergenze interne.

12 mar 2014

Credere ancora in una democrazia?


L’INSTABILITA’ DI UN FRAGILE  IMPALCATO
DI VINCENZO CACOPARDO

Rosi Bindi alza il tono contro Renzi ed il movimento cinque stelle l’applaude. Siamo nella logica delle più strane dicotomie. La marcia per la definizione della nuova legge elettorale sta per giungere al suo epilogo.  E’ sorprendente constatare l’insensibilità politica dei due decisionisti del calibro di Renzi e Berlusconi che, forti di una crisi che pervade le istituzioni, affrontano il tema di una legge elettorale, scalzando la voce dei piccoli a favore di una presunta (o meglio ..presuntuosa) governabilità sostenuta da un forte premio di maggioranza. Governabilità che sicuramente occorre, ma che non potrà mai vantarsi, pena la sua stessa instabilità, di ingabbiare la voce dei tanti che insieme potrebbero raggiungere una ragguardevole percentuale di consensi.
Malgrado le difficoltà e le continue rotture in seno al suo stesso Partito, il giovane sindaco d’Italia marcia spedito.. ancora forte di un consenso fornito dagli ultimi sondaggi che lo danno favorito tra i cittadini con oltre il 50%: Pur rosicchiando pian piano il favorevole consenso, il finto “rottamatore” prosegue la sua corsa nella strada del suo determinismo. Quello che piace di lui è sicuramente questo forte decisionismo ed in suo apparire contro un sistema politico del passato. Sappiamo bene quanto il popolo ami queste figure decise ed ogni pensiero del popolo va preso in considerazione.. pur con gli evidenti riscontri di ignoranza. Il popolo ha quel che merita ed oggi si affida totalmente (non sappiamo bene fino a quando) a questa figura decisa che intende passare al di sopra di ogni dibattito in seno al proprio Partito (pur essendone, paradossalmente, il segretario)
La strada di Renzi è sicuramente legata a quella concezione machiavellica del fine che giustifica i mezzi, entrata peraltro nel linguaggio corrente ad indicare l'intelligenza acuta e sottile, ma anche spregiudicata di coloro che, oggi, ritengono di agire secondo una propria esclusiva visione.. persino con la prepotenza. Un insegnamento non del tutto positivo per il futuro del Paese, poichè il messaggio di Machiavelli deve sapersi interpretare non prescindendo dai singoli casi e dalle azioni. 
Così… col beneplacito di una Europa che guarda con attenzione l’evolversi di una politica Italiana…fondamentale per l’assetto della stessa Comunità, si prosegue verso la edificazione di un sistema dal quale dipende la struttura politica del nostro Paese: Per dirla con una metafora appropriata in riferimento all’architettura: In ragione di un cambiamento.. si parte dalla costruzione di un tetto per scendere via via verso il basso.. ossia verso la costruzione dei muri periferici, i pilastri e le travi di sostegno.. fino alle fondazioni di tale edificio. Questa metafora dovrebbe rendere chiaro il percorso azzardato e pericoloso di tale procedimento. Quale cambiamento si sta mai attuando? Se tutto ciò potrà essere fatto, si farà solo a dispregio di ogni principio di democrazia, poiché ogni forma di decisionismo finisce alla lunga col non pagare. Il “tetto” metaforico dell’edificio a cui si è accennato, privo di un solido appoggio.. sarà destinato a implodere sopra tutta la struttura..aprendo il campo a nuove forze dispotiche che, avvantaggiate dal disastro, si dimostreranno ancora più decise e risolute nella ricostruzione di tale edificio calpestando con forza ogni principio democratico.
Sembra inutile continuare a spiegare ai cittadini quanto importante sia fornire delle basi solide alla democrazia, quando questi, oggi stremati dalla mancanza di lavoro e dalla sicurezza di un futuro, non  possono immedesimarsi nel comprendere il metodo con cui si dovrebbe muovere la politica.


La domanda, dunque, è questa: fingere di vivere in un sistema di democrazia proseguendo nella simulazione...o dichiarare con onestà che oggi ogni vero principio di democrazia non è più sostenibile?  

11 mar 2014

breve commento al nuovo articolo di Domenico Cacopardo

Perplessità in aumento
di domenico Cacopardo

L’impressione che il governo sia una filodrammatica di periferia diventa sempre più forte. E il problema vero, grande come una casa, non è l’insufficienza delle persone, ma la constatazione che, nominandole, Matteo Renzi ha mostrato di non rendersi conto di quale compito e di quali responsabilità le investiva. Nessuna consapevolezza, quindi, del problema dei problemi: governare l’Italia al tempo dell’Europa, avendo a disposizioni limitatissime opzioni, tutte di impervia attuazione.
Certo, scorrendo i curricula dei ministri (non parliamo dei viceministri e dei sottosegretari), si ha la conferma che si tratta di quadri intermedi di partito catapultati al vertice del Paese da una cabala composta da simpatie e fiducia personali del presidente del consiglio e da esigenze correntizie.
A parte Pier Carlo Padoan, naturalmente.
Partiamo da Roberta Pinotti, ministro della difesa. Laurea in lettere, nel 2006 presiede la commissione difesa. Vi sembra che basti per dirigere il ministero della forza, una sorta di Esteri in sedicesimo, tenuto saldamente in mano dalla lobby dei generali e degli ammiragli? In un eventuale scontro, chi ne uscirebbe stritolato?
E la Mogherini? Laurea in scienze politiche (manovalanza intellettuale), al dipartimento esteri dei Ds (addetta, poi responsabile), quindi alle pari opportunità. Partecipazioni a convegni. Qual è la sua caratura interna e internazionale? Può affrontare il tempo del 2014, la rete di diplomatici disseminati nel mondo, i casi scottanti, dall’Ucraina all’Afghanistan (quest’anno alle prese con il disimpegno occidentale), alla questione marò? Quali lingue conosce e parla, la dottoressa Mogherini?
Maurizio Martina all’agricoltura si è sempre occupato per i Ds e per il Pd di agricoltura: infatti, è diplomato all’istituto tecnico agrario di Bergamo.
Altro caso eclatante quello di Andrea Orlando, una carriera nei vari dipartimenti del Pd, compreso quello della giustizia. Per un oscuro funzionario di partito, Renzi ha lasciato a casa il procuratore antimafia Gratteri che avrebbe rivoltato la giustizia come un calzino, visto che conosce peccati e peccatori.
Maria Elena Boschi è avvocato e neodeputata. La giovane età rende il suo background prossimo allo zero: ministro dei rapporti col Parlamento e per le riforme costituzionali. Marianna Madia, deputata dal 2008, nei momenti liberi dal puerperio e dalle necessità della creatura in arrivo si dedicherà al compito di riformare la pubblica Amministrazione. Roba da ridere.
Per oggi fermiamoci qui.
È vero che il governo è solo Renzi. Ma questo non attenua la preoccupazione: vuoi vedere che la sua sicurezza è solo sicumera? E che dietro a quel volto simpatico da ex boyscout non ci sia altro che l’ex boyscout?
Domani (non dopodomani), se il quadro indiziario dell’insufficienza del governo e del primo ministro venisse confermata e provocasse qualche disastro, Napolitano non avrà altri cui rivolgersi, a sinistra, che qualche politico collaudato. Un nome a caso: Massimo D’Alema.


Anch’io non ho mai nascosto di nutrire forti dubbi sui dilettanti allo sbaraglio che dovrebbero governare promuovendo il nuovo cambiamento. Se di Renzi ho sempre sottolineato la forte vena ambiziosa ed il suo incedere troppo determinato che lo vede spavaldo all’avventura come il nuovo Davide sfidare un gigante pari a Golia, per quanto riguarda la squadra che lo accompagna coadiuvata dai nuovi sottosegretari.. ricercati attraverso pesi e misure particolari, mi trovo ancora più dubbioso. 
Penso comunque che, dovendoci affidare alla tanto precaria…quanto non desiderata.. prova di coraggio, e sforzandoci di guardare in positivo, potremmo pensare che almeno sul lavoro, il giovane sindaco d’Italia, riuscirà a smuovere qualcosa.  Ma non possiamo nemmeno esser certi che ciò si dovrà a lui od alla capacità della sua squadra di governo, in quanto... le calde problematiche del lavoro, devono potersi risolvere pena una rivoluzione totale del Paese. L’Europa ne è cosciente e per questa ragione.. offrirà a Renzi ogni sostegno in proposito, salvo rinchiuderlo in un ristretto cerchio per ciò che riguarda le riforme costituzionali dalle quali dipende persino la formazione dei Partiti in ambito internazionale…insomma lo inviterà e (potendo) continuerà a spingerlo verso la determinazione chiara di un Bipolarismo secco che possa contrapporre le solite vecchie logiche di una politica che tanto comodo continua a fare alle forti lobby che dirigono il gioco. 
v.cacopardo 





10 mar 2014

Due Camere…due ruoli, meno conflitti

di vincenzo cacopardo

Si comincia forse a capire la poca utilità della eliminazione di una Camera come il Senato che ..in sé potrebbe assumere un ruolo diverso e più produttivo in favore della politica.  Al di là di ogni possibile abbattimento dei costi.. che può anche definirsi in altro modo, attraverso una attenta ricerca, gli si potrebbe trovare una funzione più adatta e consona. Già in questi giorni qualche politico mentalmente più avanzato..comincia a meditare sull’opportunità di rendere un ruolo diverso alla seconda Camera, ma …nel farlo ..non riesce ancora ad uscire da una certa dipendenza esterofila prendendo ad esempio sistemi americani o tedeschi. Nessuno, ancora una volta, pensa seriamente ad escogitare un modello tutto nostro, un modello che possa rendersi armonicamente più adatto alla nostra cultura politica e come naturale esigenza per rendere più funzionale il percorso di una politica d’innovazione.
Non si può partire dall’ottuso preconcetto che vede il Senato legato ad un compito uguale a quello della Camera dei deputati, ma..ad esempio.. assumere un compito diverso..operando un ruolo amministrativo per la ricerca di una metodologia più sicura delle normative, un ruolo che potrebbe essere legato agli stessi Comuni, più che alle Regioni, poiché, questi, espletano un’azione più amministrativa. Dovrebbe e potrebbe svolgere quella attività deduttiva di integrazione all’altra Camera politica che.. in realtà ..propone e dirige un programma. Un’attività consequenziale.. ma separata dalla prima per le ovvie ragioni che oggi determinano i perenni conflitti tra i due ruoli.
Una Camera Amministrativa che potrebbe avere un controllo sul metodo e l'espressione di un Governo. Diverso, quindi, il sistema delle elezioni degli amministratori… che potrebbero essere eletti separatamente per meriti e curricula, e non avere alcun potere sulla fase ideativa e normativa del programma ..se non in termini di metodo nei punti più salienti. Questa potrebbe essere una  strada di ricerca da approfondire attraverso variazioni sul testo della Costituzione. 
Non esiste una soluzione ottimale se non attraverso un’attenta ricerca che possa individuarla con la partecipazione e l’impegno di tutte le forze. In ambito costituzionale, sappiamo quanto importante sia meditare e non farsi prendere dalla fretta, poiché se pur ormai obbligati da un cambiamento, non è detto che questo debba camminare sul solco della semplificazione e della ristrettezza a danno di una funzionalità. 

Una nota aggiuntiva al nuovo articolo del Consigliere Cacopardo



Da Falcone a Gratteri un unico filo rosso
di domenico Cacopardo

Di questi giorni è la notizia che il tribunale penale di Roma celebrerà solo 12.000 processi l’anno, scelti con criteri prioritari tra i reati di maggior allarme sociale. Con questa decisione, motivata con una inattendibile insufficienza di collaboratori, l’ipocrita obbligatorietà dell’azione penale va a farsi benedire e, con essa, gli anatemi di quella parte della stampa che si è fatta portavoce delle procure nazionali.
La decisione di Roma fa tornare di attualità la cosa più inattesa del governo Renzi: l’intervento del capo dello Stato per impedire la nomina a ministro della giustizia del procuratore antimafia Gratteri. Non un magistrato qualunque: impegnato nella lotta alla ‘ndrangheta, ha approfondito i problemi della giustizia e, senza protagonismo, ha prospettato chiare soluzioni legislative e organizzative. Pensando a lui, Renzi aveva compiuto una scelta felice che avrebbe caratterizzato il governo. Infatti, con Gratteri, la giustizia avrebbe potuto riacquistare la credibilità perduta.
La bocciatura presidenziale (sembrava inopportuno che un magistrato in servizio assumesse il difficile incarico anche per le pressioni tutt’altro che nascoste di molti autorevoli componenti della corporazione), fa venire in mente la lotta di molti personaggi senza vergogna contro Giovanni Falcone nel momento in cui lasciò Palermo e andò a Roma come primo collaboratore del ministro della giustizia Martelli. E la guerra dichiaratagli da Magistratura democratica, l’organizzazione dei magistrati aderenti al Pci e affini, quando divenne chiaro il disegno di costituire una procura nazionale antimafia. Progetto questo che fu la causa vera del suo assassinio e di quello di Paolo Borsellino, il più autorevole candidato, dopo di lui, alla direzione del nuovo ufficio. Conoscendo le loro capacità, si poteva immaginare che avrebbero ottenuto su scala nazionale quella repressione delle mafie che avevano condotto in Sicilia. Così, l’arrivo di Gratteri al ministero avrebbe scompigliato le comode abitudini della corporazione, avrebbe scoperchiato i falsi santuari, denunciato le inefficienze e gli inefficienti, avrebbe, insomma, gettato una ventata d’aria pulita in un sistema che non è diverso dal resto del Paese. Quindi percorso dai negoziati e dagli scambi tra le correnti, dagli interessi personali e di carriera, e modulato con i medesimi difetti che riscontriamo nelle aule parlamentari e nelle sedi di partito.
Quello che manca è qualche cosa di diverso: l’impegno concreto per l’efficienza e per il conseguimento del risultato di rendere il servizio di giustizia agli italiani. Come la scuola sembra fatta per i professori, così la giustizia sembra fatta per i magistrati, non per gli italiani.



Probabilmente Domenico conosce l'opera svolta da Gratteri..e non è certo mia abitudine dare valutazioni professionali sul lavoro di chi non conosco. In relazione alla notizia del tribunale penale di Roma, posso invece esprimere una breve opinione sulla giustizia odierna e sul suo mancato funzionamento.

Al di là di ogni valutazione critica per le tante anomalie esistenti nel campo, le ultime riforme in campo di giustizia sono caratterizzate  dalla generale riduzione dei termini lunghi per impugnazioni, riassunzioni etc. Nelle Corti principali, le cause vengono di continuo rinviate. E’ anche noto che, per fissare un’udienza in Cassazione, possono passare non meno di cinque anni. Tutto ciò per l’immensa mole di lavoro del singolo magistrato, dovuta al moltiplicarsi delle cause e degli affari cui deve occuparsi. E' chiaro che il cittadino comune non può più attendere e vorrebbe risposte precise dalla politica, rivolgendo la propria critica verso una una generica giustizia indolente e per niente funzionale. Anche in questo caso..l'assenza e quella di una politica!
I problemi risultano notevoli per la sua stessa macchinosa organizzazione: Oggi un magistrato lavora in solitario. Riceve un aiuto dal cancelliere limitato a funzioni unicamente materiali come la formazione dei fascicoli, la redazione dei verbali, la pubblicazione delle sentenze etc. Inoltre il sostegno non è più intenso poiché il rapporto, negli anni, si è ormai reso malato tanto da scoraggiare lo stesso cancelliere.
Il magistrato non ha nulla che assomigli ad una squadra di aiuti e assistenti e deve fare tutto da solo per il compito assegnatogli: deve assumere le prove, esaminare i documenti, ricercare i precedenti, scrivere le sentenze oltre naturalmente tutti i vari provvedimenti. A ciò bisognerebbe porre rimedio circondando il magistrato esperto, di un gruppo di ausiliari, magistrati come lui, anche se con minore esperienza, ai quali possa essere affidata la assunzione delle prove, la ricerca dei precedenti, lo studio giuridico pertinente ed in fine, la stesura delle sentenze. E’ un tema che ci porta chiaramente alla ricerca delle necessarie risorse per assicurare efficienza alla magistratura.
In ogni caso, il vantaggio che ne deriverebbe sarebbe principalmente di qualità, ma anche di maggiore velocità per la soluzione dei casi e con un incremento notevole della produzione complessiva. Ci si rende chiaramente conto che proposte simili potrebbero apparire miraggi, sebbene si deve essere consapevoli che la gravità della situazione è tale da indurre a formulare, anche se solo teoricamente, idee simili per spingere gli addetti ai lavori verso la ricerca di una migliore soluzione. 
v. cacopardo



9 mar 2014

L’Europa sottovaluta i territori meridionali


UN DIVARIO INARRESTABILE
di vincenzo cacopardo
Credo anch’io che una certa brezza mediterranea potrebbe aiutare l’unità europea… un valore aggiunto indispensabile per far crescere un’economia più equilibrata e per non arginare quelle problematiche del sud di evidente natura infrastrutturale. Le forze sociali, economiche e culturali dovrebbero riflettere sulla questione che oggi rappresenta un ostacolo per la crescita di tutta l’ Europa, la quale non può che soffrire di quel mancato sviluppo di tutti i paesi della fascia meridionale.

L’Italia, in proposito....deve riac­qui­sire un ruolo predominante ed il nostro governo, prendendo spunto dalle proprie difficoltà economiche, dovrebbe porre il nostro Paese come fondamentale punto d'incon­tro euro-mediterraneo. A tal proposito sarebbe opportuno creare una alleanza tra tutti paesi del Sud Europa e quelli del Medi­ter­ra­neo, per contrapporsi in modo armonico e costruttivo a quello sviluppo errato che persevera nella fallimentare opera di apertura verso est, trascurando il crescente handicap formatosi nei suoi territori meridionali.

Queste problematiche potrebbero meglio essere portate avanti se non si sostenesse con energia una politica interna della nostra Nazione a solo beneficio dei territori del nord (spinta dalla politica assurda di una Lega Nord), se vi fosse una vera collaborazione ed una soli­da­rietà tra i lavo­ra­tori del Sud e del Nord–Europa. Oggi questa solidarietà sembra mancare e non porta benefici in favore dell’intero paese, compromettendo persino l’ atteggiamento di tutti i paesi europei che ci guardano da fuori. 

Questi i dati della crisi degli ultimi anni al Sud che sono preoccupanti e fin troppo  sottovalutati: - Dal 2008 al 2013 il Pil è sceso di quasi l’11% con­tro il 6% nel Centro-Nord, la disoc­cu­pa­zione “uffi­ciale” sfiora il 23% con­tro l’8% del Nord e il 12% del Cen­tro Ita­lia, una fami­glia su quat­tro sotto il livello di povertà, con­tro una fami­glia su sei nel resto del paese.

La mancanza delle necessarie infrastrutture per la naturale crescita economica sono evidenti. Creare un Europa unita è un sogno che viene da lontano. Sono passati sessant’anni da quando Schuman propose la sua “ Comunità europea del carbone dell’acciaio”. Questi lunghi anni che hanno visto uno smisurato progresso e l’affermazione culturale di alcune comunità rispetto ad altre. Un progresso disuguale che non può essere sottovalutato quando si affronta un’unione di questa portata. Sono stati commessi errori di metodo enormi da parte di tutta la politica, ciò non toglie che il vero rischio odierno è quello di perseverare in un’economia globalizzata che renderà sempre più ricchi e progrediti alcuni paesi già ricchi, accentuando quel divario con alcuni paesi della Comunità resi ancor più poveri dallo sforzo per l’unificazione e perennemente trascurati da una generica e sommaria visione d’insieme. 

Un tema necessario da risolvere..in quanto.. la mancata crescita dei paesi del sud non potrà mai rendere forza alla stessa crescita dell’intera Comunità.


8 mar 2014

Perché Renzi non può essere politicamente credibile



di vincenzo cacopardo
Quando si nutrono dei dubbi su Matteo Renzi, non è detto che questi siano supportati da un capriccio, né da un cinismo o da una invidia verso la sua figura che in realtà merita rispetto da parte di tutti i cittadini. La mia considerazione riguardo al personaggio rimane prevalentemente di carattere politico ed a riguardo.. i dubbi sono supportati da una serie di peculiarità che definiscono il suo pensiero nei confronti di ciò che deve intendersi per politica. 
Sono dubbi su una sua visione assai pragmatica del modo di esprimere la politica, motivi che lo tengono incatenato ad una forma mentis fin troppo legata al vecchio modo di interpretarla e che non rispondono in pieno ad un sistema di democrazia. Una democrazia vista solo dall’alto.. che privilegiando un’azione di governabilità, ingabbiano il pensiero e l’opera di ideazione di una più libera politica. Un dubbio inoltre può sostenersi da parte di chi, come lui, tende ad ostentare ed inseguire un sistema rigido come il bipolarismo.. proprio per mettere a tacere le tante voci libere della politica. La poca sensibilità politica.. compressa dalla sua innata capacità dialettica..non fanno di lui un vero politico, ma solo un uomo di comando, un amministratore di cui.. ancora non è dato comprenderne le capacità.   
L’incedere determinato..rende ancora più discutibile il suo percorso che si basa su una comunicazione spinta ed accesa in favore di un certo ottimismo simile a quella di chi non dimostra la necessaria umiltà di cui oggi si avrebbe bisogno. Forse..anzi quasi certamente l’ottimismo può dare una utile forza di vedere una speranza ma ..nel contempo..non chiarisce i contorni assai incerti e pericolosi nei quali ci si può imbattere rendendo la speranza assai effimera.. e proprio per questo.. una certa dose di rispetto si dovrebbe rendere necessaria.
Quando un politico assurge alla segreteria di un grande Partito come il PD, la prima cosa della quale dovrebbe occuparsi non è certo quella di inseguire un posto di governo (questa concezione..un po’ yankee supportata dal pensiero Veltroniano e di altri seguaci..non può rendere meriti alla politica.. amplificandone i conflitti) ma operare per disciplinare e porre le regole all’interno dal proprio Partito al fine di fornire un supporto più costruttivo e forte alla politica per la stessa opera di governo.
Oggi Renzi pensa di poter fornire un tetto ad una costruzione alla quale mancano le fondamenta..così illudendosi di poterlo sostenere. Questa semplice metafora dovrebbe spingere i tanti cittadini a comprendere quanta importanza possono avere le basi di appoggio per la ricerca di una democratica governabilità. In questo modo Renzi non contribuisce alla costruzione logica in favore di una corretta politica democratica, ma concorre..assieme ad altri, alla simulazione di un sistema che in realtà tende a comprimere ogni rispetto per la democrazia.

Questi nodi..prima o dopo.. vengono sempre al pettine.  

7 mar 2014

Procede la difficile opera di restaurazione del giovane Sindaco d’Italia


di vincenzo Cacopardo
Sappiamo che Bruxelles ha criticato il governo Letta per non aver dato corso alla riforma del mercato del lavoro e non ha adottato politiche finanziarie a favore della crescita.. a differenza, il rapporto con Renzi.. che si presenta come un ex Dc, sembra dimostrarsi più convincente e più deciso nell’operare in favore delle riforme. Il Paese  vorrebbe che si operasse la promessa per il mega sblocco dei crediti delle imprese con la Pubblica amministrazione tramite garanzie statali, attraverso la Cassa depositi e prestiti, ma..anche qui…Bruxelles, tira il freno…mentre Renzi non fa che promettere.
Il Jobs Act di Renzi include un più ampio diritto a licenziare e l'eliminazione della cassa integrazione per finanziare una indennità di licenziamento congrua. Ma tutto questo sembra avversato dalla Cgil e da Fiom e pare non risolvere un fondamentale problema di produttività. Confindustria chiede che la somma per il cuneo fiscale vada tutta all'Irap ed il Ministro Padoan afferma che riducendo le tasse non si accende alcuna crescita ed il cuneo fiscale che danneggia le imprese a più alta intensità di lavoro, induce a portare all'estero i servizi direzionali di ricerca e di sviluppo. In tutto questo la forza di Renzi sembra affidata non propriamente alla sua coalizione.
Da come si stanno volgendo i fatti sembra che il giovane Renzi abbia sempre avuto un’ambizione per la poltrona di Palazzo Chigi per una brama di  andare al governo solo per poter fare le elezioni da una posizione di Premier, ma oggi, è lui stesso a dover temere un possibile logoramento del giocattolo tanto desiderato. Tante sue promesse si stanno verificando vane: una legge elettorale che trova mille ostacoli, una incerta abolizione del Senato che per adesso rimarrà, una rottamazione inesistente delle figure ed una riforma sul lavoro che.. pur dovendosi eseguire per volontà superiori evitando rischi catastrofici, dovrà fare i conti con gli agguerriti sindacati.
Renzi appare meno forte di quanto sembri o voglia far vedere. Pare aver ceduto ad Alfano ed ha subito anche condizionamenti da parte delle forze di minoranza interna al suo stesso Partito…per non parlare dell’opera di rimessaggio di un Cavaliere che sembrava ormai fuori dai giochi. Il Quirinale ..intanto..quasi per tamponare.. è già pronto a legittimare un altro sistema, un sistema che potrebbe avere una logica istituzionale particolare.. ponendo il Senato in una funzione moderatrice. Quale momento migliore per pensare profondamente e con logica a rendere più utile un Senato senza cancellarlo con un netto colpo di spugna…




6 mar 2014

un commento sul nuovo appunto di Domenico Cacopardo al governo

Perché Renzi può farcela… o no
di domenico Cacopardo

Abbiamo potuto leggere un documento che circola tra i capi dipartimento e i direttori generali romani. Il senso è quello di un autorevole suggerimento: “State guardinghi. La via del governo è tutta da vedere e le progettate riforme sono più fumo che arrosto.” Insomma, nessuna preclusione, ma “Non compromettetevi.”
Per punti, cerchiamo di riassumerlo. Queste le osservazioni:
1. La Ragioneria Generale dello Stato, rafforzata dal vincolo di pareggio del bilancio inserito in Costituzione, è diventato un autonomo potere autoreferenziale. Sarebbe necessaria, più che la spending review, un’approfondita revisione degli oscuri criteri usati dalla Ragioneria. Non solo per una questione di trasparenza, ma soprattutto per consentire al governo e ai ministeri di formulare osservazioni e proporre cambiamenti. Il modello econometrico usato, infatti, non è attendibile.
2. La Germania, che ha versato il 51% del capitale della BCE,  non rinegozierà un nuovo patto di bilancio europeo: il Fiscal compact  rimarrà in vigore e sarà causa di inenarrabili sciagure. Tutto quello che, sullo sviluppo e sulle riforme, dice Renzi è destinato a scontrarsi con la realtà di una situazione determinata dalla dissennata firma posta da Monti sotto l’accordo.
3. La speculazione finanziaria globale non risponde ad alcuna logica politica e potrebbe avere di nuovo voglia di aggredire qualche Paese in difficoltà. Per l’Italia sarebbero altri guai.
4. Matteo Renzi è completamente solo (Andreotti ebbe una squadra di collaboratori di primo piano da Evangelisti a Cristofori; Craxi Giuliano Amato; Spadolini e Ciampi Maccanico; Berlusconi Gianni Letta; Prodi Enrico Micheli, etc.). Non si vedono persone di livello nell’innercircle renziano. Solo ragazzotti senza esperienza per portare avanti le leggi, mediarle con la Ragioneria, coi gruppi parlamentari, con l'Europa.
5. La magistratura, infine, non sembra disponibile ad accettare qualsiasi intervento che la renda efficiente costringendo il sistema a lavorare di più e con un minimo di produttività. Circola anche l’idea di disfarsi dell’alta burocrazia: debbono capire che si avvicinerebbero alla fine.
Queste, invece le ragioni per le quali Renzi potrebbe resistere (non realizzare le riforme, ma resistere e, quindi, conquistarsi la benevola collaborazione dell’alta dirigenza):
1. Renzi è solo. Non si vedono intellettuali ed economisti disposti a dargli una mano. Questa è la stessa considerazione del precedente punto 4. Si vuol dire che, libero da ingombranti consiglieri, può spingere i suoi ragazzotti sulla strada giusta e ottenere dal Parlamento qualche serio passo avanti.
2. Alfano è disposto a tutto pur di non andare a votare.
3. Il premier sembra, inoltre, volersi muovere nella direzione delle riforme ordinamentali a costo zero. Se fatte bene, potrebbero spingere sulla via della crescita.
4. La Ragioneria dello Stato si può battere se il Presidente del Consiglio e il Ministro del Tesoro impongono la trasparenza dei modelli  econometrici "segreti ed interni" di calcolo del costo delle leggi. In questo modo finalmente il governo tornerebbe sovrano (vedi il punto 1 del ‘Non può’).
5. In Europa il voto all'unanimità è l'unica arma di pressione che abbiamo per ottenere rispetto. Dobbiamo usarla freddezza e razionalità, senza farcela nei pantaloni come Monti e Letta
(sic)
.Questo si scrive a Roma. Non sembrano considerazioni lunari, ma argomenti su cui riflettere.


il commento di vincenzo
Continuo a pensare che sia un lavoro troppo grosso e difficile per essere affidato ad una sola figura. Credo anche che, in casi difficili come questi l'energia comune del suo Partito di riferimento gli avrebbe reso più forza. Ma sappiamo fin troppo bene che Matteo Renzi opera in politica in modo personale ed ambizioso ed il suo incedere ha spesso trascurato i rapporti utili con le forze interne al suo Partito. Anche questo è purtroppo un punto sottovalutato dalla odierna politica tendente ad esaltare le figure non tenendo in giusta considerazione una indispensabile riforma in favore al funzionamento dei Partiti.
I punti messi in evidenza dal cugino Domenico sono condivisibili.. e lo è di certo anche quel sottolineare le difficoltà dovute ad una certa solitudine, ma non dobbiamo dimenticare che.. a questo isolamento.. ha contribuito lo stesso Renzi e la sua esasperata mancanza di umiltà nell’affrontare il difficile percorso, un persistente auto incensarsi come unico paladino in difesa dei molteplici problemi del Paese.. palesatosi con evidenza. Non credo che questi eccessi possano portare a far buon uso dalla politica che, al contrario necessita del contributo e dell’opera comune dei tanti. Le difficili e complicate questioni che assediano la nostra Nazione meritano una vasta ed attenta collaborazione.
In riferimento.. poi..alla questione dei modelli “econometrici interni” che Domenico sottolinea come un punto delicato ( cioè quella statistica  che si occupa dell'analisi dei fenomeni o meglio del confronto tra un modello economico e l'evidenza empirica) al fine di poter rendere il governo sovrano, son convinto che nessuno fino ad adesso si sia immedesimato in questa problematica che aiuterebbe di sicuro la politica nel suo cammino di funzionamento. Tale suggerimento non può, quindi, che essere preso in alta considerazione.


In quanto ai “ragazzotti” della squadra di governo ( come li definisce Domenico) credo che difficilmente possano mettere in evidenza le loro idee.. sotto la forte personalità di un premier così determinato che invero potrebbe persino ridurne le eventuali capacità. Il tecnicismo e le capacità del neo ministro all’economia possono, forse, fare una certa differenza, ma questo è un capitolo a parte...Rimangono sempre le riforme costituzionali e quelle della giustizia, nodi difficili da sciogliere persino per un ragazzotto prodigio come il "sindaco d’Italia" auto imbrigliato nell’anomalia di due maggioranze.  
v.cacopardo

4 mar 2014

Renzi, l’Europa e lo sviluppo...

SENZA IL SUD NON SI CRESCE
di vincenzo cacopardo

“L’Europa non è un insieme di burocrati, ma un’anima”…”I cittadini devono sapere che i loro problemi possono risolversi con l’Europa e non senza” Questi alcuni degli slogan declamati da Renzi durante il suo intervento al congresso del PSE tenutosi a Roma. Un congresso che ha visto il Partito Democratico aderire alla grande famiglia dei socialisti e dei progressisti europei per dare forza alla volontà di rovesciare l’Europa della burocrazia e della finanza, nel segno della partecipazione democratica, del lavoro, dell’integrazione, dei diritti di cittadinanza. Un congresso all'insegna di una certa retorica.

Martin Schultz..proposto come candidato alla futura commissione europea, parla compiaciuto del piano di Renzi per l’Italia guidato dall’alto con coraggio. Ma quelle del Premier potrebbero restare solo chiacchiere sottolineate dai ripetuti slogan.. che al giovane sindaco d’Italia.. continuano a non mancare…E non possono di certo aiutare le sue parole se non verranno supportate da fatti concreti…Un dato è certo!..Ancora una volta Renzi non ha espresso alcun pensiero sulla condizione del territorio del sud del nostro Paese, non ponendola come una principale questione sulla quale dover lavorare per la crescita dell’intero Paese e per l’Europa stessa.
L’occasione del congresso sarebbe stata utile invitando l’Europa a meditare sull’importanza del bisogno di rinascita di questi territori: sarebbe dovuta essere la parte più rilevante del suo progetto Italia!

La Commissione europea dovrebbe far visita e percorrere con attenzione i nostri territori del Sud.. per accorgersi di quanto, questi, siano lontani da un’idea ed una visione europea. Non a caso, però,…essi rappresentano una buona opportunità di crescita dell’intera comunità. Figurano come un futuro giacimento per il grande lavoro infrastrutturale che oggi occorre al fine di sostenere un equilibrio con le regioni più progredite. Bisogna, quindi, che vi sia l’immedesimazione ed un contributo diretto ed interessato dell’intera Comunità attraverso linee progettuali condivise e definite.
Ogni forma di progetto Europeo può rimanere utile e funzionale.. se nel contempo si opera un piano strategico che veda un coinvolgimento della Comunità Europea al fine di poter apprestare giuste ed indispensabili infrastrutture per tutti i suoi territori del sud. Questa strada rende anche necessario il metodo con cui si affronta oggi un sistema di crescita, che non può vedere un’esclusiva applicazione di misure fiscali, ma tenere in considerazione la storia, la cultura e le risorse dei singoli territori.
Non si può più escludere un coinvolgimento della stessa rappresentanza europea in questi interventi che risultano essenziali, sia per l’impegno finanziario che per la responsabilità delle scelte. Il ruolo di una figura Europea può essere utile alla strategia della  procedura ed offrirebbe allo stesso Parlamento Europeo l’occasione di immedesimarsi in un problema che coinvolge tutte le aree depresse che appartengono a un unico territorio Europeo.
Questa dovrebbe essere la vera politica europea di chi ama il nostro Paese. Renzi, non può sottacere le enormi differenze insite nella nostra Nazione nel confronto con l’Europa, ma soprattutto tra il nord ed il sud del nostro atipico Paese. 

Nuovo articolo di Domenico Cacopardo sull'Ucraina


Morire per Odessa?
di domenico Cacopardo

Immaginate che domani l’invasione delle truppe russe in Crimea provochi i primi caduti e, quindi, gli effetti dell’immancabile reazione dell’esercito e della popolazione ucraina, quella che s’è rivoltata contro Yanukovich, il presidente-desposta che, si dice, abbia sottratto 10 miliardi di dollari dalle casse dello Stato.
L’esito degli scontri è scontato. Al prezzo di migliaia di caduti, la pax russa sarà ristabilita sulla piccola penisola e sulla terraferma.
Mettetevi nei panni di Putin: un’area, conquistata nel Settecento a opera di Caterina la Grande e del suo amante, generale Potemkin, nella quale, oggi, il 58% della popolazione è russa, si trova esposta, per la rivoluzione di Kiev, alla minaccia di una pulizia etnica volta all’espulsione dei suoi concittadini. Se non interviene, il credito che riscuote nell’Est e che gli consente di tenere legati a filo doppio una serie di staterelli, tutti dotati di risorse energetiche imponenti, crollerebbe.
Del resto, già con la Georgia che avanzava pretese su una propria repubblica autonoma con abitanti russi, la grande Madre era intervenuta con l’esercito per impedire che l’enclave venisse eliminata.
C’è da aggiungere che l’Ucraina è territorio di passaggio di un sistema di oleodotti e di gasdotti vitali per le esportazioni e per la sopravvivenza energetica dell’Europa del Sud.
Dall’altra parte ci sono l’Unione europea e gli Stati Uniti.
L’Unione europea non dispone della forza: non ha un proprio esercito né una politica estera unitaria.
La Germania commercia con profitto con la Russia e ne è partner privilegiato. Tanto che sta operando una sua mediazione che avrebbe convinto Putin ad accettare la creazione di un ‘punto di contatto’.
Gli Stati Uniti, ridimensionati dall’Iraq, dall’Afghanistan e dalle sciocchezze compiute in Medio Oriente, non sono in condizione di far altro che mandare un po’ di armi e un po’ di soldi (pochi, l’Europa nemmeno quelli).
A tutti coloro che, nel mondo Occidentale, si ribellano nei confronti dello zar Putin, occorrerebbe chiedere: «Morire per Odessa?», riecheggiando la domanda del ’39, quando ci si chiedeva «Morire per Danzica», per spiegare che non era il caso di combattere una guerra per quel lembo di territorio tedesco in seno alla Polonia.
Oggi, nessuno, a Occidente dell’Ucraina, vuol morire per Odessa. Forse, qualche manipolo di terroristi ceceni, in soccorso della parte islamica della popolazione, non altri.
Le ‘sanzioni’ di cui si parla, sono scritte sul ghiaccio: la Russia è forte non solo e non tanto per le forze armate, ma soprattutto perché è fornitore di energia per tutto l’Occidente e di più per i paesi non nucleari come l’Italia.
«Morire per Odessa?» I milioni di europei non ci pensano minimamente. E sarebbe il caso che i governi e l’Unione lo dicessero chiaramente ai patrioti di Kiev a evitare ogni illusione.

Le migliaia di giovani in piazza debbono sapere che, al di là delle ciniche parole di sostegno e di solidarietà di Bruxelles e di Washington, nell’ora della verità, quella in cui ci si arrende o si muore, saranno soli.

3 mar 2014

Interessante articolo di Domenico Cacopardo

Armi e soldati in campo 
di domenico Cacopardo
Non è come in Libia, in Tunisia, in Egitto, in Iraq e in Siria: in Ucraina è autonoma rivolta di popolo contro un regime il cui capo, Yanukovich, ha sottratto dalle casse dello Stato una cifra stimata intorno ai 10 miliardi di dollari.
Tuttavia, la capacità di attrazione dell’Europa e il consenso palese degli Stati Uniti hanno dato ai rivoltosi un obiettivo: lasciare il campo di Mosca per entrare in quello Occidentale. Credono, insomma, che l’Unione europea possa sostituire Putin nel ruolo di protettore nella nazione e suo finanziatore per decine di miliardi (sempre di dollari).Le illusioni sono destinate a sfumare: l’Europa non ha “forza” militare né risorse adeguate. È un gigante economico che si dibatte nel deficit di ruolo internazionale (mancano all’Unione una politica estera e un esercito) e nella crisi che ha investito soprattutto i paesi del fronte Sud. 
Nella comunità ci sono anche interessi diversi: la Germania,  titolare di una sua speciale ostpolitik verso la Russia, è legata alla Russia da un livello elevato di scambi ( tecnologie e prodotti).Nel 2012 su 123 miliardi di Euro di export comunitario, 38 sono tedeschi e su 213 miliardi di import lo sono 40. L’Italia, per farsi un’idea, esporta per 10 miliardi e importa per 18. Nel merito, è l’energia la partita più importante per l’import europeo e italiano.
Le ragioni umanitarie del diritto delle genti e dei popoli non possono superare i vincoli che pone la cruda realtà, costringendo i leader occidentali a ciniche grida di dolore senza conseguenze pratiche. Nessuno vuol morire per Odessa.
In questa situazione, sicuro dell’immobilità concreta di Unione e Usa, Vladimir Putin interviene, prima di tutto, in Crimea, nella zona in cui i russi sono il 58%, e le altre principali etnie sono tatare e ucraine (un coacervo derivante da secoli di occupazione ottomana, da innesti greci, moldavi, bielorussi e, anche, specie nell’Ottocento, italiani).
L’area è stata zona di conquista e colonizzazione russa: tutto iniziò nel Settecento, ai tempi di Caterina e del suo amante, maresciallo imperiale Potemkin. Proprio lui avviò la costruzione di Odessa, il più grande porto ed emporio del mar Nero, frequentato da mercanti di tutto il mondo.
Non era immaginabile che lo zar moscovita Putin consentisse che la Crimea e le altre zone a maggioranza russa fossero travolte nel vortice di una rivoluzione la cui cifra, oltre la libertà, è una sorta di pulizia etnica verso suoi concittadini.
Non era immaginabile e non è avvenuto.
Ora, al di là delle giaculatorie, l’Europa e l’America si ritireranno in buon ordine: non sono nelle condizioni di intervenire.
Probabilmente, un'altra nazione si dissolverà dividendosi dopo tragiche giornate di sangue.


La tragedia, di cui vediamo gli inizi, sta per compiersi.

1 mar 2014

Il sindaco d’Italia allarga la squadra ed accontenta tutti.


9 viceministri e 35 sottosegretari
di vincenzo cacopardo

Oltre ai 16 ministri, al premier ed al sottosegretario alla presidenza, i componenti del nuovo governo sono adesso aumentati con 44 sottosegretari di cui 9 viceministri. Per le enormi  responsabilità che li aspettano, Renzi incoraggia la squadra augurandogli di essere all’altezza. ( non c’è male da parte di chi ha sempre espresso determinazione)  Spronandoli ad essere parte di questa sfida al cambiamento, Renzi è, però, apparso meno sicuro che nei precedenti giorni, sintomo delle preoccupazioni che via via lo vanno cogliendo. Parla di brividi e di senso di preoccupazione per la grande sfida che aspetta tutta la squadra fino al 2018.
Al di là delle nomine dei sottosegretari..la sensazione è che il nuovo Premier abbia, come di sua consuetudine, voluto dare l’immagine di un governo limitato nei ministeri..per poi nominare nove viceministri dovendo accontentare un po’ tutti.Ma sappiamo bene che questo governo, al contrario di quello che si vuol far credere, è sostenuto con la forza di intese sottobanco: un governo che vuole dare una immagine diversa dal precedente, ma che rimane legato a due maggioranze che possono condizionarlo come e quando vogliono.
Il capo del governo non sembra partire tanto bene!  Il suo Consiglio dei ministri ha autorizzato i Comuni ad aumentare la nuova tassa locale sulla casa, la Tasi, fino al 3,3 per mille per l'abitazione principale e fino all'11,4 per mille sugli altri immobili. Un incremento che dovrebbe servire a finanziare gli sgravi della stessa Tasi a favore delle famiglie a basso reddito, ma saranno i sindaci a decidere. Questo primo atto di politica economica non fa parte del suo “Jobs act” ed il sottosegretario alla presidenza Delrio lo presenta come una misura di imparzialità, per quelle famiglie esentate in precedenza dall'Imu  che avrebbero rischiato di dover pagare la nuova Tasi.
E’ stato un’atto molto criticato da Forza Italia, Partito che vede, oggi, un Berlusconi sulla riva del fiume in attesa di poter vedere il suo amico-nemico.. nuotare controcorrente in difficoltà.. in attesa di un suo aiuto. 
Ma intanto il dibattito delle ultime ore è concentrato sulla capitale, su quella macchina da debiti che si chiama Campidoglio di Ignazio Marino alla guida da meno di un anno. Si parla di disavanzo di miliardi e le accuse rimbalzano tra le varie amministrazioni succedutesi in questi ultimi anni. Un dato di fatto è certo…con un nuovo decreto vengono anticipati al Comune 570 milioni di euro destinati alla «gestione ordinaria». Un importo superiore a quello previsto dal decreto ritirato mercoledì, che stanziava 485 milioni di euro per tappare il buco della capitale.Anche se il sottosegretario alla Presidenza Delrio asserisce che non si tratta di un trasferimento dello Stato al Comune, la cosa non può far star sereno tutto il Paese  che vede quasi tutte le amministrazioni locali in un comune default. 
Con la nomina completa del governo.. e con questo atto di trasferimento alla capitale, adesso Renzi, pur non sottraendosi alla mole di lavoro che l’attende, si vedrà impegnato anche in un responsabilità nei confronti di tutti quei cittadini che chiedono legittimamente conto delle spese delle tante amministrazioni che non offrono nemmeno gli adeguati servizi.
Il nuovo presidente del governo è atteso alla prova con un Paese che difficilmente potrà perdonare. Il giovane Premier.. avendo messo troppa carne al fuoco ed essendo contornato da tanti amici… e tanti nemici, pur con la forza della sua dialettica accattivante, si trova a dover fare i conti con la sua ambizione incontrollata che potrebbe identificarlo al pari dei tanti populisti in scena nell’odierno teatro della politica.