8 lug 2013

L’"autoritarismo" che nuoce alla politica


Bebbe Grillo e Silvio Berlusconi hanno in comune un aspetto rappresentato dal forte autoritarismo al quale si aggrappano.. ben sapendo  quale forte presa, questo, può avere nei confronti dei tanti cittadini insicuri e preoccupati dalla pesante situazione economica esistente nel Paese.
Si evidenzia tuttavia una diversità sul “modus operandi” delle due figure che vede da un lato un Berlusconi personalità pragmatica, irriducibile e tenace, voler procedere verso la solita comunicazione capziosa tendente ad ostentare un ottimistico futuro per tutti…e dall’altro un comico.. improvvisatosi politico, che avrebbe dovuto costruire il nuovo cambiamento attraverso maggior metodo e senza posizioni assolute che oggi tendono a polverizzare un Movimento creato in modo assai approssimativo.  
In ambedue i personaggi primeggia un forte assolutismo ed un autoritarismo quasi surreale che condiziona in modo inequivocabile ogni dialogo con i partecipanti che vi aderiscono. Ma quello che colpisce è sicuramente l’atteggiamento di subordinazione di tutti coloro che… seguendo con ostinazione tali processi pseudopolitici  fortemente dispotici… finiscono col "gratificarsene"... identificandosi similmente ad un gregge soddisfatto dal misero pascolo in cui li conduce il loro supremo ed unico pastore.
Berlusconi continua provocando col solito metodo aderente al passato sistema, e (con scarsa fantasia) ripropone la rinascita ed il percorso di un partito..mentre Grillo…che con opportunità e coraggio, ha avuto almeno il merito di rompere il muro dell’inconcludente bipolarismo, non sembra affatto capace di promuovere e portare avanti idee concrete .
Di certo...ambedue le figure...col profondo autoritarismo del loro modo di proporsi ed esprimersi…non dimostrano di essere utili al futuro politico del nostro Paese e non sembrano capaci di costruire il necessario dialogo equilibrato di cui si avrebbe oggi bisogno.
vincenzo Cacopardo

                         Partiti nell'attesa di un nuovo profeta

Un commento di Alberto Cacopardo


BIVI FATALI E FUOCO TRA LE CENERI di Alberto Cacopardo
 Se nel mio blog non parlo di politica ormai da tanti mesi, non è certo per mancanza di cose da dire. Al contrario, semmai, è per l’eccesso di pensieri e di emozioni suscitati dall’evolversi di una situazione politica che, a livello nazionale e internazionale, dovrebbe indurre qualsiasi mente che non sia distratta o ottenebrata ad oscillare fra abissi di devastata desolazione e culmini di vertiginosa indignazione.
Sul piano internazionale, alimenta la desolazione constatare come, con tutti questi anni di crisi artificiale, non si sia minimamente provveduto ad intaccare quei diabolici meccanismi dei mercati finanziari che ne sono stati la causa prima e lo strumento, mentre ci si affanna a litigare sulle loro conseguenze come se alle cause non ci fosse rimedio possibile. Alimenta la più ardente indignazione, dall’altra parte, vedere un Medio Oriente devastato dal conflitto e dall’odio, dall’arroganza cieca di vecchi e di nuovi poteri, dalla sete di sangue di chi ad essi si è opposto e si oppone, sotto lo sguardo segretamente compiaciuto delle solite potenze occidentali che apertamente (poco) o di nascosto (molto) tirano le file di un dramma da cui ciecamente si credono tanto più sicuramente destinate ad uscire vincitrici, quanto più selvaggiamente infuriano i conflitti e l’odio. La Siria in fiamme e il suo futuro un incubo, l’Egitto in bilico fra speranze quasi prive di speranza e disperazioni senza quasi via d’uscita, la Libia in mano a bande d’assassini. 
Sul piano nazionale, il dramma è più soffuso e vellutato: dal vicolo cieco delle ultime elezioni, siamo usciti su un vasto stradone che non si sa dove possa portarci se non ci porterà alla catastrofe. Riguardando con un certo distacco agli eventi degli ultimi due anni, sembra di scorgere una successione di bivi fatali in cui sempre si è imboccata la strada sbagliata.
Nel novembre 2011, Berlusconi è alle corde dopo lo scandalo Ruby e tutti gli altri misfatti. Sembra che il paese stia per liberarsi per sempre da quella pesantissima ipoteca che grava da vent’anni sul suo destino: e cosa fa Napolitano? Invece di sciogliere le camere e andare dritto dritto alle elezioni, mette su il governo Monti. All’epoca, quando Rosy Bindi annunciò in televisione quell’intento, definii la prospettiva un vero incubo. Ora che, con bel costume italo-americano, tutti danno addosso al perdente, sarebbe facile vantarsene. Non lo farò. Dovetti ricredermi. Forse, fatte le elezioni a dicembre e levato di mezzo Berlusconi, le cose sarebbero andate in effetti un po’ meglio. Ma il fatto è che Monti se la cavò egregiamente in quella “impresa difficilissima”, riuscì a ridurre quasi al minimo i danni imposti dai potentati politico-finanziari internazionali che tanto se l’erano coccolato e poi, al momento di decidere che fare davanti alle elezioni, cosa fece? Invece di starsene tranquillo al di fuori della mischia guadagnandoci in prestigio e prospettive d’impiego, si presentò al giudizio popolare con la faccia di chi ha fatto tutti i danni.
Uno dei più grossi problemi della democrazia risiede nel fatto che le qualità necessarie per governare non hanno proprio nulla a che fare con le qualità necessarie per vincere le elezioni. (E qui, dato che appunto sto leggendo Proust, posso permettermi di aprire una parentesi: Renzi, per esempio, ha ben poche qualità per governare e ancor meno per innovare, essendosi fermato a Tony Blair, ma ne ha diverse di quelle che servono per farsi eleggere, anche se non all’altezza di Berlusconi, mancandogli, per esempio, tre televisioni, le quali solo secondo D’Alema, un altro che ha sempre capito ben poco, non sono poi qualità così importanti). Monti, comunque, ha qualcosina delle prime, nulla del tutto delle seconde. Credevo che avesse l’intelligenza per capirlo da solo, invece dimostrò di no. Montagne di voti che sarebbero potute andare almeno al centro andarono a finire a Berlusconi. E questo fu il secondo bivio.
Il terzo bivio l’ha trovato Grillo. Poteva astutamente raccogliere i frutti della sua fortunatissima campagna sostenendo un governo Bersani da condizionare con peso determinante in direzioni magari altamente positive: e invece si è messo a fare soltanto capricci e bisticci penosi. Buon pro gli faccia, dicono i suoi fan.
Al quarto bivio ritroviamo Napolitano, quel grande maestro delle strade sbagliate. Dopo aver en passant gettato nel fango la dignità dell’Italia ricevendo con tutti gli onori al Quirinale gli autori di un omicidio quanto meno colposo, che avevano comunque commesso l’idiozia più grossa della loro vita (i due cosiddetti marò, per chi non l’avesse capito); dopo aver perso l’occasione di tacere quando Schultz commentò signorilmente le elezioni italiane indicando con lieve imprecisione il mestiere di Grillo e con troppa benevolenza le colpe di Berlusconi (la storia dei due clown, ricorderete), avrebbe potuto avere uno scatto di quella fantasia che gli è sempre mancata dando l’incarico a Grillo. Lo avrebbe cacciato in un bel guaio, ma forse valeva la pena di provare. Grillo può forse fare tanti danni, ma mai di certo quanto Berlusconi.  
Ma questo Napolitano non lo capisce. A lui Berlusconi sembra una cosa normale, un brav’uomo di centro-destra che non si deve disturbare più di tanto, mica quell’aspirante despota di destra estrema che è ed è sempre stato. Grillo, invece. per lui è solo un clown. Così l’amato presidente ha fatto esattamente quello che gli chiedeva il despota mancato: ma non prima di aver sbagliato strada al quinto bivio. Quello dove avrebbe potuto tranquillamente lasciare che il parlamento andasse alla sedicesima votazione, come per Scalfaro e Pertini, o alla ventunesima, come fu per Saragat, o alla ventitreesima, come per Leone. Poteva uscirne un presidente eletto dal Pd, da Vendola e da Grillo, finalmente un uomo contro Berlusconi. Invece no. Bisognava proclamare l’emergenza nazionale alla sesta votazione, additare lo sfacelo del Pd, come se la Dc fosse in sfacelo quando si accoltellavano i suoi capi per far fuori Andreotti o Forlani. Non c’è salvezza senza Berlusconi! Solo Napolitano l’ha capito! Un coro di ottenebrati e di furfanti si levò nel profondo della notte. L’amato presidente poteva veramente fare a meno di prestarsi a quel gioco desolante.
E invece no, si è sacrificato, poverino. E il bello è che si è sacrificato davvero, perché non aveva proprio nessun desiderio di rischiare di morire al Quirinale. La cosa più triste è che non c’è stata ombra di arroganza o di ambizione o di attaccamento al potere in questa scelta di Napolitano: c’è stata solo l’incapacità di comprendere. Di comprendere, in particolare, che cosa rappresenti Berlusconi.
E così ci ritroviamo col governo Letta, dopo aver sbagliato strada al sesto bivio, sempre grazie al vigile Napolitano, conclamato salvatore della patria. Perché al sesto bivio si doveva scegliere: o fare un governo d’emergenza, con l’unico proposito di fronteggiare la crisi finanziaria e andare alle nuove elezioni dopo la riforma elettorale, oppure fare un pateracchio spaventoso, infilando fra gli improbabili propositi una bella riforma costituzionale, di cui nessuno sentiva il bisogno se non Berlusconi e i suoi ciechi aiutanti del Pd. Diretta a rafforzare i poteri del governo, incatenare l’odiato parlamento, e mettere il potere nelle mani di chi ha tutte le qualità per farsi eleggere, fra cui le sue belle televisioni, e nessuna di quelle che servono per governare secondo i principi di uguaglianza, fratellanza e libertà proclamati due secoli or sono dalle menti migliori dell’Occidente e consacrati nella nostra Costituzione. E tutto ciò col beneplacito di Renzi, che forse sogna di fare lui il despotino, senza accorgersi che gli manca qualcosa, e non solo le tre televisioni.
Ce n’è abbastanza per parecchia desolazione. E magari per un  po’ d’indignazione, se non siamo del tutto ottenebrati. Ma attenti: c’è fuoco sotto le ceneri, non disperiamo, questa riforma non andrà lontano, questi signori non l’avranno vinta.


7 lug 2013

Renzi..il PD.. ed i ruoli della politica

Matteo Renzi sembra manifestare impazienza…non vuole farsi impallinare dai grandi vecchi capicorrente del Pd. Asserisce che tutti gli promettono la candidatura a premier…. consigliandogli, con una certa ipocrisia, di stare calmo. 
Persino da Massimo D'Alema, pare essere arrivato un nuovo e durissimo affondo: -“Matteo passi il turno e scenda in campo solo quando si scegliera' il candidato per Palazzo Chigi”. D’Alema continua:- "Aspetti le primarie per il leader del centrosinistra e ci consenta adesso di eleggere il segretario del partito, altrimenti rischiamo di logorare un buon candidato e di prendere un cattivo segretario".
Un consiglio che Renzi difficilmente potrà accogliere.. ricordando che già da parecchio tempo ha chiesto ai vertici del Partito di indicare una precisa data per il congresso. Nel Pd insistono che lui dovrebbe immedesimarsi di più sui problemi del Paese senza giocare con le alchimie delle regole.
 Anche sul fronte bersaniano non sono tanto piaciute le provocazioni del giovane Renzi e qualcuno ha affermato che appare assai strano sentir parlare di una necessità di superare le correnti da parte di chi una sua corrente l’ha di sicuro creata solida ed estesa: “Se questo Partito non lo convince…che si sfili e non pensi mai di poter usare il Pd per arrivare a palazzo Chigi.”
Sono parole dure che suonano come un monito.. che vedono da una parte i vecchi leoni in difesa di una inviolabile roccaforte e dall’altro una giovane forza che ravvisa questi vecchi capicorrente come degli incapaci per l’innovazione di un Partito.
Ma una cosa è certa: le parole di D’Alema suonano..non casualmente.. come un segnale che sembra mettere un deciso punto nel processo degli stessi ruoli della politica e che evidenzia, in qualche misura, l’importanza di non condizionare l’iter della politica di un Partito con l’esigenza di un ruolo governativo…Sono un richiamo alle diverse esigenze che portano ad un più deciso percorso di separazione anche in termini di “carriere”.
Sono in molti a pensare che Renzi non può mai sperare di usare il Pd come trampolino di lancio per una sua incoronazione governativa..e che se vorrà farlo, dovrà comunque essere più convincente in senso dialettico all’interno del suo stesso Partito.


Questo ulteriore episodio rafforza la mia percezione sulla divisione netta dei ruoli che sembra prendere ogni giorno più consistenza. 
vincenzo cacopardo
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                 Studio e ricerca dei ruoli

5 lug 2013

un commento di Domenico Cacopardo

IN PRINCIPIO ERA LA FORZA
di domenico Cacopardo

 Confermando l’assenza di ogni strategia (manca molto all’Amministrazione americana un personaggio come Hillary Clinton sostituita dallo scialbo gaffeur Kerry), Barak Obama in Egitto ha cambiato di nuovo politica: prima con Mubarak, poi contro Mubarak, poi con Morsi (al quale ha telefonato ancora tre giorni fa invitandolo a resistere e ad aprire un dialogo con Tamarud, il movimento popolare antiMorsi, infine non si sa bene con chi). Per gli Stati Uniti si tratta di una perdita totale di credibilità.
Approfondiamo la questione generale di cui ci occupiamo.
Alle origini dominava la forza. Uomini più deboli si unirono per far fronte, con il numero, a uomini più potenti.
I campioni della real-politik, da Pericle a De Gaulle, hanno sempre saputo che è la forza a dominare i rapporti tra le nazioni, a dispetto di tanti buoni spiriti che pensano ad altre ragioni, dalla religione all’ideologia. Certo, la forza di cui parliamo è un concetto complesso che ingloba l’economia, la società e la sua coesione, l’efficacia dello strumento militare, le alleanze. Stringi, stringi, però è lo strumento militare che regola, ancora oggi, come duemila anni fa, le relazioni tra gli stati.
Questo ragionamento era necessario, dato che ci occupiamo di Barak Obama e del brutto momento internazionale degli Stati Uniti. Di questi tempi il mondo è dominato da tre paesi principali. Mi riferisco, naturalmente, agli Stati Uniti, alla Russia e alla Cina.
Qui sorge il primo problema: possono i governanti di queste nazioni, designati ed eletti in vari modi, determinare il destino del resto del mondo?
Lo possono, visto il criterio che ancora regola i rapporti internazionali. Le Nazioni Unite non riescono a essere il soggetto regolatore immaginato nel 1945 e possono occuparsi efficacemente soltanto di questioni marginali.
L’Europa, il nostro sogno irrealizzato, era nata, fra l’altro, proprio per porre tra le due potenze dominanti, Usa e Urss, un terzo soggetto di pari peso.
Per la parte occidentale, quindi, speciali responsabilità incombono sul presidente degli Stati Uniti d’America. Eletto in virtù di una grande capacità comunicativa (una sommatoria di J. F. Kennedy, papa Wojtyla e Berlusconi) , Obama ha dimostrato che non basta la capacità di galvanizzare la gente per essere capaci di governare.
Le difficoltà americane sono particolarmente evidenti nella politica internazionale e nello scenario mediterraneo.
Quattro anni fa vigeva un sistema di equilibri che impediva ai fondamentalisti islamici di prevalere. Il prezzo era la mancanza di democrazia e la diffusa corruzione dei governi. Era inevitabile che i regimi egiziano, libico e tunisino crollassero. Ma non era inevitabile che gli Stati Uniti (e l’Europa al seguito) si infilassero in una trasformazione che ha portato la Libia e parte della Tunisia a essere territorio privilegiato di Al Qaeda, e l’Egitto a finire, ormai non più (sino a quando?), nelle mani dei Fratelli musulmani. Le vicende di questi mesi in Egitto dimostrerebbero che una grande nazione laica non può essere ristretta nel recinto di un progetto politico-religioso integralista e confermerebbero i dubbi sulla compatibilità tra democrazia e Islam.
Nello sconcerto attuale, l’impressione è che gli Stati Uniti non sappiano che pesci prendere. Non hanno, però, scelta: il regime militare deve essere appoggiato e spinto verso una rapida ricostruzione democratica.
Sullo sfondo, il pasticcio siriano, colpo finale a una politica incerta e incapace di tutelare gli interessi della lotta al terrorismo, visto che là viene sostenuto uno schieramento comprendente Al Qaeda e centinaia di suoi militanti, specialmente ceceni.
Tutto questo accade a poche miglia dall’Italia.

Anni fa, Muhammar Gheddafi ci lanciò contro alcuni missili. Caddero in mare in prossimità di Lampedusa. Ricordiamocelo.

4 lug 2013

L’annuncio della prima enciclica di Papa Francesco


Il buon padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa della Santa Sede, ci informa che la prima enciclica di papa Francesco si intitolerà "Lumen Fidei" e verrà pubblicata il prossimo 5 luglio.
Verrà presentata in sala stampa dal cardinale Marc Oullet, prefetto della Congregazione dei vescovi, da mons. Gerhard Ludwig Mueller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e da mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione.
Una enciclica sulla fede alla quale stava lavorando anche Papa Ratzinger, prima della rinuncia al pontificato. Venerdì si saprà come e in che misura papa Francesco recepirà il lavoro del predecessore sull’ argomento della fede.
"La luce della fede" verrà pubblicata a tempo di record. Si tratta di un testo che il Pontefice ha elaborato sulla base degli appunti estesi consegnatigli personalmente dal suo predecessore emerito e che andrà a completare la trilogia di Encicliche, dopo la Deus caritas est del 25 gennaio 2006, e la Spe salvi del 30 novembre 2007, dedicata alle tre virtù teologali. 
Restiamo dunque in attesa di questo interessante documento che porrà l’attenzione sulla più complessa esegesi dell’umanità, e che rimane un fondamentale pilastro per la religione cristiana.
vincenzo cacopardo

2 lug 2013

La strenua difesa della On. Santanchè.


Sembra che Daniela Santanchè..donna dal forte temperamento.. inseritasi quasi casualmente in politica, voglia a tutti i costi sedere alla Camera nel ruolo di vicepresidente..
La sua società Visibilia, fondata nel 2007, è concessionaria della raccolta della pubblicità de Il Giornale di Paolo Berlusconi ed in precedenza anche concessionaria di Libero ed il Riformista. La Santanchè è stata anche in società con Flavio Briatore, Lele Mora nel locale di Porto Cervo Billionaire ed è socia delTwiga a Forte dei Marmi
Tutto ciò non definisce, né qualifica il personaggio ma, in qualche modo, potrebbe giustificare la strenua difesa ad ogni cattiva condotta di Silvio Berlusconi.
Si può…però, con assoluto rispetto criticare questo tenace sostegno alla impostazione della vita politica del Cavaliere…ricordando alla imprenditrice dedita alla politica, al di là di ogni marcato principio di libertà (al quale  fa spesso riferimento mettendolo in relazione con la democrazia del nostro Paese), che tale libertà.. non potrebbe mai essere concessa a chi assume un ruolo di alta responsabilità politica. Al contrario di come, nel pieno rispetto democratico, può essere tollerato per un normale cittadino.  
Il desiderio della Santanchè di voler vivere in un Paese dove la libertà si possa esprimere senza controlli o senza vincoli è sicuramente demagogica.. quando questa la si volesse collegare a certe figure di alta responsabilità istituzionale che non potrebbero mai rendersi ricattabili e poco garanti per la Nazione.
Strano che chi.. come la Santanchè..aspirando ad un posto istituzionale come quello della vicepresidenza dalla Camera, non si renda conto di queste evidenti contraddizioni che potrebbero generare grande insicurezza a quello stesso Paese che lei vorrebbe libero e democratico.
Si può mai rischiare la sicurezza di un Paese per dare  sfogo a qualsiasi forma di libertà?
vincenzo cacopardo

1 lug 2013

Un commento all'editoriale DI ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA sul corriere della sera

Nel suo editoriale “La bulimia del candidato” Ernesto Galli della Loggia apre l’articolo  scrivendo: “Sei mesi fa l'Italia era completamente innamorata di Matteo Renzi: con lui il Pd avrebbe di sicuro vinto le elezioni alla grande. Ma pure oggi, e anche domani, egli rappresenterebbe un candidato di certo fortissimo in qualunque nuova elezione. Le cause della popolarità del sindaco di Firenze sono notissime. All'Italia vecchia e immobile del sempre eguale, all'Italia dell'insipida chiacchiera politica per addetti ai lavori, dell'arabesco concettuale avvitato su se stesso, egli contrappone con la sua figura un Paese giovane, voglioso di muoversi e di mettere nuovamente alla prova le proprie energie, di tentare vie nuove. Che parla senza usare mezze parole. Certo: egli è anche uno portato ad andare a volte oltre il segno, a mostrare un po' troppa disinvoltura e ambizione, a strafare e magari anche un po' a straparlare. Ma al quale tutto si può perdonare grazie a quanto di positivo e di nuovo rappresenta. Perché alla fine, per la maggioranza degli italiani Renzi è questo: la promessa di un cambio di passo, di una rottura, di una reale diversità; una ventata di aria fresca. Per un Paese in crisi non è davvero poco.”

Più avanti sottolinea che: Pur nell'ipotesi che riuscisse a fare il segretario e si andasse entro breve tempo - diciamo un anno - alle elezioni, Renzi, tra l'altro, si troverebbe davanti a un'alternativa comunque scomodissima: o fare la campagna elettorale alla testa di un partito ancora pieno di Rosy Bindi, di Finocchiaro, di Cuperlo e compagnia bella, e magari con un D'Alema passato inopinatamente dal ruolo di Grande Rottamato a quello di Lord Protettore, dunque un partito che sarebbe la smentita vivente di ciò che invece è il suo segretario.”
Queste valutazioni espresse con chiarezza, non fanno che avvalorare alcune tesi circa il carattere e le ambizioni del giovane politico a cui, in tanti.. nel nostro Paese, si affiderebbero. Un carattere che sembrerebbe mostrare la natura di un personaggio più divo e arrivista che predisposto con passione alla costruzione di una politica davvero innovativa. In tanti potrebbero nutrire seri dubbi, non certo sulla preparazione del politico, ma sull’ambizioso carattere e sul metodo con cui Matteo Renzi affronta il tema della politica odierna e cioè...non traducendo questa brama nei fatti…non staccandosi definitivamente da un vecchio Partito e rendendosi più autonomo attraverso un preciso progetto politico anteposto al disegno, sicuramente più temerario, di voler governare…
L’errore che potrebbe commettere è sempre il medesimo: quello di essere convinto di poter procedere verso una governabilità senza l’edificazione delle basi necessarie per fornire vera forza ad un esecutivo.  
Senza quelle condizioni di rottura e di novità che, come afferma Galli Della Loggia, “di fronte al deserto e al vecchiume della Destra, egli ha saputo rappresentare e in cui il Paese non vuole cessare di sperare”.
vincenzo Cacopardo


CALCIO E POLITICA





Un problema di natura culturale..
Il problema è sicuramente di natura culturale!...Un problema quasi insormontabile che vede oggi tanta gente e.. soprattutto.. tanti ragazzi, ragionare di politica con una forma mentis connaturata.. simile a quella del calcio odierno.

Il nostro calcio è ormai legato alla forza delle risorse economiche.. le quali dettano legge distogliendo l’attenzione dalle regole di una sana cultura sportiva: Una cultura che, di base, dovrebbe anteporre sani valori, come....il rispetto, l’educazione, l’insegnamento alla vita, un’inflessibile applicazione delle regole..etc .

Quando la “furbizia” si impadronisce delle regole e dei principi fondamentali in ogni disciplina sportiva, questa…non potrà più esprimere qualità ed i suoi valori cederanno pian piano il passo ad altri princìpi che esprimeranno solo una deleteria formazione intellettuale.

Oggi, a causa di ciò, si tende ad osannare tale “furbizia” fino a mitizzare le figure di alcuni audaci  sportivi.. identificandosi in essi. Sono i nuovi eroi e gli abituali frequentatori dei sogni dei ragazzi, ma in realtà, questa visione immaginaria..altro non è che una falsa ed aberrante sublimazione del personaggio.

Quando... allo stesso modo, il politico nel suo campo.. applica una simile furba mentalità e questa viene interpretata e valutata con un analogo metro, nell’immagine collettiva di tanti ragazzi, le figure artefici di tali scaltrezze.. finiscono con l’apparire ugualmente dei fuoriclasse. 

Questa appare la realtà odierna!.. e sembra davvero difficile poter fare ragionare in modo diverso le nuove generazioni... Si va sempre di più verso la ricerca della sublimazione delle figure e questa nuova mentalità ha preso campo oltre che nel gioco  del calcio…in quello che viene oggi definito “il gioco della politica”.

Gli effetti di tutto ciò non possono che ricadere sulla funzionalità dello stesso modello democratico. La democrazia del nostro Paese risente uno stato di crisi per via del declino culturale della società: un vero modello di democrazia non potrà mai essere slegato da un principio culturale, come non potrà mai sopravvivere a qualunque forma di mitizzazione e di assolutismo.

Noi definiamo scienza dell’educazione quella disciplina empirica che si occupa dei fenomeni, gli atti ed i comportamenti educativi. Questa scienza definisce alcuni principi senza i quali non potrà mai esistere un vero modello di democrazia compiuta.. poiché essa deve essere percepita come un cammino verso la ricerca oggettiva del bene comune e deve poter rappresentare una sicurezza per tutti attraverso l’impegno di tutti. 
vincenzo Cacopardo




27 giu 2013

PDL..quale futuro...senza Berlusconi?

La sentenza del Tribunale di Milano..spinge tutto il PDL a fare quadrato intorno al  sommo leader…Chiunque di loro si presenti davanti in una trasmissione televisiva, non può fare a meno di esternare il grande imbroglio costruito ad arte contro Silvio Berlusconi per eliminarlo dalla scena politica. Ma ancora di più.. (..poco manca che si arrivi al pianto..) si stringono in questo dolore quando si accenna al futuro del loro Partito, perchè meno importano le idee politiche e l'avvenire..se si rischia di perdere la indispensabile presenza del grande Capo…  Può mai essere questo il funzionamento di un Partito?
Dice bene la Puppato..quando tocca tale argomento scottante in riferimento al PDL: L’evidenza viene sottolineata, di fatto, dalla mancanza di una sola personalità in seno a questo Partito, capace di avere un proprio pensiero sganciato da quello del loro eterno leader.
Al di là di come possa pensarla Silvio Berlusconi..(pensiero sul quale non è mia abitudine ostentare critiche), appare evidente la mancanza di un essenziale pluralismo sulle idee e nei concetti all’interno di un Partito  che in sé dovrebbe rappresentare una efficiente organizzazione di persone associate che perseguono comuni finalità. Caso veramente unico nella storia, questo gruppo di persone riunite, in modo permanente, per sostenere idee e progetti, finisce solo con fare cerchio attorno al padre padrone, non esprimendo mai un proprio pensiero che non sia guidato o suggerito dal grande capo in persona. In tal modo finisce la vera funzione di un Partito che dovrebbe al contrario garantire scontri dialettici al fine di raggiungere posizioni collegiali.
Ma ciò non basta..poichè  il Cavaliere..provvisto di enormi risorse..tende a condizionare chiunque si avvicini al suo progetto (persino idealmente) ed anche non volendo, finisce col condizionare irrimediabilmente l'ambizione di qualunque futuro aderente.
Tutti …da Alfano..a Gasparri, dalla Santanchè..alla Gelmini, da Bonaiuti…a Capezzone, sembrano abbindolati ed ammaliati dal fascino del grande venditore di sogni.. facendo costantemente muro in difesa di ogni piccolo atto contro il leader…poco importa poi se il Partito esprime o no progetti e idee valide: Una ulteriore convalida di un “Partito azienda” in cui.. il massimo dirigente ordina e tutti eseguono. 
A riprova di tutto ciò, nel prossimo futuro, pur di dare continuità al  Berlusconismo...si vorrebbe proporre il nome della figlia Marina, senza che nessuno riesca ad opporsi offrendo il proprio pensiero per l'innovamento futuro del Partito.

Da un altro lato, il PD… Partito sicuramente diverso… dove la dialettica si esprime anche troppo.. fino quasi a rompere un indispensabile equilibrio e si lotta costantemente nel gioco estremo del leaderismo, si è sempre attaccata la figura di Berlusconi... assai poco sulla reale capacità politica e fin troppo sui conflitti…dimenticando l’errore passato di non aver dato corpo ad una adeguata legge.

Il gioco di questa inutile politica persevera…poiché, anche a causa di un bipolarismo che ha contribuito a dare più forza a queste forme di antagonismo, il picconamento sull’avversario continua ad esprimersi con l’acredine, col rancore e con l’astio.. non più su una reale capacità delle proprie idee e dei progetti.  
vincenzo Cacopardo

Berlusconi e la costante logica del paradigma aziendale

Sembrerebbe che il Cavaliere voglia riprendere in mano la struttura del nuovo Partito, ispirandosi al passato modello di “Forza Italia”. Si presume un rivoluzionamento ma, ovviamente...ci si ispirerà al modello aziendale di cui Berlusconi è molto esperto. Una struttura snella, senza tessere e sedi locali, senza coordinatori regionali (sostituiti parrebbe da manager locali ben radicati sul territorio che avrebbero anche il compito di procacciare risorse per il Partito in vista del taglio dei finanziamenti pubblici), capace di autofinanziarsi, e priva di ogni gerarchia, quindi con Berlusconi come assoluto “deus ex machina” del partito.
Il popolo sciocco ha voluto e vuole ancora dare il taglio al finanziamento pubblico e favorirà sempre di più queste pseudo strutture politico manageriali  
Per ovvie opportunità, nel nuovo Partito, vi potrà essere una figura che affianchi il Cavaliere, un coordinatore che vada a sostituire un'altra figura, quella del segretario del partito Angelino Alfano…oggi Ministro. Si prevede, forse, una figura femminile che possa offrire un’immagine positiva verso il mondo politico. …Non era difficile intuire una simile scelta vista la totale sottomissione psicologica e mentale di quel mondo femminile che gira intorno al grande “mito Silvio”
Le indiscrezioni sono ancora tante ed imprecise, ma una cosa pare sicura: la volontà di Silvio Berlusconi di riprendere in mano la gestione del Partito che lui stesso ha fondato nel 1994 e di riaffermare dopo due anni la sua indiscussa leadership. Berlusconi parrebbe voler restare fino alla sua morte naturale…come l’assiduo rappresentante di una politica anti sinistra del nostro Paese e come è logico intuire, nessuno in seno a qualunque struttura di Partito lui volesse edificare, gli potrà mai fare muro contro.
La sua forza, rappresentata dalla potenza economica che lo circonda, il suo carisma nel trascinare il popolo in una battaglia contro la sinistra, la sua tempra ancora vigorosa, non consentono a nessuno all’interno della sua struttura politica, di opporsi in termini dialettici e di pensiero…poiché ciò che conta in questa struttura sarà sempre un modello sociale condotto con l’assoluto pragmatismo di una logica aziendale.

post correlato: Quale futuro senza un vero cambiamento?

vincenzo cacopardo

25 giu 2013

La retorica incessante di un cavaliere disarmato…


E così…come previsto, Silvio Berlusconi è stato condannato a sette anni per entrambi i reati contestati: concussione per costrizione e prostituzione minorile. Il Cavaliere e' stato anche interdetto a vita dai pubblici uffici. Una pena più alta: sette anni, contro i sei richiesti dall'accusa. Sembra anche che i giudici abbiano disposto la trasmissione degli atti alla Procura affinché valuti le presunte false testimonianze rese da alcuni testimoni nel corso del dibattimento. 
Le parole di risposta di Berlusconi suonano dure poiché:.. a suo dire, nei fatti non c'era davvero nessuna possibilità di condannarlo ed invece è stata emessa una sentenza incredibile e di immensa violenza con lo scopo di eliminarlo politicamente. Il Cavaliere si è addirittura espresso con affermazioni retoriche alquanto spropositate parlando di un’offesa a tutti quegli italiani che hanno creduto in lui. Ha parlato di continua persecuzione e della sua vita in un Paese che poi.. in modo alquanto contraddittorio.. reputa libero e giusto.
Si può capire l’umore di un uomo che ha lottato con fervore per quei principi (alquanto dubbi)..che lo hanno portato a capo di una politica in cui è sempre apparso in assoluto il padre padrone del suo Partito e, malgrado si possa cercare di analizzare con un occhio più obiettivo la vita di un leader che ha cercato in tutti i modi una assurda difesa morale su precisi aspetti della vita pubblica, non si riuscirà mai a comprendere la perseveranza di un tale atteggiamento talmente ostinato.. quanto caparbio.
Tornando al caso,  secondo l'accusa, Silvio Berlusconi avrebbe ospitato Ruby ad Arcore in diverse occasioni nel 2010 ed avrebbe avuto con la minorenne diversi incontri sessuali.
Ruby si è spesso contraddetta ripetendo davanti ai magistrati di non aver mai avuto rapporti sessuali con Berlusconi, sebbene...durante alcune conversazioni telefoniche abbia affermato di  spogliarsi e di fare sesso. 
Al di là dei regali e delle notevoli somme di denaro (che potrebbero anche non essere state rese per le prestazioni sessuali), ed in relazione alla acquisizione dei verbali degli interrogatori resi e della sua testimonianza al processo parallelo a carico di Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti (per induzione e favoreggiamento della prostituzione anche minorile), non ci si può esimere dall’approfondire un argomento che rappresenta di per se il punto fondamentale del reato di induzione:  è sufficiente che il soggetto passivo sia una persona minore di anni 18 inserita in un luogo in cui si esibisce... meno conta se nel luogo essa  faccia sesso con chi la ha invitata: Non si pone mai il serio dubbio che il reato si potrebbe compiere influendo sulla minore attraverso una componente psicologica  e quindi non  a tutela della libertà psicofisica del minore… intesa come diritto ad una crescita fisica, psichica, spiritualve, morale e sociale secondo i canoni di un naturale sviluppo.
Tralasciamo poi, certi aspetti morali e di sicurezza, di grande rilevanza.. che vedono un primo ministro esposto a rischi per la sua stessa sicurezza e per quella che dovrebbe rendere al paese da lui governato: Sappiamo tutti che egli poteva essere sottoposto a ricatti estremi che avrebbero compromettere l’intera sicurezza del Paese.

Cosa vogliamo di più?...fare apparire un tale politico come la vittima di un sistema o succube di reati tra l'altro consolidati dal suo stesso governo?
vincenzo Cacopardo

La posta di Paolo Speciale

Summum ius summa iniuria? di Paolo Speciale

L'odierna sentenza di primo grado del Tribunale di Milano che infligge al Cavaliere sette anni di reclusione e la perpetua interdizione ai Pubblici Uffici, pur nella sua indiscussa legittimità, purtroppo non fa che riproporre drammaticamente – anche perchè riferita ad un capo di imputazione scabroso e disagevole – ogni evidente ed innegabile attinenza tra il potere politico-elettivo e quello giudiziario.
La materia in questione, molto complessa, riguarda la tutela dell'autonomia ed indipendenza del potere giudiziario da ogni altro potere. Ma cosa si intende per autonomia e/o per indipendenza? Senza correre il rischio di incappare in argomentazioni considerabili empiricamente antitetiche diciamo subito che non esiste affatto una reale indipendenza di ciascuna delle tre funzioni pubbliche principali dalle altre due. E la superiore giurisdizione costituzionale stenta da un ventennio a questa parte a trovare la soluzione al rompicapo sul quale il re di Arcore ha astutamente fondato e geneticamente caratterizzato la propria dottrina politica. Verità storica e non già fantasia delirante è infatti la intrinseca possibilità non già dell'errore giudiziario puro, ma dell'esercizio del potere requirente e giudicante talvolta viziato da contingenti quanto evidenti incompatibilità che non a caso sfuggono ad una pubblica opinione dominante purista e goffamente convenzionale, che considera la possibile riforma del sistema giudiziario solo il pretesto strumentale per renderlo ancora più vulnerabile.
Dall'altro lato, come immaginare un potere esecutivo non soggetto e quindi non dipendente da quello legiferante e di controllo costituito dal Parlamento? E quest'ultimo non è anch'esso soggetto, di fatto, ad un potere di inquisizione divenuto per consuetudine condanna definitiva e quindi limitazione del diritto a ricoprire cariche pubbliche conferite dalla base popolare? Per non parlare della Suprema Corte, nominata per un terzo dei suoi componenti dal Parlamento in seduta comune.
Interdipendenza reale dunque, tra i poteri, e non presunta.
Si dirà giustamente che altre sono le priorità in questo momento di crisi che ha visto addirittura nascere un governo di ampia convergenza. Ma se proprio da questo governo venisse trattata siffatta controversa materia se non altro per ricondurre la lotta politica democratica sui giusti binari della competizione ideologica e progettuale nell'interesse della comunità invece che su improbabili avalli o meno di legittimità di impedimento che – comunque – vanno parimenti garantiti?


                       - Una domanda alla politica disattenta

24 giu 2013

le discordanze di un Paese senza equilibrio

Nel nostro Paese si continua con durezza e senza alcun equilibrio a valutare  in un'unica cerchia.. le figure politiche alla ribalta.
Da un lato.. Silvio Berlusconi… il personaggiopolitico  più coinvolto in inchieste e procedimenti giudiziari. (In tanti suoi sostenitori affermano che si tratta di un perseguitato a causa del ruolo che esercita in politica. Altri contestano che il Cavaliere, se innocente.. debba dimostrarlo senza ricorrere a leggi ad personam). Fino ad oggi l’ex presidente del Consiglio ha avuto l’indubbio vantaggio di essere a capo del governo mentre si celebravano alcuni dei suoi processi e sono in molti a credere che questa circostanza, non comune ad altri imputati, gli ha permesso di approvare leggi dirette a tutelarlo da pronunce a lui sfavorevoli
Da un altro lato…la ministra per le Pari Opportunità Josefa Idem.. che sceglie di fare chiarezza in conferenza stampa a Palazzo Chigi sulla vicenda del mancato pagamento dell'Imu. Una storia che negli ultimi giorni ha scatenato discussioni e polemiche.
La neo ministra rivendica la sua carriera e i successi ottenuti con fatica nello sport che l'hanno spinta a delegare le questioni amministrative, fiscali e edili per le quali non riteneva di avere la competenza. Non si conoscono ancora bene i fatti ma sembra di capire che ci siano state alcune irregolarità e ritardi quando ancora non era nell’esecutivo. Accuse che comunque paiono leggere se non addirittura inconsistenti.
Al di là della brutalità e l’inaudita violenza delle accuse e delle parole dette contro la neo ministra (che evidenziano un’intollerabile clima di inciviltà verbale) i fatti che coinvolgono le due differenti figure politiche disegnano un quadro che è l’espressione poco equilibrata della vita politica della nostra Nazione: 
Queste irragionevoli discordanze…finiscono sempre col mettere a confronto ed in modo avventato una passata figura politica coinvolta in una serie enorme di processi giudiziari (tutt’ora osannata da una grossa parte del paese)… ed una più giovane ministra che, per una piccola sciocchezza della quale sembra anche non essere nemmeno responsabile…viene accusata con brutalità e condannata a prescindere. un’illogico criterio di valutazione che mette in evidenzia un insensato giudizio suggerito proprio dalla mancanza.di equilibrio

Queste differenze di valutazione ingigantiscono i problemi della politica e non rendono mai giustizia alla sua. rilevante funzione.     
vincenzo cacopard